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NUMERO 219 - MAGGIO / GIUGNO 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
il quale, non essendo ravvisabile in capo ad esso
l’interesse ad agire, non potrebbe impugnare tale
atto. Inoltre anche la circostanza per cui il dinie-
go non è previsto dal legislatore quale atto
impugnabile, in quanto non tipizzato nell’art. 19
del D. Lgs. 546/1992, ha portato ad escludere la
possibilità per il contribuente di ricorrere avver-
so tale atto. Questi rilievi appaiono alquanto dub-
bi e la soluzione prospettata “fa acqua da tutte le
parti”. L’istanza di interpello del contribuente rap-
presenterebbe uno strumento di
disclosure
,
11
utile
per indirizzare l’attività di controllo dell’Ammini-
strazione Finanziaria nei confronti delle situazio-
ni maggiormente a rischio elusione; con tutta evi-
denza l’esclusiva finalità di notiziare il Fisco ap-
pare dissonante rispetto all’aggravamento
procedimentale posto a carico del contribuente.
Inoltre, alla luce degli sviluppi giurisprudenziali
in merito all’estensione della giurisdizione tribu-
taria, la mancata indicazione da parte del legisla-
tore del diniego di disapplicazione quale atto
autonomamente impugnabile difficilmente può
considerarsi quale elemento decisivo per negare
la possibilità del contribuente di attivare una tu-
tela diretta avverso tale atto.
La Corte di Cassazione, infatti, ha considerato le
modifiche apportate all’art. 2 del D.Lgs. 546/1992,
che hanno esteso la cognizione del giudice tri-
butario a tutte le controversie riguardanti «i tri-
buti di ogni genere e specie comunque denomi-
nati», un argomento per ritenere superata la
predeterminazione normativa delle fattispecie
autonomamente impugnabili. Alle Commissioni
tributarie è stata attribuita una giurisdizione esclu-
siva
ratione materiae
, ed è stato affermato che il
contribuente può trovare tutela dinanzi a tale or-
gano giurisdizionale ogni qualvolta l’Amministra-
zione Finanziaria dimostri la volontà di regolare il
rapporto tributario e comunichi al contribuente
una pretesa tributaria che quest’ultimo ritenga di
contestare.
12
Negare la possibilità per il contribuente
di im-
pugnare la risposta negativa del Direttore Regio-
nale delle Entrate comporta che al contribuente
sia riconosciuta la possibilità di impugnare il suc-
cessivo avviso di accertamento, qualora non si
fosse conformato alle indicazioni fornitegli, ov-
vero di richiedere il rimborso di quanto versato a
titolo d’imposta, nel caso in cui si fosse
uniformato alla risposta. La prima ipotesi presup-
pone che il contribuente possa disapplicare au-
tonomamente la norma antielusiva, e che la ri-
sposta del Direttore Regionale non sia necessa-
ria a tal fine. Questa ricostruzione appare contra-
stante con quanto disposto dall’art. 37 bis e con
il principio della riserva di legge, su cui è
improntato l’ordinamento tributario. Al contri-
buente è attribuito il potere di disattendere una
norma di legge e il soggetto si vedrà costretto ad
operare in un contesto di incertezza, essendo
sottoposto al rischio di essere accertato dall’Am-
ministrazione Finanziaria fino al decorso del ter-
mine per l’accertamento. Inoltre, una volta impu-
gnato l’avviso di accertamento con cui l’Ammi-
nistrazione Finanziaria applichi la disposizione
elusa, dando attuazione a quanto previsto nel
diniego, il giudice adito potrebbe rigettare il ri-
corso del contribuente, ritenendo la risposta al-
l’istanza un atto autonomamente impugnabile e,
in quanto tale, la mancata proposizione del ricor-
so nel termine perentorio di sessanta giorni ren-
derebbe definitivamente preclusa la possibilità
di contestare la pretesa del Fisco. L’ipotesi della
presentazione dell’istanza di rimborso per le som-
me pagate a fronte dell’adeguamento alla rispo-
sta fornita dal Direttore Regionale, con successi-
va impugnazione del diniego espresso o tacito,
non sembra in alcun modo porsi come strumento
di garanzia per il contribuente. Questa ipotesi
appare una manifestazione del principio del
solve
et repete
, censurato dalla Corte Costituzionale, e
impone un
iter
procedimentale tutt’altro che effi-
ciente, comportando un inutile dispendio di ri-
sorse sia per il contribuente, sia per l’Ammini-
strazione Finanziaria. Inoltre ciò presupporrebbe
che in capo al giudice tributario si possa ravvisa-
re il potere di decidere in merito alla disposizione
antielusiva, disponendola anche qualora il Diret-
tore Regionale delle entrate si fosse pronunciato
in senso contrario. Il comma 8, tuttavia, attribui-
sce eccezionalmente il potere di disapplicare le
norme antielusive unicamente in capo all’Ammi-
nistrazione Finanziaria, e non invece al giudice
tributario o al contribuente.
La soluzione che consenta di garantire il maggior
grado di tutela al contribuente destinatario del
diniego, e che al contempo sia coerente con la
ratio
delle disposizioni, consiste nell’ammettere
l’impugnabilità della risposta negativa all’istan-
za di interpello. Ciò che si richiede all’Ammini-
strazione Finanziaria è l’emanazione di un atto
con efficacia costitutiva e non meramente
dichiarativa, che determini la rimozione di un di-
vieto giuridico che impedisce al contribuente di
esercitare un diritto.
13
Il diniego implica pertanto una lesione nella sfera
giuridica del contribuente, a cui deve essere ri-
conosciuto l’interesse ad agire e a impugnare
direttamente tale atto, infatti, nel caso di mancata
impugnazione, il contribuente non avrebbe più
la possibilità di contestare la pretesa del Diretto-
re Regionale, essendo quest’ultimo l’unico sog-
getto che possiede il potere di derogare alla di-
sposizione antielusiva. L’ipotesi delineata, nel
caso in cui il ricorso del contribuente avverso il
diniego sia dichiarato inammissibile, impedisce
che il giudice tributario rigetti il successivo ricor-
so contro l’avviso di accertamento emanato ap-
plicando la disposizione elusa, qualora
ritenenesse il diniego un atto autonomamente
impugnabile. Qualora invece il giudice tributario,
verificata la sussistenza dei requisiti per ottenere
la disapplicazione, accogliesse i motivi del ricor-
11
Cfr F. Tundo,
Impugnabile il diniego di disapplicazione delle norme antielusive?
, in Corriere tributario, n. 21/2011.
12
La Corte di Cassazione, con la sentenza 15 giugno 2010, n. 1473, ha affermato che l’identificazione di un atto impugnabile non deve basarsi unicamente sul criterio
nominalistico ma «occorre verificare se ci si trovi di fronte ad un atto sostanzialmente impositivo, che, essendo prodromico alla riscossione coattiva, possa ritenersi
autonomamente impugnabile»; inoltre «ai fini dell’accesso alla giurisdizione tributaria debbono essere qualificati come avvisi di accertamento o di liquidazione di un tributo tutti
quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa ormai definita; ancorché tale comunicazione si concluda non con una formale intimazione di
pagamento».
13
In questo senso P. Fabbrocini,
Alcune riflessioni sulla tutela dell’istante nell’interpello con particolare riferimento all’interpello disapplicativo
, in
Il diniego di «disapplicazione»
delle norme antielusive: possibili rimedi giurisdizionali
, in Dialoghi di diritto tributario, n. 1/2005.
14
La Suprema Corte, nella sentenza n. 8663/2011, ha evidenziato l’identità tra il trattamento fiscale previsto per il contribuente che dimostri la non elusività dell’operazione
e il trattamento che spetta al contribuente in relazione ad una agevolazione fiscale, definito un «trattamento preferenziale in campo tributario condizionato alla esistenza di
determinati presupposti di fatto.» I giudici hanno rilevato come l’unica differenza tra il diniego di agevolazione e il diniego di disapplicazione consista nell’elemento procedurale
legato all’organo cui è affidata la decisione in merito alla richiesta del contribuente.
so del contribuente avverso il diniego, non aven-
do il potere di disporre la disapplicazione, potrà
solamente annullare la risposta negativa del Di-
rettore Regionale. Quest’ultimo, a fronte della
sentenza favorevole al contribuente, sarà tenuto
a disapplicare la norma penalizzante. Tuttavia,
tale organo potrebbe decidere di non si confor-
marsi a quanto emerso nella motivazione della
sentenza. Il giudizio di ottemperanza tuttavia non
appare risolutivo in questa ipotesi: passata in
giudicato la sentenza, tale strumento consente
di ottenere l’adeguamento della condotta dell’Uf-
ficio a quanto espresso nella sentenza, il cui di-
spositivo però, come già evidenziato, non può
che disporre l’annullamento dell’atto e non la
disapplicazione della norma antielusiva. Nella
denegata ipotesi in cui l’Amministrazione non si
conformasse a quanto espresso dal giudice tri-
butario ed emanasse l’atto impositivo espressi-
vo della pretesa già manifestata con il diniego,
impugnato tale atto, il contribuente potrebbe far
valere a suo favore una sentenza che riconosce
le sue ragioni e che attesta la sussistenza dei
requisiti previsti per la disapplicazione. Inoltre
questa ipotesi si dimostra in linea con l’evoluzio-
ne degli orientamenti giurisprudenziali in mate-
ria. La Corte di Cassazione, con la sentenza n.
23731 del 2004 ha riconosciuto l’impugnabilità
del diniego di disapplicazione, ma solo indiretta-
mente, senza motivare tale decisione; con la suc-
cessiva sentenza n. 8663 del 2011 e con l’ordi-
nanza n. 20394 del 2012 ha espressamente moti-
vato tale scelta affermando l’assimilabilità del
diniego in oggetto a un diniego di agevolazione,
atto tipizzato dal legislatore quale atto
impugnabile, attribuendo pertanto l’onere di im-
pugnare in capo al contribuente.
14
Con la sentenza n. 1710 del 2012 la Suprema
Corte si è discostata da quanto espresso nelle
altre pronunce, ritenendo sussistente una mera
facoltà del contribuente di presentare ricorso
avverso il diniego di disapplicazione che, qua-
lora non impugnato, non determinerebbe la cri-
stallizzazione della pretesa dell’Amministrazio-
ne Finanziaria, in quanto il diniego non è ritenu-
to riconducibile a nessuna delle tipologie di atti
impugnabili ex art. 19.
Il quadro emerso dalla rassegna delle diverse al-
ternative percorribili per tutelare le ragioni del con-
tribuente, a seguito del diniego di disapplicazione
della norma antielusiva, evidenzia la mancanza di
una soluzione univoca e definitiva.
L’impugnazione del diniego del Direttore Regio-
nale appare la soluzione più ragionevole, in quan-
to consente di strutturare una difesa che tutela il
contribuente sui diversi fronti aggredibili dal Fi-
sco e in tutte le possibili situazioni che potrebbero
realizzarsi, anche qualora il ricorso dovesse esse-
re dichiarato inammissibile ovvero fosse rigettato.
Inoltre questa soluzione è in linea con i recenti
orientamenti giurisprudenziali, che hanno
evidenziato una costante apertura alla possibilità
per il contribuente di impugnare il diniego.
Impugnabilità del diniego di disapplicazione
delle norme antielusive
SEGUE DA PAGINA 19