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NUMERO 220 - LUGLIO / AGOSTO 2014
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IL COMMERCIALISTA VENETO
l’inizio della prestazione), il committente è tenuto
ad effettuare la comunicazione di inizio presta-
zione, attraverso i canali indicati nelle schede re-
lative alle varie modalità di acquisto, consultabili
sul sito INPS.Il mancato rispetto di tali limiti po-
trà portare gli organi verificatori ad una
riqualificazione del rapporto nell’ambito delle pre-
stazione di lavoro autonomo o subordinato con
le ovvie conseguenze sanzionatorie.
Sportivi dilettanti
Un figura che si pone a metà strada tra quella del
“volontario” e quella del “lavoratore retribuito”
è rappresentata dal c.d. “sportivo dilettante”: in-
fatti, per tale figura la legge prevede la possibilità
di corrispondere degli emolumenti, fiscalmente
neutrali fino ad una certa soglia, non tanto quale
corrispettivo per l’attività svolta bensì a “titolo
di indennizzo” per le spese sostenute e non do-
cumentate, per i viaggi compiuti nell’esercizio
della propria funzione, come premi per particolari
risultati sportivi raggiunti nonché per l’impegno
dedicato. L’art. 67, comma 1, lett. m), TUIR, pre-
vede la possibilità di erogare a coloro che “nel-
l’esercizio diretto di attività sportive dilettanti-
stiche” prestino un’attività sportiva nell’ambito
del CONI, delle Federazioni sportive nazionali,
dell’Unione Nazionale per l’incremento delle Raz-
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ze Equine, degli enti di promozione sportiva non-
ché presso qualsiasi altro organismo sportivo
che da essi sia riconosciuto delle somme, appun-
to, a titolo di “indennità di trasferta, rimborsi
forfettari di spesa, premi e compensi”.
Inoltre, si precisa che nell’alveo delle “attività
sportive dilettantistiche” devono essere incluse
anche le attività di formazione, didattica, prepa-
razione ed assistenza all’attività sportiva dilet-
tantistica, facendovi quindi rientrare appieno la
figura dell’istruttore/tecnico sportivo, a prescin-
dere dalla partecipazione o meno a manifestazio-
ni sportive.
Tale tipologia di emolumenti, viene estesa dalla
norma anche al di fuori del mondo sportivo, e più
precisamente a favore dei direttori artistici e dei
collaboratori tecnici nell’ambito di prestazioni di
natura non professionale a favore di cori, bande
musicali e filo-drammatiche che perseguono fi-
nalità dilettantistiche.
Tutto ciò premesso occorre sottolineare come,
per la corretta instaurazione di tale rapporto di
collaborazione (non professionale) è necessario
focalizzare lo sguardo sul dettato dell’art. 67,
comma 1, TUIR, ove viene precisato che tali in-
troiti (indennità di trasferta, i rimborsi forfettari di
spesa, i premi ed i compensi da attività sportiva
dilettantistica) configurano “redditi diversi” in
capo al percipiente esclusivamente se non costi-
tuiscono redditi di capitale ovvero se non sono
Il lavoro non professionale degli enti senza scopo di lucro
conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di
imprese commerciali o da società in nome collet-
tivo e in accomandita semplice, né in relazione
alla qualità di lavoratore dipendente.
Pertanto, qualora vengano rispettati i presuppo-
sti di cui sopra, tali somme, fiscalmente neutrali
per i percipienti fino a 7.500 euro annui, saranno
erogate agli stessi al netto di una ritenuta a titolo
d’imposta del 23% applicata alla parte eccedente
tale limite e fino all’ammontare di 28.158,28 euro,
scontando poi una ritenuta a titolo di acconto
sui compensi ulteriori (sopra gli euro 7.500 sa-
ranno dovute anche le addizionali regionali e
comunali, se istituite).
Considerato il trattamento fiscale di favore riser-
vato dalla norma fiscale allo strumento del “com-
penso sportivo dilettantistico” nonché la com-
pleta esenzione dalla contribuzione, sia
previdenziale che assistenziale, spesso gli enti
sportivi dilettantistici ne estremizzano l’utilizzo,
in particolar modo quando viene adottato per
remunerare soggetti che sono in tutto e per tutto
professionisti, mancando la “vocazione dilettan-
tistica” propria della fattispecie. Pertanto, si con-
siglia, in caso di prestazioni sporadiche e non
professionali, di rivalutare gli strumenti del lavo-
ro occasionale, sia esso svolto in forma autono-
ma che accessoria, evitando di abusare troppo
dei compensi ex. art. 67, comma 1, lett. m), TUIR.
Q
uando, ai tempi del liceo, ci si dedicava allo studio di Aristotele
(il più delle volte, va riconosciuto, con la mente rivolta altro-
ve…), ben difficilmente si sarebbe potuto prevedere che un gior-
no tali fatiche sarebbero servite per un ricorso tributario. Eppu-
re… La vicenda (quella tributaria) inizia con una verifica effettuata a
fine 2008 dalla Guardia di Finanza, la quale, avendo riscontrato che per
l’anno oggetto di controllo, e cioè il 2007, la società veri-
ficata contabilizzava merci in magazzino senza però di-
sporre di un contratto di locazione per i relativi locali e
senza neppure averlo iscritto presso la C.C.I.A.A., ben
pensava di applicare la presunzione ex art. 1 c. 1 del
D.P.R. n. 441/1997, a tenore del quale: “Si presumono
ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che
non si
trovano
nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie
operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. Tra tali
luoghi rientrano anche le sedi secondarie, filiali, suc-
cursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi ed i
mezzi di trasporto nella disponibilità dell’impresa”. Sulla
base di ciò l’Agenzia delle Entrate emetteva un pedissequo
avviso di accertamento.
Fin dalla fase del tentativo di adesione la società, per
mezzo del proprio consulente, tentava di far comprende-
re l’assurdità di una tale posizione, in quanto dalla sem-
plice analisi logico - grammaticale della norma applicata
(ove, non a caso, viene utilizzato il modo indicativo al tempo presente!)
emerge inequivocabilmente che il presupposto della presunzione legale
di cessione risiede nella circostanza che i beni risultino mancanti
al
momento della verifica della Gdf e nel luogo ove essa avviene
. Momento e
luogo nei quali i verificatori sono tenuti ad attestare tale mancanza per
esperienza diretta, di ciò dando testimonianza in un verbale con i crismi
previsti per l’atto pubblico dall’art. 2699 c. 1 del c.c. e dal successivo art.
2700. Dal che conseguiva, altrettanto inequivocabilmente, come la pre-
sunzione avanzata dai militari verbalizzanti con il PVC alla base dell’ac-
certamento fosse del tutto priva del requisito legale di cui al
summenzionato art. 1 c.1 del D.P.R. n. 441/1997. In altre parole, al più il
verbale in questione poteva dare atto della mancanza di contratti scritti di
locazione per le unità locali ovvero della loro registrazione, non certo di
presunte ed indimostrate vendite “in nero”.
Malgrado ciò, l’Agenzia delle Entrate riteneva di procedere comunque,
cosicché si perveniva al giudizio di fronte alla C.T.P. di Gorizia. E pro-
prio in questa sede, al difensore tornavano in mente gli antichi studi che
lo portavano, per meglio far comprendere il proprio ragionamento, a
rispolverare le unità così come definite nell’opera della Poetica
aristotelica, sostenendo nelle proprie difese che: “la presunzione ex art.
1 D.P.R. n. 441/1997 è applicabile solo se emergente da un confronto fatto
dai militari verificatori in un contesto caratterizzato da
unità di tempo,
di luogo e d’azione
. In altre parole, rappresenta un vero e proprio para-
dosso spazio-temporale ritenere che i finanzieri abbiano
potuto raffrontare
fisicamente
le giacenze esistenti alla
data del 31/12/2007 nel magazzino situato a (...), Via Papa
Giovanni n. 23, con
le quantità dei beni effettivamente gia-
centi nei luoghi ove il contribuente svolge(va) le proprie
operazioni, comprese le dipendenze
, e cioè in (...), Via Ce-
sare Battisti n.6, alla data di inizio del loro intervento,
avvenuto in data 22-7-2008 giusto P.V.C. dd. 29-11-2008”.
E
bbene, l’eccezione si rivelava fondata, motivando
la C.T.P. di Gorizia con la sent. n. 2/01/14 del 30-
10-2014, dep. l’8-1-2014, in accoglimento del ri-
corso, che: “La norma dispone che si presumono ceduti i
beni (acquistati, importati o prodotti) che non si trovano
nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie opera-
zioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. ” “La presun-
zione – prosegue la sentenza – sembra collegarsi ad una
constatazione attuale del non ritrovamento dei beni, mentre nel caso in
esame i militari della Guardia di Finanza hanno dedotto l’assenza delle
giacenze con riferimento ad un periodo anteriore al tempo della verifi-
ca. Inoltre – osserva ancora il relatore – la verifica della non esistenza
dei beni non è conseguenza della ricerca infruttuosa di questi, ma solo
della apparente indisponibilità di un locale magazzino nell’anno 2007
da parte della società. Tale disponibilità è stata a sua volta dedotta dalla
mancanza di un contratto di locazione dell’immobile, pur di fronte alla
dichiarazione (avvalorata dalla documentazione aziendale: fatture, d.d.t.,
ecc., esibita in giudizio dalla difesa. N.d.r.) dell’allora amministratore
che indicava come magazzino un’unità locale in (…). Pertanto – è la
conclusione dei giudici – il risultato dell’accertamento è il frutto di un
complesso deduttivo che travalica i caratteri della presunzione posta
dall’art. 1 D.P.R. n. 441/97”.
Come si vede, un occasione in più per ringraziare i nostri genitori di
averci mille volte ripetuto le seguenti parole: “smettila di guardare
fuori dalla finestra e comincia a studiare!”
ARISTOTELE E LE PRESUNZIONI
CLAUDIO POLVERINO
Ordine di Gorizia