Il Commercialista Veneto n.224 (MAR/APR 2015) - page 2

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NUMERO 224 - MARZO / APRILE 2015
IL COMMERCIALISTA VENETO
CLAUDIO POLVERINO
Ordine di Gorizia
Gli effetti della sentenza della
Corte Costituzionale n. 37/2015
GIORNO PER GIORNO
C
ON LA SENTENZA n. 37/2015, la Corte Costituzionale ha
dichiarato l’illegittimità -
per violazione degli artt. 3, 24, 97, 101,
111, 113 e 117 Cost., nonché dell’art. 6, par. 1 CEDU
- dell’articolo
8 comma 24, Legge 44/2012 in materia di semplificazioni tributarie, con il quale
sono stati posti alla direzione di uffici provinciali delleAgenzie fiscali funzionari
privi della qualifica dirigenziale prevista dall’art. 5 comma 5 del Regolamento di
amministrazione dell’Agenzia delle Entrate (approvato con delibera del Comitato
direttivo n. 4 del 30 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 36
del 13 febbraio 2001 e aggiornato fino alla delibera del Comitato di gestione n.
57 del 27 dicembre 2012), fra i quali figurano anche numerosi <Direttori
provinciali> del Triveneto (il che può essere evinto dal Ruolo dei dirigenti
dell’Agenzia delle Entrate in carica al 1° febbraio 2015 scaricabile dal sito
istituzionale). Si pone a questo punto il problema di comprendere quali effetti
tale pronuncia possa comportare nei procedimenti in corso, talché si rende
necessario, in primo luogo, esaminare i contenuti della stessa.
Ebbene, alla pag. 8 della sentenza della Consulta si legge in particolare che:
considerando le regole organizzative interne dell’Agenzia delle Entrate e la
possibilità di ricorrere all’istituto della delega, anche a funzionari, per l’adozione
di atti a competenza dirigenziale - come affermato dalla giurisprudenza
tributaria di legittimità sulla provenienza dell’atto dall’ufficio e sulla sua idoneità
ad esprimerne all’esterno la volontà (
ex plurimis
, Corte di Cassazione, sezione
tributaria civile, sentenze 9 gennaio 2014, n. 220; 10 luglio 2013, n. 17044; 10
agosto 2010, n. 18515; sezione sesta civile - T, 11 ottobre 2012, n. 17400) - la
funzionalità delle Agenzie non è condizionata dalla validità degli incarichi
dirigenziali previsti dalla disposizione censurata
”; passaggio dal quale, secondo
le prime prese di posizione assunte in gran fretta dai vertici dell’Agenzia delle
Entrate, parrebbe evincersi che tutti gli atti sottoscritti dai funzionari in questione
manterrebbero intatta la loro valenza. Vi è però da considerare che l’istituto
della delega al quale fa riferimento la Corte è quello dettato dall’art. 17, comma
1 bis, della legge 165/2001 (Testo unico sul Pubblico impiego), secondo il
quale: “
I dirigenti,
per specifiche e comprovate ragioni di servizio
, possono
delegare
per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato
,
alcune delle competenze comprese nelle funzioni
…” (ved. anche C.M. n. 7 del
17-7-2003), di talché si renderebbe quanto meno necessario verificare da parte
del giudice adìto se, caso per caso, una specifica delega, ovviamente rilasciata da
un (vero) dirigente e fornita di tali requisiti, sia mai esistita, posto che un
eventuale atto di nomina che semplicemente si richiamasse all’abrogato art. 8
comma 24, Legge 44/2012 in materia di semplificazioni tributarie, ovvero alle
sue successive proroghe, non potrebbe di certo supportare la validità del potere
di sottoscrizione di un qualsiasi atto (comprese le deleghe di firma ad altro
impiegato della carriera direttiva, ex art. 42, co. 1, D.P.R. 600/73) in capo ai
predetti <Direttori provinciali>. Ovvio altresì che in caso di contestazione
l’onere di provare l’esistenza di una tale specifica delega incomba, come previsto
dalle stesse sentenze di legittimità citate dalla Corte Costituzionale, solo e
soltanto sull’Agenzia delle Entrate. Per meglio comprendere il fatto che la
Consulta non abbia affatto inteso “salvare” gli accertamenti emessi dagli pseudo
<Direttori provinciali>, come ritenuto dall’Amministrazione Finanziaria, è
comunque sufficiente leggere i passaggi immediatamente antecedenti a quello
più sopra esaminato, laddove la Corte, dopo avere escluso per ragioni di carattere
logico/sistematico l’applicabilità dei diversi istituti dell’affidamento di mansioni
superiori a impiegati appartenenti ad un livello inferiore e della cosiddetta
reggenza, spiega che: “
In realtà, del tutto indipendentemente dalla norma
impugnata, l’indizione di concorsi per la copertura di posizioni dirigenziali
vacanti è resa possibile da norme già vigenti, che lo stesso art. 8, comma 24,
del D.L. n. 16 del 2012, come convertito, si limita a richiamare senza aggiungervi
nulla (si veda l’art. 2, comma 2, del D.L. n. 203 del 2005, come convertito)
”,
cosicché il riferimento della sentenza alla modalità della delega a funzionario
non provvisto della qualifica dirigenziale deve essere interpretato come “
ciò
che si sarebbe potuto fare nelle more dei concorsi, in luogo dell’emanazione di
una norma incostituzionale, ma che invece non si è fatto
”, e giammai come un
illegittimo salvagente al quale oggi l’Agenzia delle Entrate possa aggrapparsi a
difesa degli atti in contestazione di fronte a una chiara pronuncia di
incostituzionalità.
Riguardo poi al fatto che con la sentenza in rassegna la Corte Costituzionale
abbia voluto conferire effetto
ex tunc
all’abrogazione dell’art. 8 comma 24,
Legge 44/2012 in materia di semplificazioni tributarie, si veda come in chiusura
della propria pronunzia la Consulta, applicando l’art. 27 della Legge n. 87/
1953, abbia esplicitamente dichiarato illegittime anche le norme con le quali
venivano disposte proroghe degli incarichi contestati, sulla base del presupposto
che “
le ricordate proroghe di termini fanno corpo con la norma impugnata,
producendo unitamente ad essa effetti lesivi, ed anzi aggravandoli
”.
Sul fatto, ancora, che la pronuncia di incostituzionalità delle norme in base alle
quali i <Direttori provinciali> esercitavano le proprie funzioni dispieghi i propri
effetti, oltre che
ex tunc
, anche
erga omnes
nei procedimenti contenziosi in
corso non possono esservi dubbi, come rilevabile dai seguenti passaggi della
pronuncia resa nell’Adunanza plenaria n. 8 dell’8 aprile 1963 dal Consiglio di
Stato, secondo il quale:
I)
La dichiarazione di illegittimità costituzionale ha
efficacia
ex tunc
, salvo il limite degli effetti irrevocabilmente prodotti dalla
norma incostituzionale (situazioni e rapporti divenuti incontrovertibili per il
maturarsi di termini di prescrizione o di decadenza, o perché definiti con
giudicato, etc.) ed opera
erga omnes
, cioè anche fuori dell’ambito del rapporto
processuale in cui è stato sollevato l’incidente di incostituzionalità, distinguendosi
dalla abrogazione della legge, perché si estende ai fatti anteriori
”;
II)
“l’
annullamento va pronunziato sia se la questione incidentale è stata sollevata
nel corso del giudizio risolvendosi in un motivo di impugnazione dell’atto, sia
se pur essendo stata sollevata non sia stata ancora delibata dal giudice
amministrativo al momento della intervenuta pronunzia della Corte
Costituzionale, non avendo rilievo la circostanza che la fondatezza del dubbio
di costituzionalità sia stata accertata nel corso del medesimo giudizio o nel corso
di altro giudizio
”;
III)
Anche quando la questione di costituzionalità sia stata
sollevata d’ufficio dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale e non sia stata
sollevata né dal ricorrente, né d’ufficio nel giudizio in corso,(...) il Consiglio di
Stato deve pronunziare l’annullamento dell’atto amministrativo in base alla
legge dichiarata incostituzionale
”. In conclusione, seguendo la linea argomentativa
della pronuncia citata
IV)
“…
le norme ordinarie sul procedimento davanti al
Consigliodi Stato, alla streguadelle quali nonpotrebbe pervenirsi all’annullamento
per un motivo non dedotto, o per un motivo in precedenza respinto, vanno intese,
in armonia con le norme costituzionali, di grado superiore nella gerarchia delle
fonti, in base alle quali la questione di illegittimità costituzionale è rilevabile
d’ufficio, le sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale hanno efficacia
erga omnes
ed il giudizio di manifesta infondatezza è di mera delibazione, spettando
il giudizio di merito allaCorte Costituzionale, la forza espansiva della cui sentenza
non può trovare ostacolo nel diverso apprezzamento espresso in precedenza dal
giudice amministrativo
”.
Anche recentemente, sulla base di tali principi, la Corte di Cassazione, con la
sentenza n. 14047/2014, pronunciata nell’udienza del 4-12-2013, ha avuto
modo di chiarire che: “
La dichiarazione di parziale incostituzionalità (che ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale del terzo comma dell’art. 26 del D.P.R.
29 settembre 1973 n. 602 …opera con efficacia
ex tunc
, salvo l’avvenuto
esaurimento del rapporto, e di essa, ove non sussista tale limite, deve tenersi
conto pure in sede di legittimità
”, cosa che, in quella circostanza, la Suprema
Corte fece appunto d’ufficio. Tutto ciò premesso è da ritenersi che, in mancanza
di una specifica delega – la cui esistenza dovrà essere verificata caso per caso –
emessa ai sensi dell’art. 17, comma 1 bis, della Legge 165/2001 (Testo unico sul
Pubblico impiego), che consentisse ai <Direttori provinciali>
pro tempore
di
sottoscrivere gli atti impositivi ancora non inappellabilmente definiti, questi
debbano essere senz’altro annullati in forza della pronuncia resa dalla Consulta
con la sentenza n. 37/2015.
1 3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,...36
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