Page 5 - CV_220

Basic HTML Version

NUMERO 220 - LUGLIO / AGOSTO 2014
5
IL COMMERCIALISTA VENETO
dovranno operare collegialmente, secondo le regole di funzionamento imposte dai
soci, o, in difetto, utilizzando le regole dettate dal codice civile per il consiglio di
amministrazione delle società azionarie
7
.
Il potere attribuito ai soci di dettare delle specifiche regole di funzionamento per il
collegio dei liquidatori è assai ampio e, se ben utilizzato, può senz’altro rivelarsi un
utile strumento per contemperare vari interessi meritevoli di tutela. I soci potran-
no, ad esempio prevedere l’istituzione di un collegio di liquidatori composto da un
numero pari di membri e che, in caso di stallo, le decisioni di liquidazione siano
rimesse all’assemblea. Potranno anche prevedere la possibilità per il collegio di
delegare le proprie funzioni ad uno o più liquidatori, istituendo una sorta di “liqui-
datori delegati”. Ancora, potranno prevedere meccanismi di convocazione, di fun-
zionamento e di voto adattati a specifiche esigenze operative, al fine di consentire,
ad esempio, la nomina di liquidatori residenti all’estero.
Enumerare tutte le possibili personalizzazioni delle regole di funzionamento del
collegio dei liquidatori è ovviamente impossibile, è tuttavia opportuno evidenziare
come tale illimitata facoltà di personalizzazione sia di sicuro interesse per le società
con compagini sociali variegate o che estendono la loro attività in più Stati.
- La nomina dei liquidatori, con indicazione di quelli cui spetta la rappre-
sentanza della società.
Una volta determinato il numero dei liquidatori, i soci devono procedere con la loro
nomina, la quale, se operata in sede di costituzione, ben può avvenire, oltre che con
l’indicazione puntuale dei loro nominativi, anche attraverso l’individuazione di un
criterio che renda determinabili tali soggetti (prevedendo, ad esempio, che i liquida-
tori saranno gli amministratori in carica al momento dello scioglimento), ovvero,
indicando un terzo cui è attribuito il potere di designare i liquidatori (ad esempio, il
presidente di un determinato ordine professionale). Se l’atto costitutivo o lo statu-
to nulla dispongono, la competenza alla nomina dei liquidatori spetta all’assemblea
di liquidazione che dovrà deliberare con le maggioranze previste per le modificazioni
dell’atto costitutivo, ovvero con le diverse maggioranze specificatamente previste
in un’apposita clausola statutaria, che potranno essere sia inferiori che superiori a
quelle ordinariamente previste per le modificazioni dell’atto costitutivo.
Sotto questo profilo deve ritenersi non applicabile per analogia alle s.p.a. il dispo-
sto dell’art. 2369, comma 4. c.c. che non consente di elevare il
quorum
costitutivo
legale dell’assemblea ordinaria di seconda o ulteriore convocazione avente ad ogget-
to la nomina delle cariche sociali. Tale disposizione, infatti, oltre ad essere contrad-
detta dall’art. 2487, comma 1, c.c., il quale prevede espressamente che per la
nomina dei liquidatori si proceda con le maggioranze previste per la modifica del-
l’atto costitutivo, è volta a soddisfare un interesse che non sussiste durante la fase
di liquidazione, ossia quello di evitare possibili cause di impossibilità di funziona-
mento dell’assemblea.
Nelle società attive, infatti, l’impossibilità di addivenire alla nomina delle cariche
sociali determina una causa di scioglimento, non essendo possibile richiedere al
tribunale la designazione degli amministratori in caso di inerzia dei soci; nelle socie-
tà sciolte la liquidazione è già in atto ed è sempre possibile chiedere al tribunale la
designazione dei liquidatori.
In base all’art. 2487, comma 1, lett. b) c.c. i soci sono anche chiamati ad individuare
i liquidatori cui spetta la rappresentanza della società.
Si tratta di un potere che durante la fase di normale operatività delle società è
riconosciuto solo ai soci delle s.p.a., in quanto nelle s.r.l. l’art. 2475 bis
c.c. attri-
buisce a tutti gli amministratori la rappresentanza di diritto della società, preci-
sando che le eventuali limitazioni volute dai soci non sono opponibili ai terzi anche se
pubblicate e anche se questi ne erano a conoscenza, salvo che non abbiano intenzio-
nalmente agito a danno della società.
La regola dell’inopponibilità ai terzi delle limitazioni ai poteri di rappresentanza
attribuiti agli amministratori, prevista anche per le società azionarie dall’art. 2384,
comma 2, c.c., non è riprodotta per i liquidatori, per cui è da ritenere che la stessa
non operi nella fase di liquidazione.
Tale scelta appare coerente con quella di consentire ai soci di imporre dei limiti ai
poteri gestori dei liquidatori. Non sarebbe infatti risultato coerente attribuire ai
liquidatori la rappresentanza generale a fronte di poteri gestori limitati. E’ per tale
motivo che l’art. 2487 bis
,
comma 1, c.c. prevede espressamente che siano
pubblicizzati nel Registro Imprese i poteri dei liquidatori, oltre ai loro nominativi.
- La determinazione dei criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazio-
ne; dei poteri dei liquidatori, con particolare riguardo alla cessione del-
l’azienda sociale, di rami di essa, ovvero anche di singoli beni o diritti, o
blocchi di essi; degli atti necessari per la conservazione del valore dell’im-
presa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, anche di singoli rami, in
funzione del miglior realizzo.
Come già evidenziato, la possibilità per i soci di dettare regole vincolanti per l’organo di
liquidazione su come svolgere la propria attività è da ritenersi assolutamente ecceziona-
le, in quanto contraria al principio inverso vigente durante la fase di normale operatività.
La riforma del diritto societario, infatti, nel tentativo di superare le ambiguità previgenti
sull’esercizio dei poteri gestori e sull’assunzione delle conseguenti responsabilità, ha
riservato all’organo amministrativo tutti i poteri di amministrazione, inibendo ai soci di
assumere direttamente decisioni di amministrazione vincolanti per gli amministratori.
I soci di s.p.a., se previsto dallo statuto, possono solo autorizzare determinati atti
(art. 2364, comma 1, n.5), mentre quelli di s.r.l. possono assumere direttamente una
decisione di amministrazione ma non possono obbligare gli amministratori ad ese-
guirla, posto che questi ultimi sono responsabili, ai sensi dell’art. 2476, comma 7,
c.c., anche per il compimento di atti gestori decisi dai soci.
Nella fase di liquidazione il principio del divieto di ingerenza dei soci negli atti di
amministrazione è assente. L’art. 2487, comma 1, lett. c) consente infatti ai mede-
simi di riservarsi determinate decisioni, come anche di imporre ai liquidatori direttive
vincolanti. Tale scelta appare coerente con la nuova possibilità, introdotta dalla
riforma, di gestire provvisoriamente l’impresa durante la fase di liquidazione al fine
di garantirne la conservazione, eliminando dal codice civile il previgente divieto di
compimento di nuove operazioni
8
. In sostanza, il legislatore della novella, consape-
vole che il divieto di compiere nuove operazioni (previsto nel previgente art. 2499
c.c.) era troppo stringente, in quanto potenzialmente idoneo a compromettere il
valore dell’avviamento nelle more della liquidazione dell’azienda, lo ha abolito,
consentendo la prosecuzione dell’attività sociale da parte dei liquidatori, con la
conseguente facoltà per i medesimi di assumere nuove obbligazioni e di compiere
atti “non liquidatori”, purché finalizzati alla conservazione del valore dell’azienda
9
.
La prosecuzione dell’attività d’impresa durante la fase di liquidazione, per quanto
definita dal codice “provvisoria”, integra comunque l’esercizio di una vera e pro-
pria attività economica idonea a produrre utili o perdite ulteriori rispetto a quelli già
conseguiti alla data dello scioglimento. Ecco perché è stato consentito all’assemblea
di liquidazione di dettare un “programma di liquidazione” e di limitare e definire a
proprio piacimento i poteri dei liquidatori. Tale competenza eccezionale dell’as-
semblea consente ai soci di esercitare un reale controllo sulla gestione provvisoria
dell’impresa, garantendo la soddisfazione del loro interesse alla liquidazione ai
massimi valori possibili
10
. La circostanza che non sia previsto un limite temporale
all’esercizio provvisorio dell’impresa, il quale, in ipotesi estreme, potrebbe durare
anche diversi esercizi, ha anche generato la necessità di attribuire ai soci un potere
di effettiva ingerenza nell’attività di liquidazione che sia esercitabile in qualunque
momento. E’ per tale motivo che l’art. 2487, penultimo comma, c.c. consente ai
soci di modificare a loro piacimento, con delibere assembleari successive, il “pro-
gramma di liquidazione” originariamente deliberato.
Il codice non definisce in alcun modo le modalità di gestione provvisoria dell’impre-
sa, essendo dunque possibili tutte le forme ipotizzabili, dalla gestione diretta a
quella in affitto, sia dell’intera azienda che di singoli rami. E’ anche possibile con-
trarre nuovi finanziamenti finalizzati o meno al compimento di operazioni in esse-
re. Enumerare tutte le possibili opzioni a disposizione dei soci nel dettare il “pro-
gramma di liquidazione” è impossibile, potendo lo stesso avere il contenuto più
vario. L’unico limite posto dall’ordinamento è che il programma deve comunque
essere finalizzato alla estinzione della società. Il potere conferito ai soci dall’art.
2487 c.c. potrebbe anche non essere esercitato in concreto, limitandosi i medesimi
alla designazione dei liquidatori senz’altro aggiungere. In tal caso ai liquidatori
spetta il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società ai sensi
dell’art 2489, comma 1, c.c.
11
.
2. La disciplina statutaria della fase di liquidazione in funzione
di prevenzione o superamento dei dissidi tra soci
Ripercorsi i principi codicistici che governano la fase di liquidazione, risulta ora
evidente come l’adozione di una determinata disciplina statutaria di tale fase, o la sua
mancata adozione, siano in grado di incidere su alcune delle potenziali cause di dissidio
tra soci, limitandole o, addirittura, risolvendole. I possibili interventi sullo statuto in
grado di incidere sui dissidi tra soci, o tra soci e amministratori, sono i seguenti:
2.a) Introduzione di cause di scioglimento convenzionali
Non è possibile andare d’accordo “per contratto”.
Sulla base di questo semplice assunto vengono spesso adottati degli statuti che
contengono una disciplina del rapporto sociale in grado di garantire a determinati
soci, o a loro maggioranze, di prevalere su altri, potendo così la società essere
governata senza che sia necessaria la condivisione tra tutti i soci delle scelte gestionali,
dunque anche in assenza di armonia interna.
Dopo la riforma del diritto societario sono numerosissimi gli strumenti che il codice
offre ai soci per garantire statutariamente solo ad alcuni di essi la signoria assoluta
7
Per l’opinione contraria vedi Frè,
Commentario Scialoja-Branca
, Bologna, V, 833; Di Sabato,
Diritto delle società
, Milano, 2003; Fimmanò,
Scioglimento e liquidazione delle
società di capitali
, Milano, 2011, 162; Parrella,
Comm Sandulli-Santoro
, III, 258.
8
Nella relazione al D. Lgs. 6/2003 si precisa che “si è ritenuto di porre una limitazione non basata sul concetto ambiguo di “nuova operazione”, ma sulla strumentalità, o meno,
alla conservazione dell’impresa sociale”.
9
Cfr. Nicolini,
La liquidazione volontaria delle società tra passato e presente
, in Giur. Comm., 2010, 517 ss; Sarale,
Scioglimento e liquidazione delle società di capitali
, in Il
nuovo diritto societario nella dottrina e nella giurisprudenza, Bologna, 2009, 1212.
10
Secondo Ferri jr.,
La gestione di società in liquidazione
, in Riv. Dir. Comm., 2003, I, 422, “la gestione della società in liquidazione è svolta, non meno che nella fase attiva,
nell’interesse esclusivo dei soci” e tuttavia, “è normalmente subordinata alla soddisfazione di quello dei creditori sociali”.
11
In tal senso, Niccolini, sub art. 2486, in Niccolini-Stagno d’Alcantares,
Società di capitali – Commentario, III
, Napoli, 2004, 1746; Fimmanò,
Scioglimento e liquidazione
delle società di capitali
, Milano, 2011, 194; Santus - De Marchi,
Scioglimento e liquidazione delle società di capitali nella riforma del diritto societario
, in Riv. Not., 2003, 3,
624; Caccavale, Magliulo, Tassinari,
Scioglimento e liquidazione
, in Caccavale–Magliulo–Tassinari, La riforma delle società a responsabilità limitata, Milano, 2003, 512.
La disciplina statutaria
della fase di scioglimento
SEGUE DA PAGINA 4
SEGUE A PAGINA 6