Il Commercialista Veneto n.227 (SET/OTT2015) - page 11

NUMERO 227 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2015
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IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE DA PAGINA 10
normativa antiriciclaggio, perché
nel primo trasferimento si
dichiarano i mezzi di pagamento
realmente utilizzati e nel secondo
trasferimento non c’è corrispettivo
e si dichiara il vero.
Una volta, quando si trasferiva il
bene dal fiduciario al fiduciante si
tendeva a porre in essere un
negozio simulato, dichiarando che
il trasferimento avveniva per un
corrispettivo in realtà mai pagato;
questo per non fare emergere il
mandato e perché non c’era il
problema dell’antiriciclaggio.
Oggi, in queste fattispecie, il
problema dell’antiriciclaggio
sussiste.
Attestato
di prestazione energetica
Un altro argomento che va assolutamente affrontato parlando di
trasferimenti immobiliari è quello dell’attestato di prestazione energetica:
molto spesso gli immobili che trasferiamo fanno parte di aziende, trasferendo
queste trasferiamo anche gli immobili, abbiamo quindi necessità di
confrontarci con la normativa sulla prestazione energetica.
Gli obblighi sono due e spesso vengono confusi, uno è quello di dotazione
l’altro è quello di allegazione. Potrebbe sembrare che quando non c’è
l’obbligo di allegazione all’atto ci si possa disinteressare di quello di
dotazione, ma non è così.
La normativa è una normativa europea, di derivazione comunitaria.
L’attestato di prestazione energetica si prefigge di dare informazioni sul
consumo energetico degli immobili. Il consumatore deve sapere che sta
comprando un edificio che consuma poco o tanto, quindi che sia in classe
A, B, C, D, E, F o G. La certificazione potenzialmente può essere fatta per
qualsiasi edificio, non è necessario che l’edificio sia a norma. La
certificazione energetica non ha nulla a che vedere con la regolarità degli
impianti (anche un grotta può essere certificata). E’ certificabile tutto ciò
che consuma energia, cioè tutti gli immobili che abbiano un impianto di
raffreddamento o di riscaldamento, anche non funzionante.
Questa materia è di competenza delle regioni, ogni regione ha fatto una sua
normativa. Originariamente, alcune regioni avevano previsto l’allegazione
del certificato energetico all’atto a pena di nullità mentre altre non lo avevano
previsto. Cosa tra l’altro di dubbia legittimità costituzionale perché le regioni
possono legiferare in materia di prestazione energetica ma non in materia di
forma degli atti notarili: non è possibile che un atto di vendita stipulato
dallo stesso notaio e con la stessa forma, sia valido se ha ad oggetto un
immobile a Treviso e sia nullo se ha ad oggetto un immobile a Milano,
perché in Lombardia era prevista l’allegazione della certificazione energetica
a pena di nullità.
Adesso è stata fatta un po’ di pulizia o meglio, finché le regioni non ri-
legifereranno sull’argomento, esiste ora una nuova normativa nazionale
uniforme.
Quindi oggi la situazione è questa: tutte le volte che si trasferisce un
immobile, che sia a titolo oneroso o a titolo gratuito, e tutte le volte che si
loca un immobile, è obbligatorio dotare il bene dell’attestato di prestazione
energetica. La norma prevede che deve essere disponibile all’avvio delle
trattative. Si vuole che il consumatore conosca il prima possibile questa
informazione utile per l’acquisto, se la viene a conoscere tardi serve a
poco. In più la norma prevede che l’attestato deve essere consegnato alla
fine delle trattative, alla firma del preliminare (quando firmo il preliminare ho
finito la trattativa). Nel contratto ci deve essere la dichiarazione
dell’acquirente di averlo ricevuto, anche se non c’è l’obbligo di allegazione.
L’obbligo di allegazione sussiste nei trasferimenti a titolo oneroso di
qualunque immobile e nelle locazioni nuove che hanno per oggetto un
intero fabbricato e non singole unità. Per cui se io, ad esempio in un centro
commerciale, affitto i singoli negozi non ho l’obbligo di allegazione, se
invece affitto l’intero centro commerciale ho l’obbligo di allegazione. Non
c’è più la sanzione della nullità, c’è soltanto la sanzione pecuniaria da 3.000
euro a 18.000 euro.
Nella pratica molti pensano che siccome nelle locazioni non c’è l’obbligo di
allegare l’attestato di prestazione energetica, allora si possa sorvolare e
non richiederlo. Non è così, la stessa multa prevista per la non allegazione
è applicata anche per la non dotazione e, in ogni caso, l’avvenuta dotazione
va dichiarata in atto, quindi non consiglierei ad un mio cliente di dichiarare
in atto qualcosa che non è vero per risparmiare il costo di un attestato di
prestazione energetica, che tutto sommato è ormai abbastanza modesto.
Il “trasferimento oneroso” previsto dalla normativa come presupposto per
l’allegazione si riferisce ovviamente a tutti i negozi traslativi onerosi. Cosa
accade nelle procedure concorsuali? La norma non è di semplice
applicazione. Se il trasferimento avviene per decreto, dunque con atto
unilaterale, non ha molto senso che si applichi la normativa, se il decreto è
un atto del solo giudice non è necessario allegare il certificato. Se invece il
trasferimento avviene nell’ambito di una procedura concorsuale in cui non
si è chiesto al giudice di fare la vendita ai sensi del codice di procedura
civile, per cui è il curatore che decide il regolamento della gara per individuare
l’acquirente ed effettua il trasferimento con un normale contratto di vendita
(non con un decreto), si fa fatica a pensare che a quel contratto non si
debba allegare l’attestato di prestazione energetica. Non è che il fallimento
o il concordato siano più ricchi dell’imprenditore
in bonis
; per cui se
quell’imprenditore aveva certi obblighi in relazione alla dotazione della
prestazione energetica, anche quando fallisce o viene ammesso ad un
concordato, questi obblighi li deve rispettare. E’ lo stesso motivo per il
quale la normativa sulla prestazione energetica deve essere rispettata anche
nei trasferimenti convenuti nei verbali di separazione o di divorzio, che
sono sempre dei trasferimenti per contratto e non per decreto.
I contratti preliminari
Un altro argomento: i preliminari. Anche qui spesso si fa confusione
sull’opportunità o meno, quando si concludono delle trattative immobiliari,
di perfezionare i preliminari per scrittura privata autenticata. Il preliminare,
se è perfezionato per scrittura privata autenticata o per atto pubblico deve
essere trascritto. La trascrizione dura tre anni ed ha un effetto prenotativo
della successiva vendita. Se invece è perfezionato con scrittura privata
non autenticata non è trascrivibile.
L’effetto prenotativo non sempre è percepito come interessante dalle parti.
La norma prevede che una volta trascritto il preliminare l’atto definitivo
prenderà grado da questa trascrizione, quindi tutte le vicende successive
(ipoteche, pignoramenti, sequestri) non sono opponibili al terzo acquirente
purché, ovviamente, il definitivo sia trascritto nel termine dei tre anni. Il
preliminare trascritto, dunque, può essere utile nella pratica quando deve
passare molto tempo tra il raggiungimento dell’accordo di vendita e il
definitivo; può essere molto utile anche in quei casi in cui si compra da
soggetti a rischio.
C’è una norma molto importante che rende assai utile trascrivere il
preliminare: è la norma sulla revocatoria fallimentare. Sapete che l’attuale
sistema è questo: se il soggetto fallito aveva firmato un preliminare non
trascritto, la procedura può svincolarsi dall’obbligo di stipulare il definitivo.
Se invece il preliminare è trascritto, la norma prevede che ci sia l’obbligo di
rispettarlo purché sia stato convenuto il giusto prezzo e purché il bene sia
destinato ad abitazione principale dell’acquirente o dei parenti o affini entro
il terzo grado. Recentemente è stata integrata la norma fallimentare
prevedendo la non revocabilità dei preliminari anche in ipotesi che abbiano
ad oggetto la vendita di beni strumentali da destinare a sede dell’impresa
dell’acquirente.
L’art. 67 della legge fallimentare prevede che vendite e preliminari di vendita
trascritti non siano revocabili se hanno ad oggetto “immobili ad uso non
abitativo destinati a costituire la sede principale dell’attività d’impresa
dell’acquirente purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività
sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per
darvi inizio”. E qui qualcuno si domanda: ma se ho fatto solo il preliminare
come faccio ad avere già iniziato un’attività e aver fatto investimenti?
In realtà l’art. 72 della legge fallimentare, quello sui “rapporti pendenti”
riferito ai soli preliminari, ripete lo stesso concetto e chiarisce che invece
non serve avere iniziato alcuna attività. La norma prevede infatti che “I
preliminari non sono revocati quando l’immobile ad uso non abitativo è
destinato a costituire la sede principale dell’attività dell’acquirente”. La
norma non aggiunge altro. Quindi anche se non è iniziata l’attività e anche
se non ho fatto investimenti non può esserci la revoca. Unico problema:
non è chiaro come sia possibile dimostrare che l’immobile diventerà sede
principale dell’impresa, evento, quest’ultimo, futuro e incerto.
Aspetti critici
nella contrattualistica
della compravendita
immobiliare
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