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NUMERO 219 - MAGGIO / GIUGNO 2014
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GERMANO ROSSI
Ordine di Treviso
IL COMMERCIALISTA VENETO
L'INTERVISTA / Cesare De Stefani
Lo strano caso dell'osteria senza oste
N
el bel mezzo
delle colline di
Valdobbiadene, sul crinale di
un'ariosa vallata sovrastata dal
morbido profilo di Col Vetoraz
e adornata da un susseguirsi di filari di
viti che ricoprono con spettacolare ar-
monia ogni singolo lembo di terra fin sul-
le pendici più impervie, al culmine di un
breve sentiero sufficiente per allontanar-
si rapidamente dai ritmi frenetici della
quotidianità, si annida un vecchio casola-
re di pietra chiara, sobriamente accostato su un fianco della collina, che sembra
quasi mimetizzarsi con il paesaggio circostante. Al piano terra, a fianco di una
piccola stalla utilizzata per il ricovero di alcuni animali da cortile, vi è quello che un
tempo doveva essere lo spazio vitale di una famiglia di contadini, un ambiente di
una dozzina di metri quadrati, con un bel focolare fumante ed un secchiaio rettan-
golare scavato nel sasso. Vicino al camino, una tendina di cotone consunto protegge
dalla polvere piatti, posate e bicchieri, appoggiati su alcune mensole ricavate in una
nicchia della parete. In un angolo, un piccolo frigorifero con almeno quarant’anni di
onorato servizio conserva acqua fresca e Prosecco. Sul lato opposto, una mini
dispensa con soppresse e formaggi sottovuoto, pane e grissini.
Ogni cosa riporta appiccicata un’etichetta, che ne indica il valore.
Su un tavolino a fianco dell’uscio un libro per raccogliere i saluti e le sensazioni degli
ospiti, ed una cassettina per le offerte: nessun obbligo, nessun controllo, nessuno
scontrino. È l’Osteria senza Oste, così battezzata dagli amici di chi l’ha pensata e
voluta, Cesare De Stefani, salumiere da generazioni a Guia di Valdobbiadene, una
vita ad insaccar budelli ed a selezionare le carni migliori, cercando di sperimentare
idee che consentissero ai suoi prodotti di superare i confini delle sue vallate. Lo
abbiamo incontrato un sabato mattina, intento ad aiutare il padre nell’approntamento
dello spiedo per i suoi clienti, nella terrazza antistante la sua macelleria: “È una
tradizione, i nostri clienti sono tutti amici, si mette un po’ di carne ad arrostire con
calma, si beve un bicchiere in compagnia, e la vita è più bella”
D. Signor De Stefani, come è nata l’idea dell’Osteria senza Oste?
R. Mia moglie ed io abbiamo acquistato questo casolare anni fa, e un po’ alla volta
abbiamo cercato di renderlo fruibile, rispettandone le origini e l’umile storia che esso
racconta. In breve è diventato un luogo ove ritrovarsi con gli amici, per stare insieme
in semplicità, avvolti dalle nostre rilassanti colline. Poi, come in tutte le famiglie, i figli
hanno cominciato a chiedere i loro spazi, e così - con intento educativo - abbiamo
pensato all’idea del salvadanaio: “potete usare liberamente il casolare con i vostri
amici, ma a condizione che poi rimettiate tutto in ordine, e che inseriate nel salvadanaio
il necessario per riacquistare quanto prelevate dal frigorifero e dalla dispensa”.
D. Dai figli agli amici, dagli amici agli sconosciuti...
R. Esatto. Ci siamo rapidamente resi conto che quel posto era di tutti, e che il messaggio
di fiducia che esso portava con sé era talmente universale da non poter essere circoscrit-
to. Evidentemente esiste un bisogno generalizzato di ritrovare valori che sono propri
delle nostre Terre, che fanno parte delle nostre Radici. Amicizia, Solidarietà, Amore per
la Natura e per le cose semplici, Fiducia nel prossimo, Rispetto, Onestà.
D. E così avete deciso di lasciare libero accesso alla vostra proprietà.
R. Più o meno libero: chi sale il sentiero si rende conto da sé che ci sono delle regole
da rispettare. Non sono scritte, ma ci sono. Rispetta quello che trovi, in quanto esso
ha un valore. Lascia tutto esattamente nel modo in cui vorresti ritrovarlo, e dai il tuo
contributo per consentire che la magia si perpetui. È una questione di educazione.
D. E funziona?
R. Dipende dal significato che vogliamo dare alla parola “funziona”. L’Osteria ti
mette alla prova, ti misura. É uno specchio a cui non puoi mentire. Puoi abusare
della sua ospitalità, depredandone le risorse e deturpandone gli spazi: nessuno ti
sanzionerà, ma la tua coscienza tornerà a ricordartelo in futuro. In questo senso,
posso dire di aver avuto già ampie dimostrazioni di funzionamento.
D. Ma se qualcuno decide di farsi una scorta gratuita di prosecco e soppressa?
R. Senta, al di lá del fatto che si tratterebbe di un “misero” bottino, a me piace
ricordare che fino a qualche decennio fa nessuna delle nostre case era chiusa a
chiave. A pensarci sembra strano, ma era così, e credo fermamente che si vivesse
meglio. Cercare di farlo capire alla gente di oggi, abituata alle truffe informatiche,
costa fatica e denaro: ma la soddisfazione che ricevo dalle lettere, dai ringraziamenti,
dagli attestati di stima e dagli incitamenti a proseguire nel cammino intrapreso, fran-
camente non ha prezzo.
D. Eppure si tratta di una iniziativa che ha destato qualche polemica: attivi-
tà abusiva, norme igieniche, evasione fiscale...
R. Mi verrebbe da sorridere, se non fosse tutto molto serio. Il nostro è un Paese che
ha bisogno di ritrovarsi, ed episodi come quelli che sono successi a me lo dimostra-
no. Purtroppo sono stato vittima di una vera e propria ritorsione da parte del-
l’Agenzia delle Entrate, scaturita da una vicenda per la quale ho già presentato un
esposto alle Autorità Competenti. Non è certo questa la sede per entrare nei detta-
gli, ma credo di poter tranquillamente affermare che qualcosa non funzioni più a
dovere nei meccanismi che regolano le attività di verifica e controllo fiscale. Devo
anche dire, peraltro, che molti rappresentanti delle Pubbliche Istituzioni mi hanno
fatto pervenire il loro sostegno, ed hanno pubblicamente preso posizione in difesa
di una iniziativa nella quale è evidente l’assenza di qualsiasi profilo commerciale,
speculativo o imprenditoriale.
D. Insomma, c’è speranza?
R. Certo, guai se non ce ne fosse! C’è speranza per il nostro Paese e c’è speranza
per le nostre imprese. A patto che tutti riescano a ritrovare la fiducia. Mi creda, è
questa la chiave: il Paese deve poter avere fiducia nei cittadini, ma la cosa deve
essere reciproca, e vale doppiamente per le imprese, che devono potersi fidare di
tutti i loro interlocutori. Senza fiducia non può esserci alcuna intrapresa, e quella
che c’è viene penalizzata fino al punto di rischiare l’implosione.
D. Sembra il messaggio dell’Osteria senza Oste...
Cesare De Stefani mi guarda senza rispondere, accennando un piccolo sorriso. Si
allontana un momento, riapparendo con soppressa, tagliere e coltello. E un libro. Si
intitola
L’Osteria senza oste
, di Alberto Raffaelli, per i tipi di Editrice Santi Qua-
ranta. Nelle pagine conclusive Elena, insegnante di italiano in una scuola professio-
nale, si rivolge al marito: “
È come se ogni mattina portassi tutto quello che ho
preparato e lo buttassi in un pozzo, di cui non si vede mai il fondo. Poi accompagno
i ragazzi al bordo del pozzo e dico loro “ecco, è per voi” (...). Cosa ne faranno di
quello che vi ho messo per loro? Ne capiranno il valore? (...). Sono convinta che il
lavoro a scuola non può avere misura. É un lavoro senza rete. Se dovessimo
misurare, far tornare i conti, sarebbe finita (...). In fondo la scuola è una grande
Osteria senza oste. Tutto è lasciato alla libertà di quelli che vi arrivano. Ognuno
può farne quello che vuole. (...) Se ci pensi, il mondo stesso è una grande Osteria
senza oste. Qualcuno ci ha dato tutto questo, gratuitamente. A noi è lasciata la
libertà di accorgercene, di riconoscerne il valore. Non è che l’Oste del mondo non
ci sia. L’Oste c’è, eccome
”.
Con pochi, rituali gesti Cesare De Stefani toglie la scorza alla soppressa e taglia
alcune fettine, tutte di identico spessore. “Vede, un amico ha scritto che una sop-
pressa così la fa solo chi nella vita è contento. Ame va bene così.”