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NUMERO 220 - LUGLIO / AGOSTO 2014
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IL COMMERCIALISTA VENETO
è innalzato al 4,5% delle attività ponderate per il rischio, al netto degli
aggiustamenti; tale requisito, incrementato del buffer sopra citato, diventa
pari a 7%.
In tema di liquidità si segnala anche l’introduzione di un insieme comune di
strumenti di monitoraggio per assistere le autorità di vigilanza
nell’individuazione e nell’analisi del rischio di liquidità a livello sia di sin-
gola banca che di sistema.
Si riporta brevemente di seguito la definizione dei principali indicatori coin-
volti dalle nuove disposizioni:
-
l’indice di leva finanziaria (o anche
leverage ratio
) di Basilea 3 è
definito come rapporto fra misura del patrimonio (numeratore) e misura
dell’esposizione (denominatore), ed è espresso in termini percentuali; rap-
presenta una novità del nuovo
framework
rispetto la precedente versione
della normativa di vigilanza; la misura del patrimonio è la misura del patri-
monio di base applicabile in quello stesso momento ai fini dello schema
basato sul rischio (Tier 1); la misura dell’esposizione rappresenta le poste
dell’attivo di bilancio a cui vanno sommate anche le voci fuori bilancio. Il
Comitato ha previsto una sperimentazione con un requisito minimo del 3%
durante il periodo dal 1° gennaio 2013 al 1° gennaio 2017;
-
il
common equity ratio
o anche
common
equity Tier1 ratio (CET1)
,
grazie all’introduzione delle nuove disposizioni, è destinato a diventare il
parametro patrimoniale più utilizzato per valutare la solidità di un istituto
bancario e per compiere dei confronti tra istituti a livello globale; è dato dal
rapporto tra l’aggregato
common equity
(azioni ordinarie, riserve da
sovrapprezzo, riserve da valutazione e riserve di utili non distribuiti) e le
attività ponderate per il rischio;
-
l’indicatore
liquidity coverage ratio
(LCR)
è costruito nella se-
guente maniera: il numeratore è costituito dallo “stock di HQLA” (
high
quality liquid assets
- attività liquide di elevata qualità); in base al requisi-
to, le banche devono detenere HQLA non vincolate in quantità tale da
coprire il totale dei deflussi di cassa netti (come definiti successivamente)
per un periodo di 30 giorni nello scenario di stress prescritto. Per essere
classificate come “HQLA”, le attività devono essere facilmente liquidabili
sui mercati anche in periodi di tensione e, idealmente, stanziabili presso
una banca centrale; le attività sono considerate liquide e di elevata qualità
se possono essere convertite in contanti in modo facile e immediato con
una perdita di valore modesta o nulla. Il denominatore “totale dei deflussi
di cassa netti” è definito come totale dei deflussi di cassa attesi al netto del
totale degli afflussi di cassa attesi nell’arco dei 30 giorni di calendario
successivi nello scenario di stress specificato. Nello specifico, l’LCR verrà
introdotto come previsto il 1° gennaio 2015, ma il requisito minimo sarà
fissato inizialmente al 60% e innalzato gradualmente ogni anno in misura
uguale fino a raggiungere il 100% il 1° gennaio 2019.
Si rappresenta qui sotto per migliore chiarezza una tabella contenente il
timing temporale dei nuovi limiti e adempimenti.
L’introduzione appena conclusa ha permesso di delineare i tratti fonda-
mentali della nuova regolamentazione, focalizzando l’attenzione sui requi-
siti quantitativi che saranno richiesti agli istituti bancari a livello globale.
Diventa a questo punto cruciale interrogarsi sulle eventuali conseguenze
ipotizzabili sui bilanci delle banche, con particolare riguardo agli istituti di
minore dimensione caratterizzati da conti economici meno robusti e meno
capaci di assorbire nel breve termine le conseguenze in termini di redditività
dei nuovi adempimenti sul capitale e sui requisiti di liquidità. È abbastanza
intuitivo che una modifica così sostanziale dei requisiti e della composizio-
ne del patrimonio di vigilanza possa avere un impatto potenzialmente rile-
vante sulla redditività delle banche, in mancanza di modifiche strutturali
del mercato di riferimento o in assenza di fonti di ricavo alternative e non ad
alto impiego di capitale.
Gli istituti bancari di minore dimensione del nostro Paese (si cita il caso
delle Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali ed Artigiane, Banche
Popolari) che non sono stati interessati negli ultimi anni da processi di
aggregazione presentano inevitabilmente delle caratteristiche intrinseche
particolari con riguardo alla loro attività e alla composizione dei loro conti
economici e della loro struttura di fonti e impieghi.
Si citano a titolo di esempio alcune caratteristiche riscontrabili:
- margini di interesse in progressiva contrazione; il fenomeno deriva sia da
pressioni a ribasso sui tassi di interesse attivi (per la necessità di fronteg-
giare la concorrenze con gli istituti di maggiori dimensioni o trattenere
presso di sé clienti buoni pagatori) che da pressioni a rialzo sul costo della
raccolta (legate alla crescente offerta a famiglie e imprese di strumenti di
deposito da parte del mondo finanziario, alla crisi di liquidità che ha minato
la fiducia nel sistema bancario e all’incremento di rischiosità interna del-
l’istituto, fenomeni tutti che impongono un costo delle fonti più elevato);
- margini di interesse talvolta non sufficienti a coprire nemmeno i costi
operativi della struttura (costo del personale e vari costi amministrativi);
- dimensioni inferiori delle imprese clienti affidate e conseguente inferiore
rendimento di talune operazioni di credito portate a termine;
- costo del rischio, espresso dalle rettifiche di valore dei crediti, che in
presenza di una crisi perdurante si mantiene elevato e costante presenza
significativa tra le voci di conto economico;
- le banche di minori dimensioni - meno vincolate al rapporto tra rischiosità
degli impieghi e patrimonio imposto dagli accordi di Basilea alle banche
maggiori - hanno assunto di fatto, durante la crisi, due posizioni; alcune
hanno assunto quasi un ruolo di ammortizzatore aziendale continuando a
sostenere quelle PMI, ancora fondamentalmente sane, ma sotto forte pres-
sione a causa della situazione generale; altre, al contrario, hanno cercato di
sfruttare la grande domanda di credito ed i vincoli imposti alle banche
maggiori, per praticare un credito disinvolto concesso oltre ogni limite di
prudenza; la conseguenza è stata un’ondata di credito deteriorato che
continua a determinare impatti nei conti economici attraverso il meccani-
smo delle svalutazioni e delle perdite su crediti;
- necessità di gestire internamente e con meno risorse di quelle a disposi-
zione dei gruppi bancari (e minore esperienza) le masse di credito deteriora-
to e i portafogli di beni (si pensi ad esempio ai beni immobili) escussi
Basilea 3 e le nuove regole
Basilea 3 ‐ Fasi di applicazione (tutte le fasi decorrono dal 1° gennaio)
Fasi
2013
2014 2015 2016 2017
2018
2019
Leverage ratio
Common equity ratio
3,5%
4,0%
4,5%
Buffer di conservazione del capitale
0,625% 1,25% 1,875%
2,5%
Common equity + buffer 
3,5%
4,0% 4,5% 5,125% 5,75% 6,375%
7,0%
Tier 1 ratio
4,5%
5,5%
6,0%
Total capital ratio
8,0%
Total capital ratio + buffer
8,625% 9,25% 9,875%
10,5%
Liquidity coverage ratio
60%
70%
80%
90%
100%
Net stable funding ratio
Introduzione  requisito minimo
8,0%
Capitale
Liquidità
Sperimentazi one 1° genn 2013 ‐ 1° genn 2017 ‐ i nforma ti va 
da 1° genn 2015
4,5%
6,0%
8,0%
Fonte: Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria
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