Il Commercialista Veneto n.228 (NOV/DIC 2015) - page 2

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NUMERO 228 - NOVEMBRE / DICEMBRE 2015
IL COMMERCIALISTA VENETO
ALFREDO PASCOLIN
Ordine di Gorizia
Deducibilità delle perdite
del socio accomandante di Sas
NORME E TRIBUTI
C
OME È NOTO, in tema di imputazione
delle perdite ai soci delle società in
accomandita semplice il TUIR ha dettato da
una parte norme comuni a tutte le società di
persone, e dall’altra previsto una specifica limitazione
applicabile solo ed esclusivamente nelle Sas. Infatti
l’art.8 comma 2 del TUIR recita testualmente:
“Le perdite delle società in nome collettivo e in
accomandita semplice di cui all’articolo 5, nonché quelle
delle società semplici e delle associazioni di cui allo
stesso articolo derivanti dall’esercizio di arti e
professioni, si sottraggono per ciascun socio o associato
nella proporzione stabilita dall’articolo 5.
Per le perdite
della società in accomandita semplice che eccedono
l’ammontare del capitale sociale la presente
disposizione si applica nei soli confronti dei soci
accomandatari.
Come si può ricavare dal dato letterale della norma, le
perdite delle società in accomandita semplice sono
quindi imputate a ciascun socio in proporzione alla
rispettiva quota di partecipazione agli utili, che si
presume proporzionata al valore del conferimento.
Inoltre il TUIR, con riferimento alle perdite delle società
in accomandita semplice che eccedono il capitale
sociale, prevede che la precedente disposizione si
applichi nei confronti dei soli soci accomandatari.
Tuttavia, come è stato evidenziato
1
, il dato letterale
delle disposizioni citate si è prestato ad alimentare fin
da subito diversi dubbi su due aspetti che si possono
prestare in effetti a differenti interpretazioni.
La prima problematica attiene al diritto del socio
accomandatario di dedurre o meno tutte le perdite che
non possono essere dedotte dagli accomandanti, visto
che in passato si è ritenuto, infatti, che la parte di
perdita eccedente, riferita alla quota di partecipazione
dei soci accomandanti, non potesse essere imputata ai
soci accomandatari e, quindi, andasse persa. Il secondo
argomento, ad oggi non ancora chiarito in modo
univoco, nasce dal dato testuale del TUIR laddove
questo parla di «perdita eccedente rispetto al capitale
sociale».
O
GGI IL PRIMO punto è approdato ad un
definitivo chiarimento. È intervenuta infatti
la risoluzione 152/E del 4 ottobre 2001
dell’Agenzia delle Entrate, la quale,
risolvendo una vivace diatriba dottrinaria ha
condivisibilmente dedotto, in tema di deducibilità delle
perdite fiscali nelle Sas, che l’articolo 8 del TUIR non
fissa un limite alla complessiva deducibilità delle perdite
fiscali ma detta, invece, esclusivamente un criterio per
la loro ripartizione, consentendo così ai soci
accomandatari di utilizzare pienamente le perdite
eccedenti il capitale sociale. Tesi peraltro sposata dalla
giurisprudenza di legittimità
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per cui «la norma, tenuto
conto della sua inequivoca
ratio
, va interpretata nel
senso che l’intera perdita eccedente il capitale sociale
deve essere suddivisa tra i soci accomandatari in
proporzione della loro partecipazione».
Una seconda questione, ad oggi invece non
definitivamente interpretata, riguarda le modalità di
imputazione della perdita eccedente in capo al socio
accomandatario, nei casi in cui accanto al capitale sociale
(a cui fa riferimento la norma) siano presenti riserve o
altri elementi del patrimonio netto.
Sembra illogico infatti limitare l’utilizzo delle perdite
accomandanti, dedurre oltre il limite di quanto investito.
Di contro sostiene il ricorrente che la imposta si applica
a norma dell’art. 7 del TUIR per singolo periodo di
imposta: “l’imposta è dovuta per anni solari, a
ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione
tributaria autonoma”.
La tesi del ricorrente non è logica e non convince,
invero se così fosse un soggetto potrebbe investire in
una società di persone all’età di 18 anni una certa cifra,
tenere sempre in perdita la società, e quindi fino all’età
di 70 anni, e per ogni periodo di imposta, potrebbe
dedurre questo importo dal proprio reddito. In pratica
abilmente muovendosi potrebbe per tutta la vita mai
versare alcunchè a titolo di imposizione diretta”.
L
E CONSIDERAZIONI fatte inducono qui
ad altre riflessioni di segno contrario.
In primis
risulta difficile pensare un socio
accomandante possa “
tenere sempre in
perdita la società
”.
A norma dell’art. 2320 c.c. infatti “
i soci accomandanti
non possono compiere atti di amministrazione, né
trattare o concludere affari in nome della società…
Il socio accomandante che contravviene a tale divieto
assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi
per tutte le obbligazioni sociali…
In buona sostanza i casi sono due: o il socio non si
ingerisce nella gestione (non potendo quindi avere un
ruolo attivo nel conseguire perdite per la società….),
oppure diversamente contravviene a tale divieto e allora
ne risponde, oltre alla quota conferita, illimitatamente.
Di ciò ne è pienamente convinta la stessa
giurisprudenza di legittimità, posto che tale assunto è
stato autorevolmente confermato dalla sentenza n.
15161 del 26 giugno 2009 della Cassazione, la quale ha
ritenuto che nel momento in cui il socio accomandante
perde la responsabilità limitata, a seguito dell’ingerenza
nella gestione e nell’amministrazione delle società, lo
stesso ha diritto a dedurre la quota di sua spettanza
relativa alle perdite sociali eccedenti il capitale sociale
4
.
Appare assai improbabile poi che una società venga
“tenuta in perdita” per generare perdite deducibili.
Anche in tal caso due sono le alternative: la prima è
che i costi siano fittizi e quindi non sarebbero comunque
deducibili ai sensi dell’art.109 del TUIR (e di
conseguenza non genererebbero perdite attribuibili ai
soci); l’alternativa è invece che siano reali e inerenti:
ma chi sosterrebbe maggiori costi reali, pari
all’imponibile, per avere perdite deducibili pari
all’imposta? E ancora si deve tenere presente che
qualora i costi siano inerenti (e quindi deducibili), di
questi ne risponderebbe illimitatamente il socio
accomandatario. E’ difficile pensare, anche qui, che vi
siano soci accomandatari che, nonostante il permanere
della loro responsabilità illimitata, si prestino a generare
maggiori perdite a favore dell’accomandante.
L’argomento va ricondotto allora, a parere di chi scrive,
allo stretto dato normativo, tenendo conto del principio
di autonomia dei periodi d’imposta.
L’art. 7, comma 1 del TUIR afferma infatti che:
“L’imposta è dovuta per anni solari, a ciascuno dei
quali corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma,
salvo quanto stabilito nel comma 3 dell’articolo 8 e nel
secondo periodo del comma 3 dell’articolo 13.”
al capitale sociale, escludendo dal calcolo le altre voci
del patrimonio netto, come se esse non fossero
attribuibili pro quota ai soci accomandanti; oppure,
sotto altro punto di vista, che tali voci di patrimonio
appartengano agli stessi soci come un vero e proprio
credito (come nel caso delle riserve di utili in
trasparenza), senza necessità di una previa deduzione
delle eventuali perdite societarie. A supporto della
fondatezza di tale assunto basti pensare che le stesse
controdeduzioni dell’AdE in un contenzioso pendente
presso la CTP di Gorizia, di cui daremo conto poco
appresso, hanno confermato pienamente le tesi di chi
ritiene di dover far riferimento al patrimonio netto,
laddove nelle stesse si può leggere che “
il termine
“capitale” comprende anche eventuali versamenti
effettuati dai soci a titolo di futuro aumento di capitale
ovvero poste integrative del capitale sociale (versamenti
soci in conto capitale, versamenti a copertura perdite,
ecc.) rappresentando quindi nel loro complesso il c.d.
“patrimonio netto””.
Ma se da una parte gli Uffici sembrano chiudere una
annosa diatriba, dall’altra, tuttavia, hanno aperto un
ulteriore fronte che momentaneamente è approdato ad
una decisione della CTP di Gorizia (n. 75/01/15
depositata il 29/04/2015) meritevole, in questa sede,
se non di aprioristica condivisione, quanto meno di
segnalazione. L’Agenzia ritiene infatti che “
nell’ipotesi
di perdite (dell’esercizio e/o di esercizi precedenti) che
abbiano ridotto/azzerato il capitale sociale, le perdite
successive, eccedenti il capitale sociale, non sono
imputabili ai soci accomandanti, ma devono essere
fiscalmente attribuite, per intero e pro quota, ai soli
soci accomandatari
”.
In buona sostanza per la stessa le perdite del socio
accomandante sono deducibili nei limiti del capitale
sociale non per singolo annoma tenuto conto dell’intera
durata della società. Per inciso la cosa comporterebbe
una vera e propria “rivoluzione” nella pratica contabile:
occorrerebbe registrare e cumulare negli anni le
successive deduzioni delle perdite dei soci
accomandanti – senza limiti di tempo nel passato e nel
futuro - fino alla capienza del “valore del proprio
conferimento di capitale sociale” (formulazione come
già rilevato imprecisa e non coincidente con la norma)
e una volta esaurito questo “plafond” attribuire le
perdite successive ed eccedenti integralmente ai soli
soci accomandatari
3
.
L’assunto dell’AdE si basa principalmente su un
presunto allineamento della disciplina della deducibilità
delle perdite di natura fiscale con quella civilistica di
cui all’art. 2313 c.c., che riguarda le diverse
responsabilità dei soci di società in accomandita
semplice: ma, mi sia consentito osservare, se il
Legislatore avesse voluto creare una stretta simmetria
fra perdite civilistiche sostenute e perdite deducibili
non avrebbe introdotto nel TUIR norme come quella
dell’art. 8 co.3 che pone delle severe limitazioni
temporali all’utilizzabilità delle perdite conseguite,
oltre le quali esse vengono perse.
La citata sentenza della CTP di Gorizia n.75/01/15 ha
però avallato tale interpretazione affermando che:
La tesi dell’Ufficio è che non si possa, per i soci
1
Caramaschi L.,
Per la Sas imputazione proporzionata alla quota
, Sole 24 ore 05 luglio 2010.
2
Cass. n.12332 del 24 maggio 2006
3
In forza di tale teoria, peraltro, tutti i soci accomandatari, che sicuramente non hanno mai “sfruttato” questa innovativa e libera interpretazione della norma da parte dell’ufficio,
avrebbero titolo a ravvedere a loro favore le dichiarazioni dei redditi e chiedere il rimborso delle maggiori imposte versate.
4
Cacciapaglia L.- Marra P.
Il socio accomandante che si ingerisce nella gestione deduce tutte le perdite
, Eutekneinfo, 24 agosto 2010.
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