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NUMERO 217 - GENNAIO / FEBBRAIO 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
SENTENZE
CLAUDIO POLVERINO
Ordine di Gorizia
Il pignoramento di Equitalia
può essere impugnato
avanti la Giustizia ordinaria
U
NA RECENTE SENTENZA della C.T.P. di
Pordenone, la n. 52/02/2014 del 20 febbraio 2014,
depositata il 6 marzo 2014, applica due interes-
santi principi rispetto:
a)
all’impugnabilità avanti la Giustizia Tributaria, in dero-
ga a quanto previsto dall’art. 2 del D. Lgs. n. 546/1992,
degli atti di pignoramento dell’Equitalia emessi a seguito
di accertamenti emessi dall’Agenzia delle Entrate;
b)
dei
requisiti di motivazione che detti atti di pignoramento de-
vono avere nel caso in cui, in presenza di fondato perico-
lo per il positivo esito della riscossione, l’atto espropriativo
non sia stato preceduto dalla comunicazione, a mezzo di
raccomandata semplice, prevista dall’art. 29 c. 1 lett. b)
D.L. n. 78/2010.
Nel caso di specie accadeva che un contribuente, colpito
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da numerosi avvisi di accertamento esecutivi (giusta la previsione del già citato D.L. n. 78/2010), si
vedeva notificare una serie di atti di pignoramento presso terzi ex art. 72 bis D.P.R.. n. 602/1973, senza
aver ricevuto alcuna comunicazione successivamente alla notifica dei predetti atti impositivi. Sugli
atti di pignoramento, peraltro, non figurava alcun riferimento agli avvisi di accertamento in questione
ma venivano riportati soltanto dei numeri di “cartelle” da cui nulla di più era dato di capire.
Il contribuente proponeva ricorso contestando la violazione degli artt. 7 c. 3 della L. n. 212/2000 e 3
della L. n. 241/1990, in quanto dal contenuto degli atti di pignoramento non era dato evincere né quali
fossero gli atti impositivi all’origine delle espropriazioni, né quali fossero “
i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione
” di procedere in
deroga al sopra citato art. 29 c. 1 lett. b) del D.L. n. 78/2010, non inviando la prescritta raccomandata
semplice e non concedendo la prevista sospensione di 180 giorni.
Resistevano l’Agenzia delle Entrate e l’Equitalia, entrambe sostenendo il difetto di giurisdizione della
C.T.P. stante il tenore dell’art. 2 del D. Lgs. n. 546/1992, in base al quale: “
Restano escluse dalla
giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tri-
butaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui
all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali
continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica
”,
di talché la controversia avrebbe dovuto essere riassunta avanti la G.O, nonché difendendosi anche
sul punto della motivazione degli atti espropriativi; la parte insisteva nelle proprie richieste.
Sul primo punto, la C.T.P. di Pordenone afferma che: “
Le SS.UU. della Cassazione, con la sentenza
18.02.2014 n. 3773, hanno stabilito che se emerge la necessità di accertare, pure all’interno della
fase di espropriazione, la presenza del credito fiscale (o comunque di risolvere un problema di
natura tributaria), sussiste la giurisdizione tributaria”. “Quindi
– concludono i giudici pordenonesi
il contribuente che riceve un pignoramento non preceduto dalla rituale notifica dell’atto pre-
supposto, è con l’atto di pignoramento che viene per la prima volta a conoscenza della pretesa
tributaria, la cui contestazione, riguardando la potestà autoritativa del Fisco, appartiene alla
giurisdizione tributaria
”. In particolare, la C.T.P. dà importanza al fatto che gli atti di pignoramento
richiamassero “
quattro cartelle
” (con relativi codici numerici e data di notifica), mai però notificate al
contribuente; ma “
oggi – è la conclusione della C.T.P. – le <cartelle> non ci sono più
(essendo
state abrogate dal D.L. n. 78/2010)
e il numero di codice con cui sono identificate non compare negli
avvisi di accertamento precedentemente notificati, ai quali pertanto non è possibile ricondurle
”.
Ne consegue che, in assenza di tale collegamento, gli atti di pignoramento sono il primo atto con cui
il contribuente è venuto a conoscenza della pretesa fiscale di cui trattasi, il cui accertamento e la cui
contestazione rientrano dunque nella giurisdizione tributaria.
Per quanto riguarda la motivazione, la C.T.P. altro non ha dovuto invece fare se non prendere atto
che: “
Gli atti di pignoramento non indicano gli elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo di
pregiudicare la riscossione, la cui sussistenza fa sì che non operi la sospensione di 180 giorni di
cui alla lettera b), comma 1, del richiamato art. 29, e l’agente della riscossione non invii l’infor-
mativa – mediante raccomandata semplice – di cui alla medesima lettera b)
”. Gli stessi atti, peral-
tro, sempre secondo la sentenza in commento “
Non esplicitano altresì i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, come richiesto
dall’art. 7, comma 1 della L.27.07.2000, n. 212
".