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NUMERO 219 - MAGGIO / GIUGNO 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
considerarsi omessa ai sensi dell’art. 2, comma 7, del D.P.R. 322/1998. Sul
punto specifico, si rileva che la dottrina ha già affermato che i novanta
giorni antecedenti il termine per la presentazione della dichiarazione dei
redditi, sono un limite privo di fondamento, tanto più che “
se la risposta
fosse negativa, il contribuente avrebbe comunque già versato il saldo
delle imposte e gli eventuali acconti, ossia avrebbe già posto in essere
gli adempimenti sostanziali (anche se non ancora quello strumentale,
ossia la presentazione della dichiarazione annuale) di rispetto della
legislazione tributaria
11
. Tale conclusione è stata anche avvalorata da
recente giurisprudenza di primo grado
12
, che si è espressa su due casi nei
quali il contribuente aveva presentato l’istanza di interpello oltre il termine
indicato nella circolare 32/E/2012, ma entro quello previsto per la trasmis-
sione delle dichiarazione
13
, ritendo che l’interpello “
non appare […] assi-
stito da sanzione di inammissibilità, non prevista da disposizione nor-
mativa alcuna. Ne discende l’inopponibilità alla […] della mancata
presentazione della propria istanza nel termine di novanta giorni prima
della scadenza della data di presentazione della dichiarazione dei red-
diti – indicato all’A.F. come applicabile nella fattispecie e posto alla
base del provvedimento di inammissibilità oggetto di impugnazione – in
difetto di alcuna previsione normativa in proposito
14
.
Muovendo da suddette considerazioni è però possibile spingersi oltre,
adottando un approccio logico-sistematico.
Infatti, qualora il contribuente riscontri
degli errori nella dichiarazione già
presentata entro i termini, può presentare una dichiarazione integrativa
entro il termine previsto per la trasmissione della dichiarazione dei redditi
del periodo di imposta nel quale è stata commessa la violazione, come
previsto dall’art. 13, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 472/1997. È da sottolineare
come la norma citata non tipicizzi le casistiche nelle quali è possibile proce-
dere al ravvedimento, ma, al contrario, fa riferimento in modo generico a
“errori” ed “omissioni”. A tale ampio ambito può quindi legittimamente
essere ricondotto un errore di valutazione di norme tributarie ed ancor più
se emerso a seguito di risposta negativa all’interpello nel quale il contri-
buente aveva esposto la soluzione interpretativa da lui considerata coe-
rente al caso specifico (e che aveva adottato in sede di dichiarazione dei
redditi). Si ricorda, peraltro, una recente sentenza della Cassazione la quale
ha affermato che la dichiarazione dei redditi non è un atto negoziale e
dispositivo, ma può essere modificata in ragione di nuove valutazioni sui
dati riferiti (Cass. 11 maggio 2012, n. 7294). La circolare dell’Agenzia n. 32/
E/2012, non tralascia questi aspetti, ma ribadisce che il termine a cui fare
riferimento, per calcolare il novantesimo giorno antecedente, resta comun-
que quello ordinario di presentazione della dichiarazione dei redditi
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a
nulla influendo la circostanza che l’inadempimento può essere sanato
nei modi sopra evidenziati. Il documento di prassi, tuttavia, non chiarisce la
motivazione di tale impostazione, che risolleva i dubbi già esposti sull’ef-
fettiva ragione sostanziale di questa prescrizione, dato che con un interpel-
lo presentato senza rispettare il requisito di preventività, ma per il quale si
sia ottenuta risposta entro il termine per la presentazione della dichiarazio-
ne dei redditi del periodo di imposta successivo, sarebbe pienamente pos-
11
Orsi E.,
L’impugnazione del provvedimento declaratorio dell’inammissibilità dell’istanza di interpello disapplicativo ed i termini di presentazione della stessa
, in Boll. Trib.,
19, 2012, pag. 1422.
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C.T. Prov. Milano 7 maggio 2012 n. 181/16/12 e C.T. Prov. Milano 29 maggio 2013, n. 213.
13
Nel caso sottoposto alla C.T. Prov. di Milano nel 2012, in particolare, la preventività stava nell’aver presentato l’interpello con addirittura solo qualche ora di anticipo
rispetto alla dichiarazione (in data 30 settembre).
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C.T. Prov. Milano n. 213 del 2013 citata.
15
Avendo comunque riguardo di considerare il giorno ultimo effettivo di trasmissione della dichiarazione, anche tenendo conto della proroga d’ufficio disposta dall’art. 2, comma
9 del D.P.R. 322/1998, come chiarito nella successiva Risoluzione del 27 luglio 2012, n. 81/E.
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Sia essa a favore dell’erario (art. 2, comma 8, del D.P.R. 322/1998, caso nel quale peraltro i termini sono quelli previsti per l’accertamento) ovvero a favore del contribuente
(art. 2, comma 8 bis, del D.P.R. 322/1998).
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Circostanza che, si ricorda, sospende i termini per la risposta, facendoli spostare inevitabilmente oltre il 30 settembre.
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Rientrando nel comma 8 dell’art. 2 del D.P.R. 322/1998 e non nel comma 8 bis, dato che “l’importo corretto, perché aggiunto, può essere definito un importo neutro derivante
dalla contabilità aziendale” e per questo non può essere definito a favore del contribuente, giacché “riporta alla luce la vera perdita, che deriva poi dalla contabilità della società“.
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Confronta circolare 7/E/2009 e circolare 32/E/2012.
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A suffragio della propria tesi, l’Amministrazione Finanziaria richiama la decisione del Consiglio di Stato del 26 gennaio 2009, n. 414, secondo la quale l’esclusione
dell’impugnabilità della risposta all’interpello “in nulla pregiudica il diritto di impugnare, tempestivamente ed a tempo debito, gli eventuali atti rientranti nella previsione
dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/92 nei quali dovesse farsi applicazione delle disposizioni antielusive il cui esonero è stato negato“.
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Cass. 15 aprile 2011, n. 8663.Per completezza espositiva, si precisa inoltre che, con la sentenza del 13 aprile 2012, n. 5843, la Corte di Cassazione ha sottolineato
che è necessario contestualizzare il singolo caso. È stato, infatti, affermato che non è impugnabile il provvedimento di improcedibilità dell’interpello, in quanto non vi sono
osservazioni sul merito da parte dell’Agenzia delle Entrate, trattandosi infatti non di un provvedimento definitivo di diniego di agevolazione, ma di un atto “sostanzialmente
interlocutorio“. Tale sentenza, tuttavia, non porta ad interpretazione differenti rispetto a quanto esposto, né è in contrasto con la sentenza 8663/2011, peraltro richiamata dalla
stessa sentenza 5843/2012 in commento. Infatti, nel caso sottoposto alla Corte, l’improcedibilità era stata dichiarata ai sensi dell’art. 1 del D.M. n. 259/1998 e, dunque, il caso
trattava una fattispecie diversa (e normativamente legittimata) da quella analizzata nel presente lavoro, dato che il requisito della preventività che (se non rispettato) comporta
l’inammissibilità, non è riscontrabile in alcuna previsione normativa, come si è avuto modo di descrivere.
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C.T. Prov. Milano 7 maggio 2012 n. 181/16/12 e C.T. Prov. Milano 29 maggio 2013, n. 213.
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Qualora concorde con la risposta dell’Agenzia.
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Si pensi, semplicemente, al tempo non stimabile impiegato dal contribuente a rispondere alla richiesta di integrazione documentale.
sibile e legittimo (oltre che già previsto dal
corpus
normativo vigente) che
il contribuente si attivi per presentare una nuova dichiarazione integrativa
che recepisca la risposta dell’Amministrazione
16
. Invero, nel caso opposto
in cui il contribuente, che avendo presentato istanza di interpello entro il 2
luglio ed avendo ricevuto una richiesta di integrazione documentale da
parte dell’Agenzia
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, si trovasse costretto a presentare la dichiarazione dei
redditi, onde evitare l’omessa dichiarazione (e non volendo pagare la san-
zione per tardiva presentazione nei novanta giorni successivi la scadenza),
potrebbe essere portato a presentare una dichiarazione “prudenziale” che
accolga la tesi pro fisco più restrittiva nel suo caso, pur agendo nella più
completa buona fede. Poi, ricevuta la risposta, se positiva, il contribuente
procederà, è scontato, ad una dichiarazione integrativa a proprio favore.
Un tale atteggiamento, pienamente legittimo, evidenzia come si possa su-
perare non solo il termine del 2 luglio fissato dalla circolare 32/E/2012, ma
anche quello previsto per la presentazione ordinaria della dichiarazione dei
redditi. Peraltro, si sottolinea che le eventuali irregolarità riguardanti l’omis-
sione dell’indicazione di perdite da riportare a nuovo, possono essere sa-
nate entro il termine per il ravvedimento operoso, il quale, in tal caso, è
quello quadriennale per l’accertamento
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(C.T. Prov. Milano 26 gennaio
2011, n. 21); nonché, nel caso di specie, si rileva che il riporto delle perdite
non può essere subordinato ad eventuali errori nella compilazione della
dichiarazione dei redditi (Cass. 24 aprile 2001, n. 5860).
Infine, si analizzano brevemente
i possibili comportamenti che il contri-
buente può tenere nel caso in cui si veda recapitare l’atto declaratorio
dell’inammissibilità dell’interpello. La questione dibattuta è l’impugnabilità
di tale atto, ovvero se lo stesso rientra tra quelli previsti dall’art. 19 del
D.Lgs. 546/1992. L’Agenzia delle Entrate
19
, ha più volte ribadito che la
risposta all’interpello, tra le quali deve essere annoverato anche l’atto di
inammissibilità in commento, non è un atto autonomamente impugnabile
avanti la commissione tributaria, in quanto non incluso nell’elenco di cui
all’art. 19, del D.Lgs. 546/1992. Tale impostazione muove dalla constatazio-
ne che la risposta all’istanza non lede la posizione del contribuente, il quale
può applicare la norma tributaria ritenuta più corretta, nonché impugnare
l’eventuale avviso di accertamento conseguente ad una verifica fiscale
20
.
La giurisprudenza di legittimità, invece, si è espressa in modo opposto e
favorevole all’impugnabilità della risposta negativa all’interpello, configu-
randosi questa come un diniego di agevolazione e, dunque, come un atto
autonomamente impugnabile ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. h), del
D.Lgs. 546/1992
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. Le motivazioni addotte a tale decisione, sebbene non
strettamente connesse al caso specifico in esame, sono state riprese poi
dalla giurisprudenza di merito
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, per ammettere l’impugnazione dell’atto
declaratorio dell’inammissibilità dell’interpello, basato su un mancato ri-
spetto del presunto requisito di preventività.
Per concludere, pur comprendendo
le legittime esigenze di tempestività
dell’Agenzia delle Entrate, per gli opportuni provvedimenti interni di natu-
ra organizzativa e gestionale, atti garantire una risposta efficacie alle istan-
ze di interpello pervenute, per le quali, cioè, il contribuente possa provve-
dere a presentare una corretta dichiarazione dei redditi
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e pur compren-
dendo la difficoltà nel fissare una scadenza, che è influenzata potenzial-
mente da molteplici fattori
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e per sua natura non può essere identico in
tutti i casi, è chiaro che il termine individuato nella circolare 32/E/2012 sia
privo di qualunque fondamento giuridico, divenendo così foriero di ulte-
riori (evitabili) contenziosi, stanti le diverse possibilità di integrazione della
dichiarazione dei redditi, messe a disposizione del contribuente dalle nor-
me vigenti.
Il requisito di preventività
nell'interpello disapplicativo
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