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NUMERO 214 - LUGLIO / AGOSTO 2013
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IL COMMERCIALISTA VENETO
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Il CUP può essere sia interno sia esterno in presenza di operazioni poste in essere da una parte sia verso controparti del gruppo sia verso controparti indipendenti esterne
ovvero esistendo, sul mercato della libera concorrenza, operazioni poste in essere tra controparti indipendenti comparabili a quelle in esame.
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GdF n. 1/2008, cap. VI.
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Il tema dei “comparabili” attiene alla metodologia di strutturazione del modello e della conseguente documentazione costituendo “l’analisi di comparabilità” un elemento
essenziale della stessa; si veda, P. Valente,
Manuale del Transfer Pricing
, II edizione 2012, Parte IV Metodologia.
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Il quale, con qualche indubbio problema di coordinamento, dispone infatti che “nel caso di selezione di un metodo transazionale reddituale, in presenza del potenziale utilizzo
di un metodo transazionale tradizionale, occorrerà dare conto delle motivazioni di esclusione di tale ultimo metodo. Stesso discorso vale in caso di selezione di un metodo diverso
dal metodo del confronto del prezzo, in presenza di potenziale utilizzo di tale ultimo modello”.
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A queste conclusioni, P. Valente e S. Mattia,
Principi e criticità nella selezione del metodo per determinare il transfer pricing
, in Corriere Tributario n. 3/2011
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In tale contesto si rinvia alla circolare n. 1/2008, cap. 3, “Transfer Pricing” avente ad oggetto “Istruzioni sull’attività di verifica” ove si legge: “Nondimeno, la pratica (dei
prezzi di trasferimento, n.d.a.) è spesso volta ad ottenere un risparmio fiscale e trova il suo naturale presupposto nella circostanza che l’impresa del gruppo destinataria di
maggiori utili beneficia di un trattamento tributario più favorevole rispetto a quella originariamente titolare del reddito medesimo”. Ove qualche autore ha scritto: “Il pregiudizio
in merito alla bontà della politica dei prezzi di trasferimento unitamente al fatto che le verifiche sono condotte a distanza di qualche anno rispetto alla loro elaborazione può,
infatti, condizionare pesantemente, fin dall’inizio, la verifica ed il suo esito” in P. Valente, op.cit., pag. 945.
La tematica dei prezzi
di trasferimento
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valor normale sulla cui base strutturare una corretta determinazione dei prezzi di
trasferimento, la tabella riportata nella pagina precedente intende trasferire i metodi
elaborati tramite le principali teorie a livello internazionale da assumere in via
preferenziale sulla scorta, tuttavia, di un principio di applicazione che tende a
preferire il metodo che meglio rappresenta i termini della transazione.
I “metodi tradizionali” attengono a quelle metodiche che storicamente sono state
definite dalla dottrina e dalla pratica internazionale per la definizione dei prezzi
come comunemente accettati; accanto ad essi, la pratica ha introdotto altre metodi-
che “alternative”. Giova subito premettere che le Guidelines 2010, nel capitolo II,
hanno introdotto dei cambiamenti essenzialmente riconducibili all’abolizione della
gerarchia nell’applicazione dei metodi; infatti con riguardo all’esperienza interna-
zionale, l’OCSE ha abolito il carattere di eccezionalità riferibile ai metodi alternativi
o “metodi reddituali” in favore di un nuovo standard basato sulla selezione ed
applicazione del “
most appropriate method to the circumstances of the case
”. In tale
contesto il “
metodo del confronto del prezzo
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(CUP, Comparable Uncontrolled
Price) appare quello preferenziale rispetto agli altri anche se, nella prassi, è difficile da
incontrare per la difficoltà di riscontrare transazioni effettivamente comparabili, im-
plicando la sua applicazione l’ininfluenza del rapporto tra le parti nella determinazio-
ne del prezzo di trasferimento, ipotesi questa non concretamente agevole nei gruppi,
caratterizzati come abitualmente sono, da forti processi di integrazione industriale e
commerciale e da specifiche peculiarità di rapporti legate alla tipologia di business tali
da rendere pressoché impossibile il reperimento di operazioni comparabili.
Il “
metodo del costo maggiorato
” (Cost Plus) definisce il valor normale della tran-
sazione basandosi sul costo sostenuto dal cedente, aggiungendo a questa compo-
nente -sia essa un bene od un servizio- una margine di utile lordo che rifletta la
remunerazione del capitale investito. Nella prassi più accreditata, nella
quantificazione del costo debbono essere ricompresi sia gli oneri diretti che quelli
indiretti; in linea di massima, il criterio del costo maggiorato appare idoneo a rap-
presentare con adeguatezza transazioni tra parti ove una parte svolga un’attività
limitata ovvero a basso contenuto di valorizzazione od assuma un profilo di rischio
limitato. La sua applicazione nel settore della prestazione dei servizi appare parti-
colarmente sfruttata nella pratica nota.
Il “
metodo del prezzo di rivendita
” (Resale Minus) riconduce il valor normale al
prezzo al quale la merce, che è stata oggetto di acquisto da parte di una società del
gruppo, viene rivenduta ad un operatore indipendente, nettata di un margine plau-
sibile di utile lordo. L’elemento di partenza, in questo caso, è quello del prezzo di
rivendita all’eventuale soggetto esterno al gruppo che, in tale caso, andrà diminuito
delle eventuali spese di distribuzione (quali eventuali bonus ed extrasconti, il tra-
sporto primario, eventuali provvigioni, spese di pubblicità e promozionali soste-
nute dal distributore) oltre ad un adeguato margine di profitto. Secondo la stessa
valutazione della citata circolare
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, il metodo è preferibile in tutti quei casi in cui
l’impresa sia inserita nel ciclo distributivo dei prodotti del gruppo, risultando quindi
proficuamente utilizzabile nelle ipotesi di rivenditori che non aggiungano valore so-
stanziale al prodotto, limitandosi al più ad una attività di commercializzazione ove il
tempo trascorso tra l’acquisto e la rivendita sia breve in termini commerciali così da
consentire di trascurare fattori dinamici quali il tasso di cambio, l’obsolescenza del
magazzino ed il conseguente rischio generale del mercato.
Accanto a tali metodiche tradizionali, la prassi, in particolare quella americana -da
cui talvolta la definizione di questi come i “metodi americani”- ha elaborato delle
metodologie alternative
volte a tracciare il prezzo di trasferimento laddove risul-
tasse oltremodo complesso definire il valore normale con l’ausilio dei metodi tradi-
zionali per l’impossibilità di individuare una transazione comparabile o per l’im-
possibilità di individuare un confronto. Sostanzialmente questi metodi hanno la
peculiarità di non mirare, come i tradizionali, alla definizione di un corretto prezzo
di trasferimento ma si basano sull’assunzione della ripartizione del margine netto
che l’impresa ritrae quale elemento tecnico che approssima il valor normale dei
prezzi di trasferimento. Sulla base di tale diversa assunzione metodologica, l’OCSE ha,
dapprima, osteggiato tali metodiche poi, nello sforzo di recepire gli orientamenti e le
impostazioni dei grandi gruppi multinazionali di matrice nord americana, ha acquisito
tali riferimenti aggiornando le proprie Guidelines, apportando tuttavia modifiche od
integrazioni tali da far loro acquisire una dignitàmetodologica pur lasciando, come unico
principio di riferimento, l’assunto che il metodo da sciegliersi come base delle transazio-
ni in tema di prezzi di trasferimento sia quello più appropriato in relazione al caso
specifico secondo la determinante “
on a case by case basis
”.
Il “
metodo della suddivisione del profitto
” (Profit Split) individua il prezzo di
trasferimento in base alla ripartizione del profitto totale della transazione o del
profitto complessivo del gruppo al quale fanno parte le correlate coinvolte nella
transazione in base a parametri derivanti dall’analisi economica funzionale. Il
metodo del margine netto della transazione
” (Transational net margin, TNMM)
deriva da un processo di comparazione del margine netto di profitto realizzato dalle
imprese coinvolte nel processo debitamente confrontato, a livello di profitto deri-
vante dalla misura del margine netto in una sua configurazione definita, con quelli di
altre imprese indipendenti selezionate a livello di comparables
15
.
Andiamo alle conclusioni di questa veloce disamina dei metodi: i chiarimenti con-
tenuti nella circolare n. 58/E nella suo paragrafo 5, confortati dalle assunzione
condivise dall’OCSE nella revisione delle Guidelines 2010, superano i primi rigoro-
si orientamenti della prassi rappresentata dalle C.C.M.M. n. 32/1980 e n. 42/1981
nonché dello stesso provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del
29.09.2010
16
.
Risulta quindi del tutto superata l’interpretazione secondo cui i metodi alternativi
sono
sussidiariamente
applicabili, qualora a seguito dell’adozione dei metodi di
base sorgano incertezze od occorra individuare elementi differenziali tra due transa-
zioni ai fini dell’applicazione dei tre metodi principali; essi sono, invece,
alternati-
vamente
applicabili se nessuno dei metodi di base risulta applicabile. Tale nuovo
assetto implica la possibilità del contribuente-società multinazionale di scegliere di
applicare un metodo piuttosto che un altro nell’ipotesi in cui, in via anche solo
potenziale, uno dei metodi transazionali reddituali risulti applicabile alle transazio-
ni infragruppo che troveranno descrizione analitica nel set documentale ai fini del
transfer price in modo affidabile rispetto all’applicazione del metodo tradizionale
alla condizione di fornirne idonea, esaustiva e convincente giustificazione in sede
documentale
17
e dell’eventuale processo di verifica
18
.
I
n un prossimo intervento, affronterò il tema
delle logiche sottese alla
stesura ed elaborazione del set documentale richiesto ai fini della sua idoneità
probatoria, con delle note relative ai rischi connessi per individuare le criticità
delle eventuali fasi ispettive e di verifica da parte dell’Amministrazione
Finanziaria con un inquadramento sistematico delle possibili “
strategie fiscali
(legittime) prospettabili in capo al contribuente in tema di prezzi di trasferimento
in ordine alla redazione del set ed al regime della
penalty protection
.
Anche per l'anno 2013
saranno premiati i tre
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nostro giornale. I premi – rispettivamente di Euro
1000, 750, 500 – sono destinati ai giovani dottori
commercialisti iscritti da non più di 5 anni e con
età anagrafica massima di 35 anni e ai praticanti
(sempre d'età inferiore ai 35 anni). La commis-
sione, insindacabile, è composta dal Comitato di
Redazione del nostro giornale.
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