Il Commercialista Veneto n.227 (SET/OTT2015) - page 6

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NUMERO 227 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2015
IL COMMERCIALISTA VENETO
soggetto a test e così si rischia di dedicare il tempo ad inventare trucchi per
facilitare i test stessi, all’arte congetturale di rispondere rapidamente a
questionari a risposta multipla, e così via.
In questo modo, però più che studenti capaci di ragionare e di orientarsi nel
mondo, si otterrebbero solo veloci solutori di test.
Lei lavora con ragazzi speciali che ogni giorno debbono affrontare la
sfida di essere visti e considerati uguali agli altri e che, conseguentemente,
si trovanoadaffrontareprove edifficoltànotevolissime. Ilmondodel lavoro
e la società italiana è pronta ad accoglierli e ad integrarli?
In realtà la mia sfida è quella di valorizzare le differenze e non di appiattirle
in un modello standard di “normalità” che poi di fatto non esiste, perché
tutti siamo diversi. Penso che non debbano essere i ragazzi con disabilità a
doversi adattare a un contesto predefinito, ma debba essere quest’ultimo a
rendersi inclusivo in modo da accogliere tutti, ognuno con le proprie
caratteristiche.
Tutti i miei progetti partono da questo presupposto.
Vede, il grado di “disabilità” di una persona non dipende solo dal tipo di
menomazione che evidentemente esiste, nessuno la vuole negare, ma
dipende anche o soprattutto dal contesto più o meno inclusivo in cui la
persona con disabilità si trova a vivere.
Ecco allora che la qualità della vita e il
“funzionamento” di una persona, per
esempio con disabilità motoria, che nella
propria città trova ascensori che
funzionano, marciapiedi percorribili,
mezzi di trasporto pubblici attrezzati è
senza dubbio migliore rispetto a chi, con
la medesima disabilità, è costretto ad
affrontare atti e situazioni di quotidiana
inciviltà.
Per quanto riguarda il lavoro, nonostante
il periodo di crisi, qualcosa sta
cambiando in positivo, la strada però da
percorrere è ancora lunga.
Lei è stata premiata per aver
“progettato” un supermarket interno
alla scuola interamente gestito dai
ragazzi. Quanto ritiene si attuabile una
partnership tramondodella formazione
emondo del lavoro?
Una delle funzioni che ha la scuola è
senz’altro quella di preparare i ragazzi al
loro futuro lavorativo. In questo senso,
anche se tra mille difficoltà, è giusto
favorire il dialogo tra scuola e lavoro, evitando che questi due mondi
rimangano due entità separate.
La legge “La Buona Scuola” ha reso l’alternanza Scuola-Lavoro obbligatoria
anche per i licei, oltre che per gli istituti tecnici e professionali.
Questo è un passo molto importante nella direzione di avvicinare i due
sistemi. I problemi, però, non mancano.
Le imprese o professionisti che si offrono come formatori, mettendo a
disposizione tempo e risorse, dovrebbero vedersi valorizzare e riconoscere
tale importante ruolo. D’altro canto è sbagliato, a mio avviso, favorire il
messaggio che si studia solo per uno scopo immediato e preciso: trovare
lavoro. Lo studio è anche uno strumento attraverso il quale si formano
persone pensanti, spiriti liberi in grado di cambiare il corso delle cose, di
inventare e creare nuovi mondi grazie anche allo studio di quelle discipline
che, in una visione di scuola-lavoro, appaiono inutili e troppo distanti dal
mondo come l’arte, la letteratura, la filosofia.
In questi mesi il governo ha promosso il Progetto “GaranziaGiovani” che
ha sollevato anche diverse polemiche per le modalità di gestione. Pensa
veramente possa essere di aiuto ai giovani che vogliono lavorare in Italia
o lo ritiene solo il modo per far lavorare gli enti accreditati?
Garanzia Giovani
(
Youth Guarantee
), il Piano Europeo per la lotta alla
disoccupazione giovanile, come qualsiasi altra iniziativa di carattere europeo
o mondiale, avrà risultati diversi a seconda del paese e delle persone che lo
gestiranno. Niente di nuovo.
La scuola ritengo debba essere valutata dai ragazzi e dagli
insegnanti...perciò le chiedo cosa ne pensa de “La Buona Scuola”?
Pensa veramente che possamigliore il nostro sistema scolastico ed influire
sulla crescita dell’Italia?
Mi sembra sia stata data un’eccessiva enfasi a questa che non è una riforma,
ma semplicemente una legge che è servita, principalmente, per mettere in
ruolo migliaia di docenti. Non vengono infatti toccati i cicli scolastici, né i
programmi o contenuti di studio.
Lei insegna in un Istituto Tecnico, quella che una volta si chiamava “la
Ragioneria” e quindi le chiedo: quanto si è evoluta la formazione degli
studenti all’interno di questo tipo di scuola per andare incontro alle
esigenze del mondo del lavoro e quanto distanti tali esigenze lo siano
ancora.
Da un po’ di anni, nel nostro istituto, si è avviato il progetto di Alternanza
Scuola Lavoro. Il progetto prevede l’intervento di professionisti, che
agiscono da formatori esterni presso il nostro istituto, portando la loro
esperienza e competenza a scuola.
I loro interventi sono seguiti da un test la cui valutazione viene recepita a
livello di credito scolastico facendo media con i normali voti delle discipline
coinvolte. Durante l’anno scolastico, nel periodo tra fine aprile e maggio,
per un mese, i ragazzi delle classi 3^ e 4^ (da quest’anno anche le 5^),
interrompono la normale attività didattica
per svolgere uno stage formativo presso
studi professionali o ditte.
Anche in questo caso il giudizio espresso
dal tutor aziendale fa parte integrante
della normale valutazione scolastica. La
scuola, inoltre, dà la possibilità ai propri
studenti di svolgere anche il consueto
stage estivo per un ulteriore periodo a
contatto diretto con il mondo del lavoro.
Queste esperienze, seppur limitate, sono
molto importanti perché permettono di
curare, sul campo, quelle che oggi
vengono definite le “soft skills”,
competenze che sono direttamente
collegate all’area dei comportamenti
organizzativi: ad esempio la
leadership
,
l’efficacia relazionale, il
teamwork
, il
problem solving
e che sono decisive nel
mondo del lavoro.
Ma lei consiglierebbemai ad un ragazzo
di intraprendere una professione
economico contabile, di proseguire il
propriopercorsodi studi dopo il diploma
in tal senso, di diventare,magari, proprio
commercialista? E, più in generale,
come vede Daniela Boscolo questa figura professionale, cosa si aspetta o
aspetterebbe dal proprio commercialista?
Come si potrebbe vivere senza commercialisti? Certo che consiglio tale
professione! Anche se è una professione molto impegnativa, che richiede,
non solo una grande preparazione, ma anche un profilo morale integro,
visto che a questi professionisti si affidano i propri capitali e la loro gestione.
Come dico sempre ai miei studenti, fare il commercialista è difficilissimo,
bisogna saper essere chiari, diretti, precisi, vista la sproporzione che c’è, a
livello di conoscenza della materia contabile e fiscale, tra tale professionista
e i suoi clienti. Non è facile tradurre questa complicata materia in parole
comprensibili e renderla accessibile anche al meno esperto.
Questo, però, è quello che ritengo un buon commercialista debba saper
fare, il mio poi, deve avere anche tanta pazienza…...!
Fare il medico e fare l’insegnante, nell’immaginario collettivo, è inteso
più come unamissione che come un lavoro... conquanta passione svolge la
sua missione la professoressa Daniela e cosa si sentirebbe di consigliare
a un giovane che voglia fare dell’insegnamento la sua occupazione?
La passione non è tutto, bisogna imparare ad insegnare, bisogna studiare
e aggiornarsi continuamente. I ragazzi hanno diritto di ricevere la migliore
istruzione possibile per affrontare le sfide della vita.
INTERVISTA A DANIELA BOSCOLO
SEGUE DA PAGINA 5
«Come si potrebbe
vivere senza
commercialisti?»
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