Il Commercialista Veneto n.227 (SET/OTT2015) - page 9

NUMERO 227 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2015
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Aspetti critici
nella contrattualistica
della compravendita
immobiliare
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per decidere se riservarti o meno
tale diritto, in modo che chi compra
da colui che ha ricevuto in
donazione fa la sua visura
ventennale, se vede che nei
vent’anni c’è una donazione ma
non c’è nessuna riserva ad
impugnarla deve comunque stare
attento perché i legittimari hanno
ancora tempo per riservarsi di agire
in riduzione. Se invece andando
indietro di vent’anni non trova
donazioni né riserve a impugnare
quelle precedenti allora non c’è
problema, perché il diritto all’azione
di restituzione si è prescritto. La
trascrizione della riserva poi deve
essere rinnovata ogni vent’anni, in
modo che facendo la visura ventennale si hanno tutti gli elementi per capire
se il bene è a rischio o meno.
Nella riforma è stato previsto che il diritto a trascrivere la riserva di
opposizione è rinunciabile. Quindi, sostanzialmente, quando noi facciamo
una donazione ad un solo figlio e ne abbiamo quattro in tutto possiamo far
venire all’atto gli altri tre che rinunciano all’opposizione contestualmente.
Ovviamente, per il meccanismo che vi ho appena illustrato, siccome la
rinuncia non è all’azione di restituzione ma alla trascrizione della riserva
all’opposizione, la stessa vale dopo vent’anni, perché nei primi vent’anni
si può agire in riduzione senza trascrivere la riserva di opposizione. Quindi,
il fatto di far venire i fratelli in atto per farli rinunciare all’azione di opposizione
dà una tranquillità psicologica ma non reale per i primi vent’anni, perché in
tale periodo c’è sempre la possibilità per questi legittimari, se verranno lesi,
di agire in restituzione senza trascrivere niente e anche se hanno rinunciato
alla trascrizione dell’opposizione.
In alternativa, vi segnalo una recentissima sentenza del Tribunale di Torino,
del settembre 2014, che ammette la rinuncia all’azione di restituzione senza
rinunciare all’azione di riduzione. Torino però è particolarmente innovativo
su alcune vicende: ad esempio è l’unico Tribunale che ammette la
trascrizione a favore del
trust
anziché a favore del
trustee
, per cui se io
istituisco un
trust
che chiamo “rosa fiorita” posso trascrivere a nome di
“rosa fiorita trust” senz’altro aggiungere. Queste sentenze non sono così
convincenti finché sono isolate. L’opinione del Tribunale di Torino che
ammette la rinuncia immediata all’azione di restituzione ha una sua logica,
perché ciò che è vietato sono i patti successori, cioè nel nostro ordinamento
è vietato mettersi d’accordo sulla spartizione di una futura successione, di
rinunciarvi, ecc. Quindi rinunciare ai diritti successori non è possibile,
rinunciare alla restituzione non equivale a rinunciare ai diritti successori,
perché il rinunciante conserva i suoi diritti nei confronti del coerede che ha
ricevuto la donazione, ciò a cui rinuncia è il diritto a inseguire il bene,
quindi potrà agire solo nei confronti del donatario, il quale se sarà solvibile
pagherà, se non sarà solvibile non ci sarà la possibilità di inseguire il bene.
Ecco perché la pronuncia del Tribunale di Torino di ammettere la rinuncia
all’azione di restituzione pur in presenza del divieto dei patti successori ha
un suo fondamento. Quando sarà praticata e sarà condivisa sarà sicuramente
una soluzione brillante, perché da quel momento tutte le volte che noi
avremo una provenienza donativa basterà far venire i legittimari in atto che
rinunciano all’azione di restituzione e si potrà fare una vendita tranquilla,
salvo ovviamente l’ipotesi remota della sopravvenienza di coniuge o di
figli.
In attesa che ciò avvenga, nella pratica, soprattutto in passato, la soluzione
che veniva utilizzata, era quella di ottenere una garanzia fideiussoria da
parte soprattutto del donante o comunque dagli altri legittimari. In pratica,
i legittimari, non potendo rinunciare all’azione di restituzione o di riduzione,
intervenivano all’atto di vendita/trasferimento del bene a provenienza
donativa e prestavano garanzia fideiussoria a favore dell’acquirente per
l’ipotesi di evizione; per cui se lui avesse subito in qualche modo un’azione
di restituzione loro dovevano tenerlo indenne e dovevano risarcire il danno.
Si riteneva ovviamente che tale prassi non integrasse un patto successorio,
i legittimari conservavano tutti i loro diritti successori. Tra l’altro non
rinunciavano neanche all’azione di restituzione, la rendevano semplicemente
poco interessante; perché se avessero avuto il diritto di chiedere a qualcuno
il bene avrebbero avuto al contempo anche l’obbligo di indennizzarlo come
fideiussori. In sostanza si riduceva il rischio ma non c’era nessuna rinuncia.
Per molti anni ci si è interrogati sulla bontà di questa soluzione, di recente
la giurisprudenza si è orientata nel senso di ritenerla comunque un patto
successorio e quindi, di fatto, è stata abbandonata.
Rimane, naturalmente, la soluzione della fideiussione rilasciata da terzi non
legittimari, quali una banca o un’assicurazione. Tra l’altro non è
particolarmente difficile trovare un’assicurazione disposta a garantire il
rischio di un azione di restituzione, perché tale rischio è molto basso: le
provenienze donative sono tante, soprattutto per motivi fiscali (ci sono
condomini interi costruiti su terreni con provenienza donativa perché la
donazione serviva ad affrancare le plusvalenze quando la normativa fiscale
ancora lo consentiva).
Il trasferimento per donazione è tuttora interessante per quello che riguarda
le imposte indirette. C’è poi un altro aspetto importante: da quando è entrata
in vigore la normativa antiriciclaggio la possibilità di fare le c.d. “vendite
simulate” è venuta meno per l’obbligo di dichiarare in atto le modalità di
pagamento del corrispettivo; quindi posso fare una vendita simulata solo
se scrivo in atto che mi pagherai fra un anno, poi, magari, nel frattempo,
rimetto il debito. Sapete però che la vendita a favore di un figlio con prezzo
non pagato e successiva rimessione del debito è considerata anche questa
una liberalità. In realtà è una vicenda complessa che porta ad un negozio
che fin dall’origine è qualificabile come donazione.
Come detto, la frequenza con cui si realizzano donazioni potenzialmente
lesive di legittima è alta, ma l’effettivo rischio di restituzione è bassissimo.
Personalmente non mi sono mai imbattuto in casi di soggetti che avevano
acquistato da chi aveva una provenienza donativa e che hanno subito poi
un’azione di restituzione.
Per questo non è difficile procurarsi polizze fideiussorie rilasciate da
compagnie importanti: anche Lloyd adesso offre una polizza fideiussoria a
garanzia dell’azione di restituzione con premi molto contenuti, proprio
perché l’assicurazione è un contratto in cui deve esistere una percentuale
di rischio e quindi, se il rischio è basso, il premio è contenuto. Questa è una
soluzione che nella pratica può essere percorribile.
L’altra soluzione che sta prendendo piede in questo momento, grazie ad
una recente giurisprudenza che l’ha “sdoganata”, è quella della risoluzione
della donazione.
Sostanzialmente: se io dono a mio figlio un’abitazione ho perfezionato un
contratto ad effetti reali, cioè lui è diventato proprietario dell’abitazione. Se
dopo dieci anni risolviamo questo contratto, io ritorno proprietario
dell’abitazione. La dottrina risalente diceva che il secondo atto non è una
risoluzione della donazione ma è una contro-donazione, cioè il famoso
contrarius actus
: ho ritrasferito il bene, non ho risolto la precedente
donazione, perché l’azione risolutoria dovrebbe avere un effetto retroattivo,
se non ha effetto retroattivo non è una risoluzione. Tra l’altro la risoluzione,
nel codice, è prevista come un rimedio all’inadempimento. La risoluzione
consensuale evoca i contratti con prestazioni periodiche; risolvere una
donazione di un immobile che ho donato a mio figlio e che lui ha affittato
per dieci anni significa che io dovrei pretendere da mio figlio tutti i canoni
che ha percepito in questi 10 anni perché non è stato proprietario. Vanno
fatti salvi gli effetti nei confronti dei terzi, ma nei confronti delle parti non
sarebbe possibile, quindi avrei diritto di pretendere indietro i canoni
percepiti.
Quello che dice la giurisprudenza recente è che il contratto risolutorio ha
una sua causa propria, quindi per mutuo dissenso si può risolvere anche
un negozio che ha prodotto effetti reali. La volontà delle parti è quella di far
venir meno il contratto originario, quindi non si tratterebbe di un
contrarius
actus
. Se così non fosse nella nostra fattispecie la situazione peggiorerebbe
perché oltre alla donazione fatta dal padre al figlio, avremmo anche la
controdonazione fatta dal figlio al padre; avremmo così due rischi di azione
di riduzione, sempre se fosse vera la tesi del
contrarius actus
. Mentre in
ipotesi di risoluzione, la causa del secondo atto è solutoria del primo, non
c’è più il contratto originario, non esiste più nell’ordinamento, quindi è
stato definitivamente rimosso il problema, il donante originario, che ritorna
proprietario del bene, potrà venderlo senza alcun pericolo.
Personalmente ho ancora qualche perplessità su questa soluzione: se io
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