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NUMERO 216 - NOVEMBRE / DICEMBRE 2013
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PRINCIPI CONTABILI
ANDREACECCHETTO
Ordine di Vicenza
IL COMMERCIALISTA VENETO
Valutazione d'azienda
SEGUE A PAGINA 6
1.
Premessa
In un recente articolo
1
il prof. Luigi Guatri, ricor-
dando come sia importante la leggibilità di un
libro attraverso un «
linguaggio limpido, cristal-
lino, non infarcito di anglicismi
» al fine di met-
terlo a disposizione anche dei «
non specialisti
»,
ha ricordato come la larga parte dei dottori com-
mercialisti sono considerati non specialisti nel
campo delle valutazioni.
L’affermazione è senz’altro condivisibile e ha su-
scitato nello scrivente la volontà di analizzare le
motivazioni che hanno condotto i professionisti
a questa situazione.
In primo luogo va considerata la
formazione sco-
lastica
. Grazie al confronto con vari colleghi, è
stato riscontrato come l’insegnamento delle tec-
niche di valutazione d’azienda, perlomeno nelle
università del Veneto, è stato spesso posto in
secondo piano rispetto alla trattazione di altre
tematiche riconducibili all’EconomiaAziendale e
alla Ragioneria: si pensi, per esempio, al maggior
spazio dato all’analisi di bilancio piuttosto che
alla contabilità industriale. Addirittura, in qualche
università, i colleghi non hanno nemmeno sentito
parlare di Valutazione d’Azienda! E’ noto, inoltre,
senza considerare l’istruzione universitaria, come
la materia non appaia nei programmi degli istituti
tecnici.
In secondo luogo il fenomeno è dovuto alla
for-
mazione professionale
degli stessi consulenti.
Esaminando l’offerta formativa dei vari enti di
formazione, raramente si vedono corsi ben strut-
turati che diano ampio spazio alla materia: è forse
adeguato un corso di una giornata intera per af-
frontare la tematica di tutte le metodologie
valutative? La maggior parte dei corsi ben strut-
turati sono proposti fuori dal Veneto, hanno un
costo non indifferente e comunque hanno dura-
te insufficienti per garantire la formazione di una
preparazione specialistica in materia.
Vi sono poi motivazioni riconducibili alla
tipologia
di imprese clienti
. Il tessuto imprenditoriale ita-
liano è caratterizzato da imprese non quotate di
medio-piccole dimensioni. I modelli valutativi fi-
nanziari e dei multipli, utilizzati frequentemente
in altri Stati (fra tutti i paesi anglosassoni), han-
no incontrato nel tempo molte difficoltà di appli-
cazione in Italia. Ciò a causa della scarsa diffu-
sione di
budget
e piani industriali fra le piccole
imprese italiane e alla carenza di transazioni
comparabili da prendere a riferimento.
Infine, non bisogna dimenticare la
tradizionale
specializzazione dei commercialisti italiani nel-
la fiscalità
, a scapito della cultura aziendalistica.
Negli studi professionali italiani sono certamen-
te più diffuse riviste fiscali piuttosto che riviste
dedicate alle tematiche legate al Controllo di Ge-
stione o per l’appunto alla Valutazione d’Azien-
da. Ciò è tuttavia colpa anche della
burocratizzazione dello Stato italiano che conti-
nua ad accrescere gli adempimenti fiscali, il più
delle volte inutili, con ciò sottraendo tempo ai
professionisti per specializzazioni e formazione.
Se tutto questo è vero, non va sottaciuta l’
inca-
pacità
a livello non solo nazionale, ma anche in-
ternazionale, di
pervenire a delle
best practices
comuni inambitodelle valutazioni d’azienda
.Ne
è derivata una maggiore difficoltà di
specializzazione dei professio-
nisti, smarriti di fronte a diffe-
renti posizioni dottrinali cui fare
riferimento, al moltiplicarsi di li-
bri e manuali specialistici non
sempre così «
leggibili
» come
auspicato dal prof. Guatri.
È pur vero che l’Università Boc-
coni ha il merito di aver creato e
portato avanti negli anni una
scuola del valore
che ha con-
tribuito a creare dei principi
e delle metodologie diffuse an-
che nella prassi professionale, a partire da quel
libro del prof. Luigi Guatri,
La teoria di creazio-
ne del valore. Una via europea
, che aveva l’in-
tento di «
accreditare in sede accademica la
teoria di Creazione del valore, in una versio-
ne che si propone di adattarla alla cultura
europea»
2
.
2.
Esigenza di
best practices
nelle valutazioni economiche
L’attuale situazione economico-finanziaria, carat-
terizzata da una forte crisi morale ed economica,
ha accresciuto le incertezze del
modus operandi
in campo valutativo da parte degli operatori del
settore, come pure la diffidenza dei committenti
nei confronti degli stessi
valuers
.
In altre parole, dal 2008, si sta ripetendo quella
situazione che si era creata negli anni Novanta
con le
internet companies
prive di storia, negli
anni Ottanta con la
rivoluzione biotech
, negli
anni Sessanta con il boom dell’elettronica o ne-
gli anni Venti con le innovazioni tecnologiche:
momenti di discontinuità che portano con sé ir-
razionalità e smarrimento. Momenti che mettono
seriamente alla prova i metodi di valutazione ge-
neralmente adottati nella comunità finanziaria
3
.
E’ su questo solco che si innesta, in maniera sem-
pre più forte, l’esigenza di ridurre le
discrezionalità da parte degli esperti e di fornire
delle linee comuni ai professionisti per dar loro il
modo di espletare al meglio i loro incarichi, esi-
genza ben evidenziata dalla rivista
Press
che ha
dedicato interamente il n. 48 dell’ottobre 2012
alle valutazioni economiche.
Va detto che molte associazioni, sia a livello na-
zionale che internazionale, si sono rese promotrici
in questi anni di svariati tentativi di introduzione
di
best practices
in materia di valutazione
aziendale.
In
Europa
, nel 1955 ha iniziato ad operare la
FEE
(Federation des Experts Comptables
Européenne),
la quale ha intrapreso negli anni
varie iniziative volte ad approfondire i metodi di
valutazione da adottare nei processi di stima.
A
livello internazionale
, grazie alla collaborazio-
ne fra enti professionali statunitensi e inglesi, è
nata l’Ivsc (
International Valuation Standards
Council
) che attraverso l’emanazione dei princi-
pi internazionali di valutazione (
Ivs - International
Valuation Standards
) ha realizzato la divulga-
zione di standard valutativi internazionali.
In
Italia
è stato recentemente fondato l’Organi-
smo Italiano di Valutazione (OIV), aderente
all’
Ivsc.
Fondazione OIV è una
non-member association
promossa da AIAF, ANDAF, ASSIREVI, Borsa
Italiana, CNDCEC e Università Bocconi ed è nata
per aiutare i
valuers
nella redazione di relazioni di
stima sempre più affidabili attraverso la diffusio-
ne di principi comuni condivisi in ambito
valutativo. I valutatori potranno dunque aderire
ai Principi Italiani di Valutazione (PIV) nello svol-
gimento degli incarichi valutativi attraverso una
adesione volontaria che dovrà essere contenuta
nella relazione di stima. Tale adesione non potrà
essere parziale
4
.
L’idea di fondo è quella di PIV non in contrasto
con i criteri valutativi previsti dalla legge, da re-
golamenti o da norme contabili.
Il messaggio diffuso nel corso della prima Confe-
renza internazionale sulla valutazione d’azienda,
svoltasi a Milano il 22 ottobre 2012 presso l’Uni-
versità Bocconi, sottolineato dall’intervento del
prof. Mauro Bini, è il seguente: fintanto che due
L'OIV dà slancio al processo
di
best practices
nel campo delle valutazioni
1
Guatri L.,
Un’opera di Pellegrino Capaldo. «L’azienda centro di produzione»
, in La valutazione delle aziende, n. 9/2013, pag. 3. Finanza e Valore Editore, Milano.
2
Guatri Luigi,
La teoria di creazione del valore. Una via Europea
, Egea, Milano, 1991, pag. 1. L’«adattamento», come lo definisce il prof. Guatri, si riferisce ai contributi di
autori prevalentemente anglosassoni, dove la Teoria del Valore ha trovato terreno fertile. Fra tutti, si cita l’opera di A. Rappaport
Creating Shareholder Value
, The Free Press,
New York, 1986.
3
Si veda al riguardo Guatri Luigi e Zanetti Laura,
Le Ipo delle aziende internet
, Egea, Milano, 2012.
4
Salvo non vi siano disposizioni di legge o regolamentari o norme contabili che giustifichino un allontanamento dai PIV, motivazioni che devono essere spiegate nella relazione
di valutazione.