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NUMERO 217 - GENNAIO / FEBBRAIO 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
sua attitudine ad ottenere utili. La differenza tra un’azienda di nuova costi-
tuzione e un’azienda avviata è proprio quella che l’azienda avviata produ-
ce risultati economici in conseguenza dell’organizzazione dei fattori della
produzione nell’azienda stessa. E’ una specifica qualità dell’impresa avvia-
ta. L’azienda bene avviata, dunque, fa leva su un aggregato di condizioni
immateriali favorevoli che le danno maggiore attitudine a raggiungere i
propri obiettivi ed a produrre utili. Di conseguenza, chi acquista un’azien-
da funzionante riconosce al cedente un valore di avviamento, volendo
evitare i rischi di insuccesso e i costi di impianto. L’avviamento compren-
de, quindi, una serie di fattori (immateriali) che rendono possibile, per l’im-
prenditore, il raggiungimento nel futuro di extra profitti. Fattori classificati
in soggettivi e oggettivi. I fattori soggettivi o personali sono strettamente
inerenti alla personalità dell’imprenditore, al suo apporto/impulso lavorati-
vo, alle sue qualità commerciali, alla sua capacità di gestione aziendale.
Proprio perché doti personali dell’imprenditore sono fattori non trasferibili,
in tal caso è forse più appropriato parlare di qualità dell’imprenditore ido-
nee ad incidere sull’avviamento”.
L
ACOMMISSIONE TRIBUTARIAREGIONALE prosegue affer-
mando che:
“I fattori oggettivi o reali, invece, sono intrinseci all’organizzazio-
ne aziendale ed alle circostanze/congiunture del mercato e con-
sistono in: organizzazione sperimentata ed efficiente, apparato produttivo
ottimale, struttura manageriale, validità del settore ricerca e sviluppo, per-
sonale selezionato e qualificato, medio - alto livello di tecnologia, buona
localizzazione, qualità dei macchinari, vasta gamma di prodotti offerti, livel-
lo della rete di vendita, buona conoscenza del mercato e del settore,
posizionamento e prezzo dei prodotti offerti, composizione qualitativa e
quantitativa del portafoglio clienti, efficiente sistema di approvvigiona-
mento delle materie prime o delle merci, rapporti proficui con fornitori, buo-
na organizzazione delle vendite, fedeltà dei consumatori, fiducia presso
finanziatori e garanti, notorietà, prestigio presso terzi, buon nome goduto,
buona tradizione, possesso di brevetti e marchi, autorizzazioni, concessio-
ni e licenze per l’esercizio dell’attività.
La capacità reddituale riferibile alla piccola e anche media azienda è, il più
delle volte, maggiormente legata all’avviamento soggettivo, con conse-
guente difficoltà ad oggettivizzare un avviamento di tipo soggettivo. Dal
punto di vista della quantificazione spesso viene associato all’avviamento
soggettivo un peso diverso rispetto a quello oggettivo, che è indubbia-
mente meno problematico da trasferire.
L’avviamento, come valore economico, assume quindi particolare impor-
tanza tutte le volte che è necessario stimare il valore di un’azienda o di un
suo ramo, particolarmente in occasione del trasferimento, ma anche in oc-
casione di altre operazioni, ordinarie o straordinarie che ne postulano la
valorizzazione.
Date le caratteristiche dell’avviamento è particolarmente difficoltoso risali-
re a un metodo affidabile di calcolo in relazione al suo valore: questo,
infatti, è un insieme di caratteristiche ed elementi organizzativi che devono
essere valutati complessivamente. Per la dottrina, la valutazione dell’av-
viamento:
-
non può essere oggetto di un sistema di determinazione fondato su
rigidi criteri di calcolo applicabili a tutte le realtà aziendali;
-
la stima va effettuata di volta in volta valorizzando le peculiarità che
caratterizzano l’attitudine prospettica di quell’azienda a produrre utili.
Evidenziamo, a tal proposito, che sul piano pratico qualora gli Uffici proce-
dano alla verifica della congruità del valore dell’avviamento nei trasferi-
menti d’azienda, applicano spesso metodi di riscontro basati su formule
rigide e stereotipate che, talvolta, portano a risultati poco corrispondenti
alla realtà societaria analizzata.
Questi metodi, seppure siano stati realizzati per accelerare e semplificare le
procedure di accertamento per cessioni di attività commerciali, rischiano di
risultare eccessivamente schematici e rigidi.
Come detto, infatti, una semplice stima basata su un calcolo matematico -
seppure tale criterio sia rispondente alle necessità di analisi dell’Agenzia -
non prende in considerazione numerosi aspetti concernenti l’attività eco-
nomica ceduta: le analisi dell’Agenzia, quindi, risultano talvolta particolar-
mente lontane alla realtà aziendale. Si pensi, ad esempio, al caso in cui
innovazioni di prodotto o l’emersione di prodotti sostitutivi abbiano parti-
colarmente danneggiato l’azienda che, invece, nel triennio precedente pre-
senta un risultato economico particolarmente positivo: in tal caso le stime
dell’avviamento effettuate dall’Agenzia non tengono conto dei mutamenti
del mercato e, di conseguenza, sovrastimano il valore dell’avviamento in
un contesto aziendale in cui viene previsto, invece, un forte rallentamento
dell’attività economica.
Quanto sopra è proprio successo nel caso che ci occupa, ovvero un
rigidismo poco aderente alla realtà da parte dell’Ufficio nel calcolare il valo-
re dell’avviamento che non tiene conto di tutti i fattori sopra riportati, tra i
quali, si sottolinea, rientrano anche i fattori gestionali e amministrativi e
elementi soggettivi che difficilmente potranno essere valutati con rigidi
automatismi.
Per questi motivi la Commissione respinge l’appello dell’Ufficio”.
Ci pare quindi di poter affermare che le problematiche fiscali, nella compra-
vendita di un’azienda, risiedano nella determinazione del valore della com-
ponente immateriale “avviamento” che può anche non esistere, ovvero
essere di valore negativo.
Soprattutto in questi anni di crisi economica e, in determinati settori, quali
quello delle piccole attività commerciali e artigianali, il valore dell’avvia-
mento è pressoché inesistente perché, anche per effetto della liberalizzazione
delle licenze ed autorizzazioni, è diventato assai difficile riuscire a cedere
un’azienda. La mancanza di richieste di acquisto è dovuta soprattutto al
fatto che, spesso, non esistono prospettive future di utili. Inoltre è sotto gli
occhi di tutti la continua chiusura di queste attività.
Secondo il principio contabile n. 24, emanato il 30maggio 2005 dall’Organi-
smo Italiano di Contabilità “
si definisce avviamento l’attitudine di
un’azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria, che
derivi o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla pro-
duzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non
hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il com-
plesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei
singoli beni, in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente
ed idoneo a produrre utili.
L’avviamento è
il frutto di una gestione
aziendale efficiente nell’organizzazione tanto del complesso dei beni
aziendali, materiali ed immateriali, quanto delle risorse umane. Esso
costituisce
il valore attuale di un flusso di futuri utili sperati, presunti
”.
L’avviamento, quindi, salvo che non sia stato a sua volta acquisito a titolo
oneroso da economie terze, non ha una propria autonoma fisica
individuazione tra i beni aziendali essendo, in pratica, una “qualità intrinse-
ca” dell’azienda stessa. Il tema delicato è quello che attiene
all’individuazione del metodo più affidabile per determinare il suo valore,
atteso che l’attitudine indicata nel principio contabile n. 24 deriva, nella
maggior parte dei casi, da una molteplicità di fattori che devono essere
apprezzati in relazione alla loro organizzazione (o, in taluni casi, potenziale
organizzazione). Ne consegue che la dottrina aziendalistica insegna che la
valutazione dell’avviamento non può essere oggetto di un sistema di de-
terminazione fondato aprioristicamente su rigidi criteri di calcolo applicabili
a tutte le realtà aziendali, bensì la stima va effettuata di volta in volta valo-
rizzando le peculiarità che caratterizzano l’attitudine prospettica di quel-
l’azienda a produrre utili. Valutare correttamente e ragionevolmente il valo-
re dell’avviamento di un’azienda è quindi un’attività complessa che richie-
de un’analisi approfondita e specifica della realtà e del contesto in cui si
colloca l’operazione di cessione.
I
LMETODOADOTTATOdall’Amministrazione Finanziaria, così come
previsto dall’
abrogato
articolo 2, comma 4, del D.P.R. 460/1996, basato
soltanto su un rigido calcolo matematico al fine di confezionare a
“tavolino” gli accertamenti fiscali nell’ambito dei trasferimenti onero-
si di aziende o di rami d’azienda (soprattutto se di modeste dimensioni), è
da criticare perché non tiene conto delle peculiarità di ogni singola realtà
economica, né tantomeno dell’effettiva capacità di produrre utili nel futuro.
Non di meno la sostanza della formula, considerata dai più grossolana e
asettica, di certo non è idonea ad assurgere a criterio per accertare (ragio-
nevolmente) l’effettivo valore dell’avviamento.
La giurisprudenza di legittimità si è espressa affermando che il maggior
avviamento determinato con il suddetto calcolo assume natura meramente
indiziaria
e quindi non è elemento autonomamente sufficiente per giustifi-
care un accertamento. Ciò che rileva è l’effettiva consistenza dell’azienda e
la sua concreta potenzialità reddituale futura. In questo senso si vedano le
sentenze della Cassazione 7837/1987 e 4117/2002.
Con sentenza n. 7837 del 24 ottobre 1987 i Giudici hanno affermato che: “
la
capitalizzazione del reddito non costituisce un dato fiscalmente accetta-
bile ai fini della determinazione del valore dell’azienda
”.
Con sentenza n. 4117 del 22 marzo 2002 la Suprema Corte ha stabilito che:
La determinazione dell'avviamento
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