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NUMERO 214 - LUGLIO / AGOSTO 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO
SOCIETÀ
MATTEO ORLANDI
Praticante Ordine di Treviso
ORGANI DI CONTROLLO E FONDAZIONI
A
seguito dell’introduzione
nell’ordinamen-
to nazionale italiano del D.Lgs. n. 39/2010, di
recepimento della Direttiva 2006/43/CE, lama-
teria della Revisione Legale dei Conti, ed in generale
l’ambito dei controlli nelle società, sono stati posti
prepotentemente al centro dell’attenzione di professio-
nisti ed imprese. Va innanzitutto preliminarmente
evidenziato come sia stata sostituita la nozione fino a
quelmomentoutilizzatadi “controllocontabile”conquella
di “revisione legale dei conti”, e come pure l’attività pro-
pria di Revisione abbia subito notevoli modifiche, sia
sotto il profilo dei soggetti legittimati ad esercitarla, sia
sotto il profilo delle modalità tecniche del processo ne-
cessarie a realizzarla.
Ad oggi sull’argomento molto è stato detto in rappor-
to alle società commerciali, pur perseverando un certo
grado di incertezza in materia, soprattutto in merito
alle modalità pratiche con cui svolgere la Revisione
Legale, mentre più offuscata risulta la situazione per
le società non commerciali, i c.d. enti non profit. In
particolare in questo lavoro si vuole concentrare l’at-
tenzione sulle Fondazioni, particolare fattispecie di so-
cietà senza scopo di lucro la cui disciplina, specie per
quanto riguarda i controlli, risulta scarna, per non dire
quasi del tutto assente; si cercherà quindi di approfon-
dire in particolare i controlli posti in essere in tali enti,
ragionando sulla possibilità di omologarli a quelli previ-
sti dall’ordinamento per le società commerciali.
Senza soffermarci troppo sull’ambito generale della
disciplina delle Fondazioni, che tutti ben conoscono,
si vuole solo sottolineare in estrema sintesi come le
stesse siano trattate dagli articoli 14 / 35 del Libro
Primo Titolo II Capo II del Codice Civile, in cui ap-
punto vengono presentate insieme alle Associazioni.
Va sottolineato brevemente come le Fondazioni, nate
in principio come organizzazioni “pubbliche”, hanno
avuto successivamente largo consenso tra la schiera
del “privato”, dove sicuramente si sono sviluppate
con maggior successo, tanto da portare il Legislatore a
formulare un provvedimento al fine di disciplinarne il
proliferare; fu così pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.
286 del 7/12/2000 il D.P.R. n. 361/2000, recante “nor-
me per la semplificazione dei procedimenti di ricono-
scimento di persone giuridiche private e di approva-
zione delle modifiche dell’atto costitutivo e dello sta-
tuto”. Con tale provvedimento è stato dunque stabili-
to, con l’art.1, come “le Associazioni, le Fondazioni e
le altre istituzioni di carattere privato acquistano la
personalità giuridica mediante il riconoscimento de-
terminato dall’iscrizione nel Registro delle Imprese
giuridiche istituito presso le Prefetture”. Ciò non ha
tolto tuttavia la possibilità che talune Fondazioni –
seppur in numero inferiore alle precedenti, le quali resta-
no sicuramente il gruppo più numeroso – non facciano
richiesta di tale iscrizione per scelta del fondatore (rinun-
ciando altresì all’eventuale possibilità di aderire a concor-
si per contributi pubblici o privati, riservati normalmente
a Fondazioni dotate di personalità giuridica), lasciando
assolutamente valida la loro costituzione e formando così
una categoria residuale di Fondazioni non aventi perso-
nalità giuridica a causa della mancata iscrizione nei
Registri tenuti dalle Prefetture ovvero dalle Regioni.
Dopo questo breve
excursus
sulla disciplina delle Fon-
dazioni è doveroso ritornare nell’ambito dei controlli
interni alle stesse. A differenza di quanto previsto per
altri soggetti appartenenti alla schiera dei c.d. enti non
profit, va evidenziato come nessuna legge o decreto
nel nostro ordinamento faccia riferimento in modo di-
retto al tema dei controlli nelle Fondazioni. Per le
Onlus
,
ad esempio, l’art. 20 bis, D.P.R. n. 600/73, stabilisce
che “qualora i proventi superino per due anni conse-
cutivi l’ammontare di due miliardi di lire (Euro
1.032.913,80), modificato annualmente secondo le
modalità previste dall’art. 1, co. 3, Legge 16 dicembre
1991, n. 398, il bilancio deve recare una relazione di
controllo sottoscritta da uno o più revisori iscritti nel
registro dei contabili”; in materia di
Impresa sociale
,
l’art. 11, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, prevede l’ob-
bligatorietà di un organo composto da uno o più sinda-
ci in caso di superamento di due dei limiti indicati
dall’art. 2435 bis del Codice Civile ridotti della metà, i
quali devono vigilare sull’osservanza della legge e del-
lo statuto, sul rispetto dei principi di corretta ammini-
strazione, sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo /
amministrativo e contabile, monitorando altresì l’osser-
vanza delle finalità sociali (essendo appunto un ente di
scopo, al pari di Fondazioni e gli altri enti non profit).
Ancora, va ricordato che anche in materia di
Enti locali
l’art. 234, D.Lgs. n. 267/2000, prevede obbligatoriamen-
te un “organo di revisione economico – finanziaria” com-
posto da soggetti qualificati ed avente natura collegiale o
monocratica in funzione delle dimensioni dell’ente.
Nulla è dunque previsto per quanto riguarda le Fonda-
zioni in tema di controlli, se non con riferimento all’art.
25 c.c., dove viene trattato il “controllo sull’amministra-
zionedelle fondazioni”, stabilendo inparticolare che “l’au-
torità governativa esercita il controllo e la vigilanza sul-
l’amministrazione delle fondazioni”, ma nulla è appunto
dovuto in merito a controlli interni all’ente stesso.
Tuttavia, le recenti modifiche operate dal D. Lgs. n. 39/
2010 hanno offerto l’occasione per un approfondimen-
to relativo alla figura del revisore dei conti non solo nelle
società a scopo di lucro, ma anche negli enti non profit,
sebbene nemmeno in quest’ultima norma nessun riferi-
mento venga fatto a questa tipologia di enti.
Ferma restando quindi l’ampia libertà offerta dal Legi-
slatore alle Fondazioni,
in
primis
per mezzo dell’am-
pio potere offerto in sede di redazione dello statuto,
ed
in secundis
per effetto del fatto che nessuna dispo-
sizione è stata fino ad ora introdotta sulla questione,
va sicuramente notato come sempre più spesso lo
stesso Legislatore si stia preoccupando di modulare la
necessità della presenza di un revisore, o più in gene-
rale di un organo di controllo interno; tale circostanza
del resto è stata avvertita anche dagli stessi organi
amministrativi degli enti ove questi abbiano assunto
dimensioni non marginali. È interessante notare che le
stesse indicazioni espresse dal Consiglio di Stato rife-
rite ad un parere reso con riferimento all’approvazio-
ne di uno statuto di fondazione (n. 3384/95 del 6/12/
1995, secondo cui al fine del riconoscimento della per-
sonalità giuridica di una fondazione è “necessario in-
serire tra gli organi uno o più revisori dei conti in
quanto un organo di controllo contabile interno costi-
tuisce condizione ineliminabile di una corretta gestio-
ne dell’ente”) non paiono spingersi ad affermare ob-
blighi che le norme non prevedono, ma piuttosto con-
dividono l’opportunità che un organo di controllo esi-
sta. A tal proposito risulteranno quindi fondamentali
le clausole inserite negli statuti degli enti in questione,
potendo questi disporre liberamente in merito all’or-
gano di controllo, prevedendone o meno l’esistenza,
autorizzandone la nomina sulla base di qualifiche pro-
fessionali o di iscrizione al Registro dei Revisori o
sulla base di altri criteri ovvero, ancora, nulla dispo-
nendo in proposito e demandando quindi ogni decisio-
ne agli organi investiti del potere di nomina.
Va evidenziato inoltre come nell’ambito degli enti non
commerciali si modifica strutturalmente la tipologia di
approccio richiesta al revisore, rispetto all’analoga
mansione richiesta o prevista nel contesto degli enti
commerciali; il revisore di cui il mondo non profit ha
necessità non è infatti né un nozionista né un mero
esecutore di procedure (tra l’altro in Italia non ancora
facilmente identificabili anche in riferimento alle so-
cietà di capitali), e quindi non è in sostanza un revisore
contabile nell’accezione tradizionale con cui si esplica
tale termine, ovvero “una persona alla costante ricerca
nell’organizzazione dell’irregolarità formale”, ma piut-
tosto un professionista avente una conoscenza pro-
fonda della gestione di tali organizzazioni al fine di
supportare il vertice degli enti in modo che questo
possa prendere decisioni sempre più solide dal punto
di vista del rispetto della normativa vigente e dell’im-
patto di tali decisioni sulla gestione sia di breve che di
lungo periodo. Il revisore è dunque necessario, sebbe-
ne non obbligatorio, per passare dalla logica della cura
alla logica della prevenzione, a vantaggio di tutti i sog-
getti, primi tra tutti le stesse organizzazioni.
Altra precisazione va fatta in merito alla questione se
gli enti morali possano essere ricondotti nel novero dei
soggetti qualificati dal D.Lgs. n. 39/2010 come “enti di
interesse pubblico”: tale ipotesi deve essere sicura-
mente esclusa, non potendo essere classificati come
tali per il semplice fatto che il Legislatore a tali enti ha
riservato il Capo V, art. 16, D.Lgs. 39/2010, elencando
le fattispecie oggetto di tale classificazione, e non men-
zionando le Fondazioni.
Appurata dunque la non obbligatorietà degli organi di
controllo interno in seno alle Fondazioni (se non per
acquisire personalità giuridica o per essere iscritti in
appositi albi / elenchi ovvero per poter accedere a
contributi pubblici / privati, o ancora qualora previsto
dalla disciplina speciale / tributaria cui l’ente fa riferi-
mento), seppur sempre più presenti nella prassi e nei
pareri dei maggiori organi di riferimento in materia
giuridica, ci troviamo ora a considerare un’altra impor-
tante questione: una volta adottati, come detto su base
volontaria, gli obblighi di vigilanza e revisione valgo-
no, almeno come richiamo di fondo, i riferimenti alle
modalità di esercizio dettate dalla disciplina di cui agli
artt. 2403 e 2409 bis c.c., dal D.Lgs. 39/2010 e dalla
prassi? Ovvero, una volta adottato l’obbligo di revi-
sione legale, ancorché con formule anacronistiche o
poco tecniche (ferma appunto la libertà nello statuto
di scrivere “qualsiasi cosa” a riguardo), è necessario
che il processo di revisione legale dei conti sia confor-
me a quello dettato e richiamato dal D. Lgs. 39/2010 e,
dunque, ai principi e criteri di revisione? In particolare
è utile soffermarsi sul fronte della revisione legale per-
ché, tutto sommato, per quanto attiene alla vigilanza
istituzionale anche presso gli enti morali la prassi è
serenamente conforme, quanto ai contenuti ed ai me-
todi, e salve le peculiarità dei singoli enti, a quella
dettata dall’art. 2403 c.c.. Il dibattito sul tema della
revisione legale dei conti è invece più caldo, soprattut-
to per ragioni pratiche; tali cariche presso gli enti mo-
rali, va detto, spesso sono gratuite o remunerate in
modo simbolico, stante il fatto che anche la prassi
considera seriamente la revisione in questi enti solo in
caso di significativo esercizio di attività commerciali.
Per rispondere all’interrogativo che ci siamo posti poco
sopra non possiamo ovviamente riferirci a nessuna
norma o disposizione a riguardo, ma non possiamo
negare di far fatica ad immaginare l’ipotesi che la revi-
sione legale dei conti, una volta prevista, possa essere
esercitata da non revisori o secondo percorsi preferen-
ziali. D’altronde, se si decide di dar luogo alla revisio-
ne contabile è meglio, anche a tutela degli operatori,
farlo bene, dove con “bene” attualmente non può che
intendersi nel rispetto delle previsioni di cui al D.Lgs.
n. 39/2010; diversamente non si tratterebbe di revisio-
ne legale, e quindi dovremmo trovare un altro termine
con cui definire questa attività.
Detto ciò, risulta evidente come, al pari di quanto previ-
sto per le società di capitali, una volta insignito il colle-
gio sindacale / revisori del compito della vigilanza istitu-
zionale, vada nello statuto adeguatamente fatto richia-
mo alla disciplina della revisione, prevedendo il com-
penso adeguato all’incarico (art. 11 D.Lgs. n. 39/2010),
le responsabilità in seno a tale mansione (art. 15) ed
ogni altra prassi prevista per le società commerciali.