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NUMERO 219 - MAGGIO / GIUGNO 2014
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IL COMMERCIALISTA VENETO
ACCERTAMENTO
ANGELOMASULLO
Ordine di Treviso
C'era una volta il galateo
SEGUE A PAGINA 18
I
L CONTRADDITORIO TRA L’AMMINISTRAZIONE Finanziaria
e il contribuente sta assumendo sempre più un ruolo primario, siccome
proprio grazie al confronto fra le parti può essere evitata la fase contenziosa.
L’acquisizione in atti delle dichiarazioni rese da parte del soggetto sottopo-
sto a verifica, ovvero di terze persone che con questi risultano avere avuto
direttamente o indirettamente rapporti, rappresenta un adempimento ispettivo
oggettivamente utile per ricostruire i singoli aspetti di una complessa gestione quale
risulta essere una attività di impresa.
La domanda da un milione di dollari che ogni professionista, almeno una volta nella
vita, si sarà sentito rivolgere dal proprio cliente è quale sia l’atteggiamento corretto
da seguire in caso di verifica fiscale.
L’art. 12, comma 2, della L. n. 212/2000 (c.d. “Statuto del Contribuente”) prevede
che quando ha inizio la verifica il contribuente deve essere informato:
delle ragioni e dell’oggetto della stessa
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;
della possibilità di farsi assistere da un professionista
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;
dei diritti e degli obblighi che gli sono riconosciuti.
Con riguardo all’ultimo punto, che rappresenta ciò che più interessa ai fini del
presente elaborato, la mancata esibizione della documentazione in sede di verifica
da parte del contribuente
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produce, oltre che l’applicazione delle relative sanzioni
amministrative
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, pesanti conseguenze sul piano probatorio in quanto ciò che non
viene messo a disposizione
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dei verificatori non può poi essere utilizzato né nel
prosieguo dell’indagine né nella eventuale fase contenziosa.
L’art. 52, comma 5, del D.P.R. n. 633/72, recita infatti che “
I libri, registri, scritture
e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazio-
ne a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o
contenziosa.
Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri,
registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione”.
La Cassazione ha ulteriormente precisato, con la sentenza del 23 maggio 2012, n.
8109, che non è attribuita “
al contribuente nessuna facoltà di scelta tra esibizione
immediata agli inquirenti o differita (in giudizio); la riserva espressa dalla contri-
buente, quindi, si rivela evidentemente illegittima perché, nella sostanza, suppone
una interpretazione della norma che ne rimette l’effettiva osservanza al mero
L’abc aggiornato del perfetto contribuente in sede di verifica fiscale
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arbitrio del contribuente
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".
Occorre pertanto una chiara e palese intenzione del contribuente nel rendere estre-
mamente difficoltoso (se non impossibile) il ritrovamento della documentazione da
parte dei verificatori.
Vi deve essere un sostanziale rifiuto di esibizione o comunque atteggiamenti orien-
tati in tal senso
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fermo restando che non sempre vi è alle spalle un comportamento
fraudolento da parte del contribuente in quanto può accadere che la mancata
reperibilità della documentazione sia dovuta a carenze organizzative e di archiviazione,
trasferimento della stessa presso altre strutture o ad eventi fortuiti e accidentali che
ne abbiano causato la distruzione.
Da precisare inoltre che affinché la dichiarazione di non possedere la documenta-
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Elaborato presentato per il Concorso per Borse di Studio 2014 indetto dall’ADCEC delle Tre Venezie e dal “Commercialista Veneto”
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Come chiarito dalla Circolare della Guardia di Finanza del 17 agosto 2000, n. 250400, “gli accessi presso locali destinati all’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo
devono essere motivati da «esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo» e, salvo casi eccezionali ed urgenti adeguatamente documentati, devono svolgersi durante
l’ordinario orario di esercizio dell’attività e con modalità tali da comportare la minore turbativa possibile allo svolgimento dell’attività ed alle relazioni commerciali o
professionali“
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La presenza di un professionista durante le verifiche fiscali è opportuna per due motivi:
1. evitare il rilascio di dichiarazioni troppo spesso superficiali e frettolose da parte del contribuente che poi prontamente vengono prese a base del successivo avviso di
accertamento;
2. evitare ogni forma di acquiescenza all’operato dei verificatori da parte del contribuente.
Sul punto si rende opportuno che il professionista e il contribuente rilascino una generica dichiarazione con cui si riservano di verificare le osservazioni mosse dai verificatori
formulando eventualmente, ai sensi dell’art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000, opportune memorie difensive entro sessanta giorni dalla consegna del processo verbale di
constatazione (c.d. “PVC”).
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L’Amministrazione Finanziaria ha precisato, con la Circolare Ministeriale del 5 dicembre 2000, n. 224, che il rifiuto deve provenire esclusivamente dal soggetto verificato
o quantomeno dal legale rappresentante o da altro soggetto apicale della struttura aziendale. Sullo stesso orizzonte si segnalano:
- la sentenza della Cassazione del 17 settembre 2009, n. 20009, attraverso cui si è precisato che le dichiarazioni rese dal legale rappresentante di una società sottoposta a verifica
fiscale non costituiscono mera prova indiziaria bensì prova diretta dell ’eventuale maggior imponibile accertato. Si tratta, infatti, di confessione stragiudiziale la quale da sola
può fondare la pretesa impositiva dell’Ufficio senza che vi sia la necessità della presenza di ulteriori riscontri;
- la sentenza della Cassazione del 25 maggio 2007, n. 12271 la quale precisa che “
in tema di contenzioso tributario, le dichiarazioni rese in sede di verifica da un soggetto (nello
specifico, il direttore tecnico) che abbia operato per conto dell’impresa cui sia attribuita l’emissione di fatture per operazioni inesistenti possono, anche da sole, fondare
l’accertamento di un maggior imponibile ai fini IVA non trattandosi di elemento indiziario ma di vera e propria confessione stragiudiziale
“.
Si deve comunque tenere a mente che le dichiarazione rese da terzi, seppure stiano avendo sempre più attenzione da parte della Cassazione, non sono sufficienti a motivare la
successiva emissione dell’accertamento fermo restando che ai sensi dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 546/92, la prova testimoniale non è ammessa nel processo tributario e
quindi le eventuali dichiarazioni rese dai terzi durante la verifica non potrebbero essere confermate in sede contenziosa.
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L’art. 9, comma 2, del D.Lgs. n. 471/97 prevede una sanzione amministrativa da Euro 1.032 a Euro 7.746 per chi “nel corso degli accessi eseguiti ai fini dell’accertamento
in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto, rifiuta di esibire o dichiara di non possedere o comunque sottrae all’ispezione e alla verifica i documenti, i registri
e le scritture indicati nel medesimo comma ovvero altri registri, documenti e scritture, ancorché non obbligatori, dei quali risulti con certezza l’esistenza“.
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Gli unici due casi in cui il contribuente è legittimato a non esibire la documentazione richiesta dai verificatori sono:
1 .
la verifica riguarda periodi d’imposta per i quali è scaduto il termine di decadenza del potere di accertamento (eccetto il caso in cui la documentazione richiesta
non produca i suoi effetti anche dopo lo spirare del termine);
2 .
la richiesta riguarda documentazione già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria, così come disciplinato dall’art. 6, comma 4, della Legge n. 212/2000.
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Sul punto l’Amministrazione Finanziaria ha però specificato, con la Circolare Ministeriale del 5 dicembre 2000, n. 224, che non assume rilevanza la mancata esibizione di
documentazione “dovuta alla temporanea indisponibilità per causa di forza maggiore o anche per colpa”. In sede processuale spetterà al contribuente l’onere di provare la non
volontarietà della mancata esibizione della documentazione. Infatti, ai sensi dell’art. 32, comma 5, del D.P.R. n. 600/73, l’inutilizzabilità non si verifica “nei confronti del
contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizia, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque
contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”.
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Dovrebbero pertanto non essere punite le condotte derivanti da disattenzione, negligenza o imperizia.