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NUMERO 217 - GENNAIO / FEBBRAIO 2014
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IL COMMERCIALISTA VENETO
NORME E TRIBUTI
FAUSTO GALLO
GIUSEPPEBRISTOT
La determinazione dell'avviamento
secondo l'Amministrazione Finanziaria
Ordine di Belluno
L
'
AGENZIA DELLEENTRATE, ge-
neralmente, in sede di controllo
della congruità dei valori indica-
ti negli atti di cessione d’azien-
da, verifica che le parti abbiano dichiarato un
valore di avviamento
almeno pari a
due
-
tre
volte lamedia dei redditi dichiarati, ai fini delle
imposte sui redditi, negli ultimi tre periodi
d’imposta anteriori a quello in cui è interve-
nuto il trasferimento.
Tale metodo di calcolo trae origine dall’
abro-
gato
art. 2 ter, comma 2, del D.L. 30 settembre
1994, n. 564 che rinviava all’emanazione di
un Regolamento l’attuazione delle disposizioni previste in materia di accer-
tamento con adesione, riferito alle imposte sulle successioni e donazioni,
di registro, ipotecaria, catastale e comunale sull’incremento di valore degli
immobili.
Il Regolamento veniva emanato con D.P.R. 31 luglio 1996, n. 460, il quale,
all’art. 2, comma 4, prevedeva che:
“Per le aziende e per i diritti reali su di esse il valore di avviamento è
determinato sulla base degli elementi desunti dagli studi di settore o, in
difetto, sulla base della percentuale di redditività applicata alla media dei
ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi
negli ultimi tre periodi d’imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il
trasferimento, moltiplicata per 3. La percentuale di redditività non può es-
sere inferiore al rapporto tra il reddito d’impresa e i ricavi accertati o, in
mancanza, dichiarati ai fini delle stesse imposte e nel medesimo periodo. Il
moltiplicatore è ridotto a 2 nel caso in cui emergano elementi validamente
documentati e, comunque, nel caso in cui ricorra almeno una delle seguen-
ti situazioni:
a)
l’attività sia stata iniziata entro i tre periodi d’imposta precedenti a
quello in cui è intervenuto il trasferimento;
b)
l’attività non sia stata esercitata, nell’ultimo periodo precedente a
quello in cui è intervenuto il trasferimento, per almeno la metà del normale
periodo di svolgimento della attività stessa;
c)
la durata residua del contratto di locazione dei locali, nei quali è
svolta l’attività, sia inferiore a dodici mesi”.
Va tuttavia rilevato che, quando il legislatore ha scritto le disposizioni in
materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale (Decreto
Legislativo 19 giugno 1997, n. 218) ha anche previsto, tramite l’art. 17,
comma 1, lettera b), l’abrogazione delle norme di cui al sopra indicato De-
creto Legge 564/1994 che prevedevano appunto la determinazione del va-
lore dell’avviamento attraverso il moltiplicatore 3 ovvero 2 applicato alla
media dei redditi dichiarati negli ultimi tre esercizi.
Tale norma, pertanto,
non è più in vigore fin dal 1° luglio 1997
tant’è che la stessa Amministra-
zione Finanziaria, con Circolare n. 235/E dell’8 agosto 1997, si era impegna-
ta a fornire successive specifiche indicazioni in materia che però, ad oggi,
non hanno ancora visto la luce
.
Ciò nonostante, l’Amministrazione Finanziaria continua ancor oggi a quan-
tificare il valore dell’avviamento ai fini fiscali, mediante la capitalizzazione
del reddito dichiarato ai fini IRPEF - IRES attraverso il moltiplicatore 3
ovvero 2. Definire sommaria ed astratta tale metodologia di calcolo appare
un eufemismo. La definizione più appropriata è quella di una metodologia
errata
perché, attraverso il processo di capitalizzazione così proposto,
l’Ufficio non considera in alcun caso lo “stipendio direzionale” o costo
figurativo del titolare dell’impresa o dei soci, ancorché prestino la propria
opera nell’azienda.
Infatti, se uno degli elementi essenziali di stima dell’avviamento è rappre-
sentato dall’utile, a parere di chi scrive, occorre preliminarmente dedurre
dall’utile dichiarato il costo figurativo per l’opera prestata dal titolare o dai
soci a favore dell’impresa. Soltanto dopo aver compiuto questa operazione
sarà possibile ragionare sulla stima del valo-
re dell’avviamento tenendo presente anche
tutte le altre situazioni interne ed esterne al-
l’azienda, passate, presenti e future, al fine
di poter attualizzare il flusso di utili
presunti
e sperati
per un determinato numero di anni
futuri.
Inoltre, tale metodo, così come applicato,
determina una grave ed insanabile disparità
di trattamento tra
soggetti Irpef
e
soggetti
Ires
, violando i principi di cui all’art.
53
della
Costituzione
secondo cui: “
tutti sono tenu-
ti a concorrere alle spese pubbliche in ra-
gione della loro capacità contributiva”
.
Infatti, il metodo applicato dall’Amministrazione Finanziaria non tiene conto
che:
- l’utile dei
soggetti Irpef
è quasi sempre dichiarato
al lordo dello stipendio
direzionale
;
- l’utile dei
soggetti Ires
, è molto spesso dichiarato
al netto dello stipendio
direzionale
,
e pertanto, il calcolo dell’avviamento basato sulla media degli utili dichiarati
negli ultimi tre esercizi, comporta che lo stesso risulterà molto più elevato per
i soggetti Irpef
rispetto ai
soggetti Ires
. E questa disparità è
inaccettabile
.
S
UL TEMA SI È RECENTEMENTE pronunciata la
Commissione
Tributaria Regionale di Trento
che, con la sentenza n. 27 del 22
ottobre 2012, depositata il 4 aprile 2013, ha dapprima ripreso quan-
to affermato dai Giudici di primo grado secondo i quali:
“la remunerazione del lavoro svolto direttamente dall’imprenditore (stipen-
dio direzionale) costituisce un costo per l’impresa che, al fine della determi-
nazione reddituale per il computo dell’avviamento, deve essere portato in
diminuzione dei ricavi conseguiti, perché in caso contrario la valorizzazione
dell’avviamento, secondo i criteri legali (art. 2 del D.P.R. 460/1996) darebbe
risultati differenti, pure in parità di condizioni, tra un’impresa individuale
ed una società di capitali, nella quale il compenso di lavoro dell’imprendito-
re solitamente viene contabilizzato come costo”.
Da parte sua il Collegio regionale ha osservato che:
“non è possibile negare che la remunerazione del titolare dell’impresa
per le prestazioni lavorative svolte costituisca un costo per l’impresa
stessa, rilevante ai fini del computo del valore dell’avviamento, che deve
essere portato in diminuzione dei ricavi conseguiti. Non si tratta, quindi,
di inserire arbitrariamente e
contra legem
delle passività con conseguen-
ti riduzioni di reddito, ma di tenere conto di tutte le particolarità della
realtà aziendale oggetto di cessione, nelle sue componenti interne ed
esterne, proprio per stabilire quell’equilibrio fiscale in senso sostanzia-
le, che si avvicini il più possibile alla reale capacità contributiva”.
Sentenza sacrosanta e perfettamente condivisibile che, se applicata dagli
Uffici, eliminerebbe alla radice gran parte del contenzioso su questo tema.
Un’altra esemplare sentenza sull’argomento è stata pronunciata dalla
CTR
Lombardia
(n. 16 del 30 gennaio 2012).
I Giudici lombardi hanno così osservato e motivato il mancato accoglimento
dell’appello dell’Ufficio riguardante una rettifica del valore di avviamento,
ai fini dell’imposta di registro, da euro 1 milione dichiarato a euro
1.525.180,00:
“L’avviamento, oggi, è considerato una qualità dell’azienda, sul quale inci-
dono numerosi fattori, dalla clientela all’organizzazione aziendale,
dall’ubicazione all’abilità gestoria dell’imprenditore, ecc. L’avviamento viene
definito come la capacità dell’azienda di conseguire redditi nel tempo, la
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