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NUMERO 217 - GENNAIO / FEBBRAIO 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
NORME E TRIBUTI
ALVISE BULLO
ANTONELLA ZANOVELLO
Ordine di Venezia
Lo Studio associato deve sempre
e comunque pagare l'IRAP?
1. Premessa
Nell’ Ordinanza n. 4663 del 27/02/2014 la Corte di Cassazione si è nuovamente
pronunciata in tema di assoggettabilità o meno all’IRAP degli studi professionali
associati, uniformandosi alla linea interpretativa assunta negli ultimi tempi e san-
cendo che “[…]
la
presuntio hominis
secondo cui la sussistenza di uno studio
associato costituisce indizio della esistenza di una stabile organizzazione ai fini
IRAP costituisce, appunto, una presunzione che può essere superata con adeguata
motivazione
[…].
Nel caso di specie, la Suprema Corte aveva rigettato il ricorso dell’Agenzia delle
Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia,
affermando la non debenza da parte di uno studio associato dell’IRAP relativamen-
te al periodo d’imposta 2003. Uniformandosi ad altre pronunce della Suprema
Corte
1
, gli attenti giudici avevano rilevato che qualora l’attività di un professionista
si svolga nella forma dello “studio associato”, il giudice di merito deve, ai fini della
applicazione dell’IRAP, accertare specificamente l’entità e l’incidenza a fini
reddituali, della condivisione con altri professionisti dello svolgimento di parte
dell’attività professionale dello studio. Invero, nel caso
de quo
, il giudice di merito
aveva così ritenuto insussistente l’indefettibile requisito dell’autonoma organizza-
zione in assenza di personale dipendente ed in presenza di esigue spese sostenute
per l’acquisto di beni strumentali.
2. La corretta lettura ed interpretazione delle peculiari
disposizioni normative in materia.
Ciò premesso, sovviene rilevare che la Suprema Corte aveva posto alla base della
citata pronuncia una corretta lettura ed interpretazione degli articoli 2 e 3 del D.Lgs.
n. 446 del 1997, ossia delle peculiari disposizioni normative ai fini dell’IRAP.
Proprio tali disposizioni sono essenziali per comprendere quale sia il reale ed
effettivo presupposto impositivo e quali siano i soggetti potenzialmente non pas-
sivi della stessa. Invero, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 446/1997 “[…]
Soggetti
passivi dell’imposta sono coloro che esercitano una o più delle attività di cui
all’articolo 2
[….]”. Vieppiù, dalla consequenziale lettura dell’art. 2, secondo peri-
odo del D.Lgs. 446/1997,
si evince che solo “[…]
l’attività esercitata dalle società
e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni
caso presupposto di imposta
[…]”. Ciò detto e come sancito dallo stesso art. 2,
primo periodo del D.Lgs. 446/1992, si osserva che il “[…]
presupposto dell’impo-
sta è l’esercizio abituale
di una attività autonomamente organizzata
diretta alla
produzione o allo scambio di
beni ovvero alla prestazione di servizi
[…]”.
Da una corretta esegesi delle citate disposizioni normative appare quindi evidente
che l’unica presunzione assoluta in ordine all’assoggettamento all’IRAP,
volutamente apposta dal legislatore, si rinviene nel citato art. 2, ai sensi del quale
solo l’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le ammini-
strazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto per l’applicazione
dell’Irap. Viceversa, così come indicato nel citato articolo 3, i lavoratori autonomi
(ivi compresi gli studi professionali associati) possono essere sottoposti all’IRAP
solamente se abitualmente esercenti un’attività autonomamente organizzata. In base
all’attuale previsione normativa emerge quindi chiaramente come la debenza IRAP
non dipenda dal semplice esercizio dell’attività professionale in forma associata,
quanto dalla sussistenza del requisito identificabile nell’autonoma organizzazione.
3. Le diverse pronunce relative all’assoggettabilità (o meno)
a IRAP degli studi professionali associati
Invero, il tema dell’assoggettabilità ad IRAP delle associazioni professionali è stato
oggetto di numerose sentenze: gli stessi giudici di legittimità hanno più volte affer-
mato che nello svolgimento di un’attività professionale in forma associata l’esi-
stenza dell’autonoma organizzazione si presume, ma è fatta salva la possibilità per
il contribuente di dimostrare l’inesistenza della stessa.
Nella Sentenza n. 85/2011, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto ha sostenuto
che “[...]
pur ritenendo l’esercizio in forma associata circostanza idonea a far presumere
la esistenza di una autonoma organizzazione, non possa prescindersi dall’esame delle
argomentazioni del contribuente tendenti al superamento della presunzione
[…]”.
Nella sentenza
de quo
il Collegio giudicante si era infatti espresso affermando che
può infatti accadere che in uno studio associato di geometri, cinque piccoli studi
aggregati lavorino in un unico contesto nel quale ogni professionista conserva la
titolarità, la sua responsabilità e la sua autonomia professionale. Ad oggi non è
infrequente che i liberi professionisti, pur associandosi e dettandosi delle regole per
la ordinata convivenza e per il razionale impiego delle attrezzature di ufficio, man-
tengano ciascuno la titolarità professionale, espletando gli incarichi ricevuti dai
clienti personalmente e con diretta personalità.
Invero, così come sancito nell’Ordinanza n. 15746 del 02.07.2010 “[…]
l’esercizio
di una attività professionale nell’ambito dell’organizzazione costituita dalla socie-
tà di cui il professionista è socio (o dipendente) non realizza il presupposto impositivo
1
Sentenza n. 14060 del 03.08.2012 e Ordinanza n. 22506 del 10.12.2012.
2
Sentenza n. 13570 dell’11.06.2007.
3
A. Bullo,
IRAP DAY. “scissione” dell’imponibile fiscale
, in La Settimana Fiscale n. 29/’07, da pag. 34;
IRAP, compenso per il C.d.A. Scissione della base imponibile IRAP
, in La Settimana Fiscale
n. 36, del 2 ottobre 2008, da pag. 29, I
RAP- Compensi per le funzioni di sindaco di società
in La Settimana Fiscale n. 27/2009, da pag. 25.,
I tre passaggi necessari per definire un’attività
autonomamente organizzata
, in La Settimana Fiscale, n. 6/2007, da pg. 32,
Dottori commercialisti ed esperti contabili non debenza dell’IRAP, evoluzione della giurisprudenza
, in La Settimana
Fiscale n. 25/2011, da pag. 39.
Ragionieri e Dottori commercialisti con centro elaborazione dati, non applicazione dell’IRAP
, in La Settimana Fiscale, n. 34/2007, da pg. 29.
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Nemmeno se costituiti in forma di società semplice posto che l’essenza degli stessi è il lavoro autonomo.
costituito dalla autonoma organizzazione
[…]”. Vieppiù, così come chiarito dalla
stessa Suprema Corte nella Sentenza n. 13570 dell’11.06.2007, non si esclude la
possibilità per il contribuente di dimostrare che qualora il reddito dello studio
associato derivi dal solo lavoro professionale dei singoli associati, lo stesso non
debba essere assoggettato ad IRAP.
Appare quindi evidente che seppur l’esercizio in forma associata di una professio-
ne possa configurare una circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di
un’autonoma organizzazione di strutture e mezzi, non sia in ogni caso da escludere
che tale presunzione possa essere superata allorquando il giudice di merito accerti
l’insussistenza dell’indefettibile requisito dell’autonoma organizzazione.
La stessa Corte di Cassazione
2
ha confermato l’orientamento interpretativo in
virtù del quale l’esercizio dell’attività in forma associata è solo un indice di presun-
zione che il valore della produzione non derivi esclusivamente e direttamente dai
professionisti nella loro individualità: la stessa Corte ha in ogni caso puntualmente
chiarito che tale presunzione ammette la prova contraria e che gli studi professio-
nali associati possono dimostrare che detto valore è essenzialmente frutto del
lavoro professionale degli associati e che l’organizzazione riveste, invece, un ruolo
marginale. Sovviene riguardare che nella Sentenza n. 14060 del 03.08.2012 la Su-
prema Corte aveva così affermato che, allorquando l’attività di un professionista si
volga nella forma dello studio associato, il giudice di merito deve,
ai fini della
applicazione dell’IRAP, accertare specificamente l’entità e l’incidenza a fini
reddituali, della condivisione con altri professionisti dello svolgimento di parte
della attività professionale dello studio.
Vieppiù, nell’Ordinanza n. 22386 del 03.11.2010, la stessa Suprema Corte aveva
ribadito che l’esercizio in forma associata di una professione […]
è circostanza di
per sé idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di
strutture e mezzi, ancorché non di particolare onere economico, nonché dell’inten-
to di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della
sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il
reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun
componente dello studio (...) a meno che il contribuente non dimostri che tale
reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati
[…].
Di guisa che l’IRAP va applicata nei casi in cui il lavoro autonomo professionale si
avvalga di una significativa o non trascurabile organizzazione di mezzi o di uomini
in grado di ampliarne (inmaniera autonoma a detta di chi scrive) i risultati profittevoli,
atteggiandosi come contesto potenzialmente autonomo rispetto all’apporto perso-
nale rivolto ad un ruolo di indirizzo, coordinamento e controllo (Cassazione n.
3678 del 16.02.2007). Così come sancito dalla Corte di Cassazione nella Sentenza
n. 19138 del 10.07.2008, “[…]
ove il professionista sia inserito in uno studio asso-
ciato, secondo l’
id quod plerumque accidit
, sebbene svolga anche una distinta e
separata attività professionale (diversa da quella svolta in forma associata), egli
deve dimostrare di non fruire dei benefici organizzativi recati proprio dalla sua
adesione alla detta associazione
[…]”.
4. Considerazioni conclusive
Alla luce di quanto detto appare quindi evidente che l’applicazione della presun-
zione assoluta (previsione di legge) di cui al secondo periodo dell’art. 2 D.Lgs. n.
446 del 1997 in merito all’esistenza dell’autonoma organizzazione, non operi con
riferimento ai lavoratori autonomi
3
(ivi compresi gli studi associati
4
). Nelle citate
sentenze i giudici hanno di fatto evidenziato che ai fini IRAP non è la oggettiva
natura dell’attività svolta ad essere alla base dell’imposta, ma il modo – autonoma
organizzazione – in cui la stessa è svolta, ad essere la razionale giustificazione di
una imposizione sul valore aggiunto prodotto, un
quid
che eccede il lavoro perso-
nale del soggetto agente ed implica appunto “l’organizzazione di capitali o lavoro
altrui” e che riesce a esistere in maniera autonoma.
Poiché la
ratio
dell’imposta è rappresentata dalla rilevanza economica del valore aggiun-
to, scaturente da ogni attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo
scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, sarebbe incoerente l’applicazione
dell’imposta a soggetti privi del requisito dell’autonoma organizzazione.
Con riferimento agli studi professionali, potrebbe verificarsi il caso in cui i profes-
sionisti abbiano deciso di svolgere l’attività in forma collettiva al solo fine di divi-
dersi le spese di gestione: in tale evenienza, l’organizzazione di strutture e mezzi
avrebbe solo carattere utilitario rispetto all’apporto personale di ciascun profes-
sionista, risultando conseguentemente assenti la reciproca collaborazione tra pro-
fessionisti, lo scambio di competenze (con conferenze, colloqui professionali, o
altre attività “allargate”), nonché l’utilizzazione di servizi collettivi e la sostituibilità
nello svolgimento dell’attività.
Si può quindi concludere asserendo che uno studio associato, composto da due o
più professionisti, che non si avvale di dipendenti (o in ipotesi in cui gli stessi
dipendenti non siano idonei alla produzione autonoma di valore aggiunto), che
possiede un limitato parco di beni strumentali (dove per limitato si intende una
quantità di beni necessaria allo svolgimento in proprio della attività professionale),
ove ogni singolo professionista segue la propria clientela senza una vera attività di
collaborazione tra i diversi associati ossia senza condizioni di sostituibilità tra un
professionista e l’altro nell’esercizio della professione, può essere escluso dalla
assoggettabilità all’imposta regionale sulle attività produttive.