Il Commercialista Veneto n.221 (SET/OTT 2014) - page 10

10
NUMERO 221 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
Il concordato preventivo
DIRITTO FALLIMENTARE
MARCO ORLANDI
Ordine di Treviso
1. Il concordato preventivo: inquadramento normativo e caratteri procedura
A livello giudiziale esistono due procedure di risanamento che possono consentire
di evitare il fallimento all’impresa, che sono rappresentate dall’accordo di
ristrutturazione dei debiti (art. 182 bis L.F.) e dal concordato preventivo (artt. 160
e ss. L.F.). In queste due procedure si può accedere anche ad una transazione fiscale
con gli Enti erariali e previdenziali, secondo le disposizioni di cui all’art. 182 ter
della L.F., per il pagamento, parziale o anche dilazionato, di tributi e contributi, ad
eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea.
Il concordato preventivo, disciplinato dagli artt. 160 e ss. della L.F., è una procedu-
ra concorsuale che interviene tra l’imprenditore e i propri creditori per estinguere i
propri debiti attraverso la presentazione di un piano concordatario particolareggia-
to, che si estrinseca nella presentazione di un’istanza al Tribunale competente
(ossia del luogo in cui l’impresa ha la sede principale), ai sensi dell’art. 161 L.F.,
corredato da una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e
finanziaria dell’impresa. La proposta di concordato preventivo può pervenire anche
dall’imprenditore in stato di crisi e non necessariamente in stato di insolvenza, ex art.
160, comma 1, L.F., in quanto la riforma legislativa del 2005 ha voluto allargare il
perimetro soggettivo che consente di accedere alla procedura concordataria (che in
precedenza era riservato solo all’imprenditore meritevole), al fine di tutelare in modo
più efficace gli interessi dei creditori (e, di riflesso, anche dell’occupazione, attraverso
il mantenimento dei posti di lavoro), facendo emergere tempestivamente la situazione
di crisi. Il concordato preventivo è, quindi, una procedura piuttosto flessibile che si
sostanzia con una proposta (o piano) di vario e ampio contenuto, redatta ai sensi
dell’art. 161 L.F., proveniente dall’imprenditore, che può essere accettata oppure
respinta dai creditori attraverso una votazione finale (ex art. 177 L.F.).
La domanda di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal
debitore, al Tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale e deve
essere corredata dalla documentazione indicata dall’art. 161, commi 2, 3 e 4, L.F..; tale
domanda deve essere accompagnata, contemporaneamente, da una relazione di un
professionista indipendente, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui
all’art. 67, terzo comma, lett. d), L.F., che certifichi o attesti la veridicità dei dati
aziendali e la fattibilità del medesimo. Analoga relazione deve essere presentata nel
caso di modifiche sostanziali della proposta iniziale o del piano concordatario.
In alternativa, l’art. 161, sesto comma, L.F., prevede la possibilità per l’imprendi-
tore di depositare il cosiddetto concordato “in bianco”, riservandosi cioè di presen-
tare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro
un termine fissato dal giudice compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile,
in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine, in
alternativa e con conservazione sino all’omologazione degli effetti prodotti dal ricor-
so, il debitore può depositare domanda per raggiungere un accordo di ristrutturazione
dei debiti, ai sensi dell’art. 182 bis, primo comma. In mancanza, si applica l’art. 162,
commi secondo e terzo. Dalla data della pubblicazione del ricorso nel Registro delle
Imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preven-
tivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto
pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del
debitore; a partire da questo momento scatta, quindi, il divieto di azioni esecutive
e cautelari, al fine di inibire iniziative tendenti a colpire il patrimonio del debitore
che è posto a garanzia dei creditori.
2. La procedura di concordato preventivo: aspetti di natura fiscale e contabile
Sotto il profilo fiscale la procedura di concordato preventivo non risulta disciplina-
ta da un articolo di legge specifico, a differenza della liquidazione ordinaria, del
fallimento e della liquidazione coatta amministrativa, che sono, invece, assoggettati
agli artt. 182 e 183 del TUIR.
Nel caso di specie, si applicano, quindi, le regole ordinarie di determinazione del
reddito imponibile d’impresa, salvo alcune peculiari eccezioni:
nel concordato con cessione dei beni ai creditori, ex art. 86, comma 5, del
TUIR, infatti, non costituisce realizzo di plusvalenze o minusvalenze la vendita dei
beni medesimi, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento.
L’esclusione in parola si applica anche nel caso di trasferimento a terzi dei beni
ceduti effettuato in esecuzione della proposta di concordato, alla luce di alcune
sentenze della giurisprudenza di legittimità
1
e di quanto indicato dall’Agenzia delle
Entrate nella Risoluzione n. 29/E del 1° marzo 2004. La
ratio
di tale norma è,
infatti, quella di ridurre l’onere fiscale delle operazioni compiute nel corso della
liquidazione concordataria;
la riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato preventivo e di
concordato fallimentare, per effetto della cosiddetta falcidia concordataria, non si
considera sopravvenienza attiva tassabile, ai sensi dell’art. 88, comma 4, del TUIR;
Profili fiscali e contabili
per il creditore le perdite su crediti, ex art. 101, comma 5, del TUIR, sono
deducibili automaticamente se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o
ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’artico-
lo 182 bis legge fallimentare. Tra le procedure concorsuali rientra il concordato
preventivo e, quindi, a partire dal decreto di ammissione alla procedura di concor-
dato preventivo del debitore è possibile per il creditore dedurre la perdita su crediti,
perché è in questo momento che si materializzano gli elementi “certi e precisi” della
irrecuperabilità del credito
2
. In presenza di una di tali procedure, pertanto, opera un
automatismo di deducibilità che prescinde da ogni ulteriore verifica della definitività
e degli elementi certi e precisi richiesti in tutti gli altri casi.
Si ritiene utile porre in evidenza che il principio contabile OIC 12 definisce le
ristrutturazioni aziendali come «operazioni di riassetto aziendale normalmente
originate da condizioni di necessità connesse al superamento di situazioni di diffi-
coltà economica che devono comportare un profondo cambiamento nella struttura
produttiva (cambiamento nei prodotti e nei processi produttivi), commerciale ed
amministrativa a seguito dell’attuazione di un piano di ristrutturazione come conse-
guenza del quale l’attivo aziendale residuato da tale piano viene inserito in un nuovo
ciclo economico e contabile». Gli oneri di ristrutturazione nel caso di specie si classi-
ficano nel Conto economico tra gli oneri straordinari (voce E.21 del Conto economi-
co), così come specificato dal documento OIC 1, serie Interpretazioni. Le eventuali
plusvalenze realizzate, nel caso si tratti di concordato preventivo con cessione dei
beni, alla stessa stregua delle sopravvenienze attive, risultano non imponibili ai fini
IRES ed IRPEF, in base a quanto previsto dall’art. 86, comma 5, del TUIR.
In ultima analisi, si evidenzia che con la
Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 29/
E del 1° marzo 2004
, l’Amministrazione Finanziaria ha affermato che ai fini IRAP,
le plusvalenze realizzate, così come le sopravvenienze attive scaturenti dalla riduzio-
ne dei debiti in sede di concordato preventivo, si possono configurare come proventi
straordinari classificabili nella voce E.20) del Conto economico e, pertanto, esclusi dal
concorso alla formazione del valore della produzione imponibile ai fini IRAP.
Tale interpretazione ministeriale riprende quanto già indicato nella
Circolare Min.
4 giugno 1998, n. 141/E
, la quale ha affermato che nella voce A.5) del Conto
economico rientrano solo «le plusvalenze derivanti dall’alienazione di beni stru-
mentali a seguito della fisiologica sostituzione dei cespiti, conseguente al deperi-
mento economico-tecnico da essi subito nell’esercizio della normale attività pro-
duttiva dell’impresa; non ricorrendo le predette condizioni, la plusvalenza presen-
ta natura straordinaria e deve essere rilevata alla voce E.20) del Conto economico,
con conseguente esclusione dalla base imponibile IRAP».
A libro giornale la sopravvenienza attiva, non imponibile ai fini delle imposte
dirette, derivante dalla riduzione dei debiti originata dall’omologazione da parte del
Tribunale della procedura di concordato preventivo, potrà essere così rilevata (nel
caso, ad es., siano presenti diverse classi di creditori):
Per quanto riguarda, infine, la tassazione ai fini dell’imposta di registro del decreto
di omologa del concordato preventivo, l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione
26 marzo 2012, n. 27, ha definitivamente chiarito che i decreti di omologazione dei
concordati con garanzia, così come quelli con cessione di beni devono essere assog-
gettati ad imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’articolo 8, lettera g) della
Tariffa, parte prima, allegata al T.U.R., che disciplina la tassazione degli atti
“di
omologazione”.
Tale interpretazione ministeriale, che deriva anche da precedenti
orientamenti della giurisprudenza di legittimità
3
, ritiene, pertanto, riconducibile il
decreto di omologa del concordato preventivo con garanzia (nonché del concordato
con cessione dei beni) alla previsione recata dall’articolo 8, lettera g), che dispone
l’applicazione dell’imposta di registro nella misura fissa di 168 euro per gli atti
giudiziari “di omologazione”. Nel caso di concordato preventivo con cessione dei
beni al terzo assuntore trova, però, applicazione l’imposta di registro in misura
proporzionale, in quanto in tal caso il decreto di omologa che dispone la cessione
dei beni al terzo assuntore assume natura traslativa. Resta fermo che tali atti non
devono essere assoggettati all’imposta proporzionale di registro nel caso in cui
abbiano ad oggetto operazioni incluse nell’ambito applicativo dell’IVA, in virtù del
principio di alternatività IVA/Registro, di cui all’art. 40 del T.U.R.
4
.
D i ve rsi 
                  a        D iv e rsi 
… … … .. 
D e b it i v /c lasse cre di to ri A 
D e b iti v /cla sse cr e dit ori B 
D e b iti v /cla sse cr e dit ori C 
      a    D e b iti v/pr oce du ra c onco rda to p
                                                     a     So p ra v ve n ie n za a tt iva 
                                                                     (n o n im p o n ib il e a i fi n i I re s e I ra p
            (C. E . v o ce E . 2 0 ) 
1
Cfr. Cass., Sez. I civ., 4 giugno 1996, n. 5112; Cass., 16 ottobre 2006, n. 22168 e Cass., 21 maggio 2007, n. 11699.
2
Cfr. Cass., 1° giugno 2012, n. 8822 e Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/E del 1° agosto 2013.
3
Cfr. Cass., 7 maggio 2007, n. 10352 e Cass., 7 settembre 2010, n. 19141.
4
In tal senso cfr. anche Circolare Agenzia delle Entrate n. 27/E del 21 giugno 2012, par. 1.2, con riferimento alla registrazione del decreto di omologazione del concordato
fallimentare con intervento del terzo assuntore.
1,2,3,4,5,6,7,8,9 11,12,13,14,15,16,17,18,19,20,...32
Powered by FlippingBook