Il Commercialista Veneto n.228 (NOV/DIC 2015) - page 3

NUMERO 228 - NOVEMBRE / DICEMBRE 2015
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
Deducibilità perdite socio accomandante Sas
SEGUE DA PAGINA 2
Pertanto, a stretta norma di legge, in conseguenza
dell’autonomia dei periodi d’imposta sancita dall’art.7,
la quota massima di perdita da partecipazione
attribuibile al socio accomandante – nei limiti della sua
quota di partecipazione al Capitale Sociale – dovrebbe
essere considerata singolarmente e autonomamente per
ogni singolo periodo d’imposta.
La stessa Direzione Regionale Emilia Romagna
dell’AdE affermò in una risposta del 1996 che la
misura massima deducibile per il socio
accomandante, pari alla quota di partecipazione al
capitale sociale, è riferita a ciascun periodo d’imposta
singolarmente considerato, in virtù del principio di
autonomia temporale dell’obbligazione tributaria…
”.
Ma soprattutto appare opportuno ricordare che
l’Agenzia, nella circolare n.41/E del 13 febbraio 2002
(in tema di Tremonti bis) al paragrafo 3 ha così
argomentato:
“3 Società in accomandita semplice.
Nella recente risoluzione n. 152 del 4 ottobre 2001 la
scrivente ha affermato, in tema di deducibilità delle
perdite fiscali nelle Sas, che “L’articolo 8 del TUIR
non fissa un limite alla complessiva deducibilità delle
perdite fiscali ma detta, invece, un criterio per la loro
ripartizione. Criterio che favorisce i soci
accomandatari, atteso che quest’ultimi rispondono
solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali
con tutto il loro patrimonio, indipendentemente dalla
quota conferita”; di conseguenza, tali soci possono
dedurre le perdite anche se eccedenti la quota di
partecipazione alla società.
Il criterio esposto nella citata risoluzione n. 152 deve
considerarsi valido per ogni perdita fiscale realizzata
dalla società, anche se la stessa si verifica per più
esercizi e in assenza di una effettiva perdita civilistica;
pertanto, tale criterio trova applicazione anche nel
caso in cui l’applicazione dell’agevolazione Tremonti
bis ad una Sas in contabilità ordinaria determini una
perdita fiscale pur in presenza di un utile civilistico.
I soci accomandanti potranno quindi dedurre
per ogni
periodo d’imposta
la perdita fiscale nei limiti della
quota conferita; viceversa, ai soci accomandatari è
attribuita per intero la possibilità di dedurre fiscalmente
la parte di tali perdite in eccedenza rispetto al capitale
sociale.”
I
L PUNTO FONDAMENTALE della questione
è quindi, a parere di chi scrive, quanto ricordato
dalla circolare sopra riportata, ossia che l’articolo
8 del TUIR non fissa un limite alla complessiva
deducibilità delle perdite fiscali ma detta
esclusivamente, invece, un criterio per la loro
ripartizione: in buona sostanza, qualsiasi sia
l’interpretazione, non cambiano in valore assoluto le
perdite deducibili, ma solo la ripartizione fra soci.
In definitiva, come si è visto, non vi è alcun motivo
concreto per accogliere l’interpretazione dell’Agenzia,
la quale non solo non è supportata da alcun dato
normativo, ma anzi contrasta con l’art. 7, co.1 del
TUIR.
Non è difficile però profetizzare un nuovo dibattito
dottrinale e giurisprudenziale che difficilmente
troverà risposte immediate ed univoche.
DIRITTO FALLIMENTARE
Premessa
La disciplina del fallimento nella legislazione italiana è
contenuta nel Regio Decreto 16 Marzo 1942, n. 267.
L’impianto, che è di oltre 70 anni fa, è stato
obiettivamente interessato nel tempo da modifiche di
rilievo in linea con l’evoluzione dell’economia e della
complessità della società: solo di recente, però, il
Legislatore è intervenuto
occupandosi anche dei
cosiddetti “soggetti non
fallibili”. L’intervento non è di
poco conto in quanto, se
l’imprenditore, in caso di
insolvenza, poteva e può
contare
su
procedure
fallimentari che hanno, molto
sinteticamente, la funzione di
liquidarne l’attivo per tacitare,
nel rispetto della “
par
condicio creditorum
” ed in
modo definitivo i suoi debitori,
i soggetti che imprenditori non
sono ovvero non hanno i
requisiti per accedere a dette
procedure si sono dovuti
confrontare con un vuoto
legislativo foriero di non pochi
problemi. Tra le diverse
considerazioni che si possono
fare, basti pensare al debitore
persona fisica che abbia assunto obbligazioni
esclusivamente per scopi estranei all’attività
imprenditoriale o professionale eventualmente svolta
e che non sia più in grado, con le proprie entrate, a far
fronte alle obbligazioni assunte: effettivamente, prima
dell’intervento legislativo di cui si parla, non si
disponeva di norme che potessero permettere appunto
quella tacitazione definitiva dei creditori che sola può
permettere il superamento della situazione di crisi, a
sua volta condizione ineludibile per dare la possibilità
al soggetto e anche alla propria famiglia, magari con
figli minori al seguito, di avere un’esistenza dignitosa.
SERGIO CECCOTTI
Ordine di Gorizia
Composizione della crisi
da sovraindebitamento:
un istituto che manca(va)?
Situazioni in cui il creditore abbia ottenuto il
pignoramento del quinto dello stipendio o della
pensione che si procrastinano in eterno nel tempo,
non sono effettivamente civilmente sostenibili,
complice la crisi generalizzata che da diversi anni ormai
sta colpendo il nostro Paese.
Composizione delle crisi da sovraindebitamento:
finalità, requisiti oggettivi e soggettivi
La Legge 27 gennaio 2012, n. 3 segna un’importante
tappa nel percorso di modernizzazione della normativa
concorsuale in quanto, come detto in precedenza, sino
ad allora èmancata una organica regolamentazione della
cosiddetta “insolvenza civile”. Vero è che la legge è
stata un primo passo che, per divenire concretamente
utilizzabile, ha dovuto attendere il DecretoMinisteriale
n. 202 del 24 settembre 2014 pubblicato in GU il 27
gennaio 2015. Si è poi aggiunto il contributo della
Agenzia delle Entrate che, con la circolare n. 19/E del
6Maggio 2015, ha dato le proprie indicazioni riguardo
all’importante tema dei debiti di natura tributaria,
anch’essi componibili nell’ambito delle crisi da
sovraindebitamento.
Va precisato infatti che tra i
debiti che possono essere
risanati
mediante
la
composizione della crisi da
sovraindebitamento rientrano
anche i debiti di natura
tributaria, sia statale che
locale.
La Legge 3/2012 si pone
dunque l’obiettivo di porre
rimedio alle situazioni di
sovraindebitamento non
soggette né assoggettabili alle
vigenti procedure concorsuali
consentendo al debitore di
concludere, a determinate
condizioni, un accordo con i
propri creditori. Presupposto
per l’accesso alla procedura è
quindi una situazione di
sovraindebitamento ovvero -
definizione contenuta nella
medesima legge - “una situazione di perdurante
squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio
prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la
definitiva incapacità del debitore di adempiere
regolarmente le proprie obbligazioni”.
Fra i soggetti che possono essere ammessi alla procedura
rientrano le persone, fisiche e giuridiche, che:
-
non svolgono attività di impresa e quindi si
tratta di professionisti, artisti e lavoratori autonomi e
delle società tra professionisti (StP);
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