Il Commercialista Veneto n.227 (SET/OTT2015) - page 10

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NUMERO 227 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2015
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE DA PAGINA 9
risolvo un contratto posso farlo
con animo liberale? Probabilmente
si, perché se sono diventato
proprietario di quel bene e decido
di risolvere la donazione senza
alcun obbligo in tal senso, qualche
animo devo pur averlo; o ho un
animo solutorio e non intendo fare
una liberalità, oppure ho un animo
liberale e ho trasferito qualcosa con
una donazione indiretta, in tal caso
non ho risolto il problema.
Tenete presente poi un’altra cosa:
gli atti simulati sono raramente una
buona soluzione per i nostri clienti,
se la donazione era effettiva e poi
simulatamente restituisco il bene al
donante con un risoluzione fittizia,
il quale vende e poi mi deve dare i
denari perché in realtà devo percepire io il risultato economico della
compravendita, risolvo un problema ma ne creo un altro, posto che ho
realizzato un’operazione artificiale i cui effetti non sono realmente voluti.
Può invece anche capitare, come succede spesso in quelle donazioni famose
che si facevano per motivi fiscali, che l’anticipo dato al figlio è un qualcosa
che nasconde in famiglia una sorta di intestazione fiduciaria: cioè io ti
intesto e ti anticipo qualcosa ma intanto continuo a comandare io, lo faccio
per motivi fiscali. In questi giorni per il timore che aumentino le imposte di
donazione, c’è una corsa a fare donazioni, non perché si abbia un animo
liberale, ma perché si vuole beneficiare di una tassazione favorevole che
forse verrà meno. Tenete presente che se fosse stata questa la causa della
donazione originaria, cioè se si fosse realmente trattato di una donazione
finalizzata a realizzare un’intestazione fiduciaria, nulla vieta di porre nel
nulla quella donazione non attraverso una risoluzione della medesima, o un
atto contrario, bensì riconoscendo l’intestazione fiduciaria a suo tempo
realizzata e reintestando il bene all’originario donante in adempimento del
mandato fiduciario, il tutto, ovviamente, senza corrispettivo.
E’ quello che accade quando chiedete ad una società fiduciaria di acquistare
le quote di una srl per conto del suo mandante, e, al termine del mandato,
chiedete il trasferimento delle quote al vero proprietario. Questo secondo
trasferimento senza corrispettivo non è certo una donazione o un atto
solutorio, è semplicemente l’adempimento del mandato di intestazione
fiduciaria. Questo atto di trasferimento al vero proprietario può essere fatto
anche tra persone fisiche che si sono prestate a fare un negozio fiduciario,
perché non bisogna essere per forza una società che svolge
professionalmente l’attività fiduciaria per poter realizzare tale fattispecie. E’
dunque lecito che si realizzino degli atti in cui si conviene: “Premesso che
io avevo donato a mio figlio un terreno e che in realtà questa intestazione
era strumentale a un mandato fiduciario sottostante e che il vero proprietario
sono sempre stato io e mio figlio riconosce questo; ho quindi chiesto a mio
figlio di reintestarmi il bene e lui intende adempiere al mandato fiduciario.
Ciò premesso mio figlio mi reintesta il bene senza corrispettivo”. Questo
negozio non ha una causa liberale, essendo l’adempimento di
un’obbligazione tipica di ogni mandato senza rappresentanza ad
amministrare il bene altrui.
Come la finta vendita, che quando veniva trascritta come tale non creava
problemi di azione di restituzione perche il terzo comprava facendo
affidamento sulle risultanze dei registri immobiliari che non evidenziavano
alcuna donazione, la stessa cosa avviene per l’atto di reintestazione
fiduciaria. Se come tale è perfezionato e pubblicizzato, ho reso pubblico nei
registri immobiliari che la donazione originaria non era una donazione e che
il ritrasferimento è fatto senza animo liberale. Quindi non esistono più
donazioni negli atti trascritti e il terzo acquirente è tutelato.
Riconoscere, invece, che la donazione originaria era qualcosa di diverso,
ad esempio una vendita dissimulata, per risolvere il problema della
commerciabilità non è cosi semplice, perché nel nostro ordinamento gli atti
di accertamento sono nulli.
Ci sono stati vari progetti di legge, anche recenti, per consentirli, ma allo
stato sono nulli. Dunque, un atto in cui tutte le parti giurano che una
determinata donazione in realtà era una vendita non serve a molto, perché
non possono essere le parti a fare tale accertamento. Solo il giudice può
farlo.La reintestazione fiduciaria non è un negozio di accertamento, è
l’adempimento di un mandato.
Per quello che riguarda la commerciabilità dei beni con provenienza donativa
mi fermo qui; possiamo quindi affermare che la soluzione che oggi appare
più tranquilla è quella della risoluzione della donazione, perché la
giurisprudenza di merito l’ha sdoganata ed anche la Cassazione l’ha
confermata. E’ ancora da chiarire la questione dell’effetto retroattivo, però
per il terzo che acquista non c’è problema. L’altra soluzione praticabile è
quella della reintestazione al fiduciante, sempre che la donazione originaria
fosse stata in realtà strumentale ad un mandato fiduciario. La fideiussione,
infine, è comunque una soluzione, soprattutto quando il rischio è limitato
alla quota della quota, perché tra l’altro l’azione di restituzione è
necessariamente contenuta nei limiti della lesione di legittima, quindi spesso
il rischio è per una quota della quota oggetto di donazione (un decimo, un
ottavo, un nono, sono rischi di norma abbastanza limitati).
E’ per questo che le banche, che sono dei contraenti professionali, quando
devono accettare un ipoteca su un bene con provenienza donativa, sono
spesso in grado di analizzare la situazione concreta e di valutare l’effettività
del rischio: per esempio la donazione fatta agli unici tre figli in parti uguali
normalmente la valutano a basso rischio e accettano l’ipoteca su quel
bene. Quando invece la donazione è ritenuta a rischio, le banche molto
spesso vogliono la fideiussione dei legittimari. Si tratta però di una
fideiussione a garanzia del mutuo nell’ipotesi di inopponibilità dell’ipoteca,
che è un po’ diversa da quella che la giurisprudenza ritiene illegittima a
garanzia del terzo acquirente, perché si garantisce alla banca l’adempimento
del suo debitore al verificarsi di determinati presupposti limitativi di altre
garanzie, dunque non c’è patto successorio.
Negozi fiduciari e negozi simulati
Un altro argomento che viene sollecitato dalle riflessioni sulla donazione
che abbiamo appena svolto, legato alla recente normativa antiriciclaggio,
è quello della possibilità oggi di continuare a realizzare negozi fiduciari o
negozi simulati, nel senso che sia il negozio fiduciario che quello simulato
non sono vietati, l’attività fiduciaria è disciplinata da una legge per chi la
svolge professionalmente (ma può essere anche svolta in maniera non
professionale) e anche il negozio simulato ha una sua disciplina nel codice.
Con la normativa antiriciclaggio è divenuto però obbligatorio dichiarare
negli atti il corrispettivo. Spesso, quando si pone in essere un negozio
simulato o un negozio fiduciario in realtà non c’è alcun corrispettivo, per
cui, in tale ipotesi l’alternativa è far dichiarare alle parti un pagamento non
reale, se vogliono andare avanti con la simulazione fino in fondo, oppure
fare qualcosa di diverso: dichiarare un pagamento futuro o una
compensazione con debiti pregressi, o altro ancora.
Tenete presente che la normativa antiriciclaggio prevede che la dichiarazione
sui mezzi di pagamento sia resa ai sensi del D.P.R. 445/2000, dunque ai
sensi della normativa che qualifica l’eventuale dichiarazione mendace come
un reato, ma la stessa normativa antiriciclaggio aggiunge che nel caso
della dichiarazione sui mezzi di pagamento, l’eventuale non veridicità della
dichiarazione sia soggetta solamente ad una sanzione amministrativa
pecuniaria. A questo punto si deve ritenere che la dichiarazione mendace
resa ai sensi della normativa antiriciclaggio non sia un reato.
Per quanto riguarda invece i negozi fiduciari, abbiamo detto che si può
tranquillamente dichiarare in un atto di acquisto che si tratta di
un’intestazione fiduciaria; il problema qual è? L’intestazione fiduciaria si
realizza perché non si vuole rendere palese ai terzi chi sia il vero proprietario
del bene. Quindi, o faccio intervenire direttamente al primo acquisto il
fiduciario che intesta a suo nome il bene per conto del fiduciante che
rimane anonimo: esegue lui l’acquisto, fa il pagamento e si intesta il bene in
maniera totalmente riservata, pur enunciando la causa fiduciaria
dell’acquisto, se così desidera, oppure, se il bene è già intestato al fiduciante
e vuole trasferirlo ad un fiduciario in maniera riservata, devo realizzare un
atto simulato.
In ogni caso, quando il mandato si esaurisce e il bene viene trasferito al
fiduciante, si deve fare il nome di quest’ultimo, ma a quel punto non vi è di
regola più alcuna esigenza di riservatezza.
Gli atti di acquisto da un terzo in cui interviene direttamente il solo fiduciario
in maniera riservata, senza enunciare la sua qualità, e quello finale di
trasferimento al fiduciante in assenza di corrispettivo, non violano nessuna
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Aspetti critici
nella contrattualistica
della compravendita
immobiliare
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