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NUMERO 220 - LUGLIO / AGOSTO 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
attraverso le garanzie;
- portafogli con attivi di negoziazione di fatto più contenuti emeno diversificati
rispetto alle banche di maggiore dimensione, con minori possibilità di trarre
vantaggio nel conto economico dall’attività finanziaria in senso stretto;
- eccessiva rigidità dei costi operativi e difficoltà a ridurre i costi di gestione
(obiettivo invece perseguito dagli istituti che hanno optato per aggregazioni
e operazioni straordinarie di accorpamento);
- struttura delle fonti di finanziamento meno diversificate rispetto alle banche
di maggiori dimensione e conseguente maggior esposizione al rischio sul
lato della raccolta (propensione ad accettare costi della raccolta più elevati in
conseguenza di una maggiore dipendenza da un soggetto finanziatore; ne-
cessità di costruire dei presidi più attenti sul rischio di liquidità);
- sistemi di governance ancorati a vecchie logiche territoriali, poco efficaci
e poco reattivi nel cogliere esigenze di rinnovamento dei profili di business
e di realizzazione di nuove strategie.
In un contesto di questo tipo, questo tipo di istituti, alla pari degli altri e
nonostante l’adozione di sistemi di rating standardizzati e non evoluti come
quelli delle banche di maggiori dimensione, sono ancora una volta chiamati
in causa per adeguare gli indicatori e gli aggregati ai nuovi limiti imposti.
Con riguardo ai requisiti di capitale (riduzione leva finanziaria, introduzione
buffer
, incremento
common equity ratio
, incremento
total capital ratio
), le
fonti di reperimento del capitale alle quali le banche potranno ricorrere nel
caso in cui emerga l’esigenza di aumentare la dotazione patrimoniale a
fronte degli assorbimento generati dall’operatività sono ad esempio:
* fonti ordinarie (destinazione degli utili a riserve, aumento di capitale
mediante sottoscrizione di nuove quote da parte dei soci attuali o mediante
sottoscrizione di quote da parte di nuovi soci)
* fonti straoardinarie (variazione delle politiche sui dividendi, emis-
sione di prestiti subordinati o altri strumenti ibridi di patrimonializzazione
ammissibili a essere compresi nel Patrimonio di Vigilanza Supplementare).
In alternativa, al fine di ottenere risultati positivi in termini di incremento
dei ratios, le banche dovranno mirare al contenimento del denominatore
degli indicatori di rischio (attività ponderate per il rischio) riducendo il
volume di credito erogato o destinando i volumi di credito incrementale e
clienti meritevoli e meno rischiosi; tale opzione – secondo entrambe le
declinazioni citate - si tradurrebbe in una riduzione del volume delle attività
ponderate per il rischio (la riduzione del denominatore porterebbe comun-
que i ratios ad aumentare).
Le conseguenze – alternative – sono configurabili come segue:
-
incremento del costo della raccolta (sostituzione di raccolta meno
onerosa con fonti di capitale di rischio e con eventuale debito subordinato,
il più oneroso per definizione) e conseguente necessità di incrementare il
pricing
sul credito;
-
riduzione dei volumi di attività e conseguente riduzione dei margini
economici;
-
sostituzione di clientela non affidabile con clientela meritevole e
quindi miglioramento della redditività di medio termine: in un contesto di
crisi perdurante diventa la strada ambita da tutti, ma più faticosamente
percorribile.
D
a un’analisi condotta sui bilanci di un campione di banche di pic-
cole dimensioni risulta in realtà che molte di queste presentano
requisiti patrimoniali già allineati con i requisiti richiesti. Tali
risultanze confermano dunque che per numerose banche i costi legati al
rinforzamento patrimoniale, a parità di altre condizioni, potrebbero risultare
residuali. Citiamo di seguito alcuni esempi:
Gli indicatori citati si pongono tutti sopra i minimi regolamentari, non solo
con riguardo all’esercizio 2014, ma anche con riguardo ai livelli previsti
lungo tutto il periodo di transizione.
La gestione del rischio di liquidità e l’applicazione dei nuovi requisiti di
vigilanza necessiterà invece di una maggior sofisticazione nelle metodologie
di gestione del rischio di liquidità e una loro maggior integrazione con altre
importanti attività bancarie come la pianificazione strategica, il
funding
e la
misurazione delle performance.
Per la maggioranza degli istituti bancari, i requisiti di LCR e NSFR introdu-
cono un notevole elemento di complessità sul fronte operativo-gestionale,
dove il calcolo e monitoraggio dei ratios con frequenza giornaliera (in par-
ticolare per LCR) rappresenta la principale sfida da dover affrontare.
Per l’adeguamento dei requisiti quantitativi di liquidità si cita la necessità
degli istituti di ridefinire il portafoglio di attività in modo da detenere uno
stock di attività liquide di elevata qualità sufficiente a soddisfare i nuovi
limiti imposti. Tale processo costituirà un passaggio critico, soprattutto
per le piccole banche, in quanto impone di incrementare il volume di attivi
prontamente liquidabili e di conseguenza poco fruttiferi, con impatti nega-
tivi ancora una volta sulla redditività degli istituti.
Ancora una volta la lente di ingrandimento sarà posta sulla capacità delle
piccole banche di fronteggiare la sfida per riuscire a costruire un delicato
equilibrio tra esigenze di ulteriore rinforzamento, esigenze di monitoraggio
costante della liquidità, caratteristiche di pronta realizzabilità degli attivi
finanziari da un lato e necessità di garantire segni positivi ai conti economi-
ci, soprattutto con riguardo alla gestione caratteristica, dall’altro lato. Si
profila una sfida da affrontare mediante schemi di gestione delle banche
minori sostanzialmente diversi dal passato, con scelte coraggiose da com-
piere inmateria di innovazione, governo societario e attenzione ai fabbisogni
della clientela, con maggiori complessità che aumenteranno le responsabi-
lità degli organi aziendali nell’assunzioni dei rischi tipici della banca, richie-
dendo il cambiamento del sottostante modello industriale. Nel nuovo con-
testo, qui appena abbozzato, un ruolo essenziale, a vantaggio delle banche
minori, sarà probabilmente giocato soprattutto dagli
outsourcers
organiz-
zati come network di servizi (oltre che informatici, di consulenza, di forma-
zione, di gestione di portafogli finanziari, di
internal audit
e di
compliance
,
di pagamento), cui esternalizzare la macchina operativa, con modalità sem-
pre più estese. Questi operatori avranno probabilmente un ruolo di rilievo
per il rinnovamento del modello imprenditoriale locale rispetto a come lo
abbiamo conosciuto fino ad oggi, non senza ricordare che determinazione
e coraggio sono ingredienti indispensabili per qualsiasi cambiamento, in
specie quando incombono gli esiti di una crisi come quella che stiamo
attraversando.
Cassa di Risparmio del FriuliVeneziaGiulia (122 filiali)
TIER 1 RATIO (31.12.2013) = 15,2%
Cassa di Risparmio di Ravenna (88 filiali)
COMMON EQUITY RATIO (31.12.2013) = 11,12%
Banca Popolare di Cividale (75 filiali)
COMMON EQUITY RATIO (30.06.2014) =10,12%
Banca IFIS (29 filiali)
COMMON EQUITY RATIO (31.03.2014) = 14,97%
Bcc Staranzano eVillesse (19 filiali)
TIER 1 RATIO (31.12.2013) = 22,32 %
Basilea 3 e le nuove regole
SEGUE DA PAGINA 27
PREMI PER I GIOVANIAUTORI
Anche per l’anno 2014 saranno premiati i tre migliori
giovani autori di articoli pubblicati sul nostro giornale.
I premi consistono nell’iscrizione gratuita ad un per-
corso formativo proposto da enti collegati all’Associa-
zione, e saranno riservati agli autori di età anagrafica
non superiore a 35 anni. Essi saranno assegnati sulla
base dei giudizi espressi dai componenti del Comitato
di redazione de “Il Commercialista Veneto”.
Collaborate con il giornale, e prendete contatto con il
redattore del Vostro Ordine per qualsiasi eventuale in-
formazione.