Page 31 - CV_213

Basic HTML Version

NUMERO 214 - LUGLIO / AGOSTO 2013
31
IL COMMERCIALISTA VENETO
(
22
) Ai fini della valutazione dell’eventuale responsabilità del notaio rogante, la medesima Cassazione ha inoltre stabilito come «sussiste la responsabilità disciplinare del notaio
a norma della L. n. 89/1913, art. 28, comma 1, n. 1, per aver redatto un atto espressamente proibito dalla legge, allorché sia stato rogato, a decorrere dall’1 settembre 2011,
un atto costitutivo di società, con previsione di clausola compromissoria di arbitrato di diritto comune e, quindi, difforme dal disposto del D. Lgs. N. 5/2003, art. 34, poiché sola
da tale data può ritenersi pacifica l’interpretazione della norma come comportante la nullità di siffatta clausola». L’impostazione della Suprema Corte si basa sull’assunto
(sorretto da copiosa giurisprudenza di merito) in forza del quale la responsabilità del notai ex
art. 28 si configurerà unicamente in ipotesi di atto radicalmente nullo. Per un
approfondimento sul punto si rimanda a N. Soldati, nota a Cass., 13 ottobre 2011, n. 21202, in
Società
, 2012, 213 ss., spec. 214.
(
23
) Deve segnalarsi come la fattispecie sulla quale la Cassazione si è pronunciata era riferita non solo all’introduzione di clausole compromissorie dopo l’entrata in vigore del
D.Lgs. n. 5/2003 ma, altresì, all’eventuale adeguabilità delle clausole preesistenti.
(
24
) v.,
inter alia
, Trib. Milano, 7 gennaio 2010, in
Giur. it.
, 2010, 2366 ss.; Trib. Milano, 20 aprile 2009, in
Giust. a Milano
, 2009, 4, 30 ss.; Trib. Milano, 12 marzo 2009,
ivi,
2009, 4, 30 ss.; App. Milano, 13 giugno 2008, in
Foro pad.,
2007, 421 ss.; Trib. Trani, 15 ottobre 2008, in
www.Giurisprudenzabarese.it,
2008; Trib. Parma, 11 aprile 2008,
in
Dir e prat. soc.,
2009, n. 4, 23 ss., con nota di N. Soldati,
La facoltà delle parti di scelta dell’arbitrato societario;
Trib. Salerno, 12 aprile 2007
,
in
Giur. comm.,
2008
,
4, 865
ss.; App. Torino, 4 agosto 2006, in
Corr. mer.,
2006, 11, 1259 ss.; Trib. Milano, 25 giugno 2005, in
Giur. it.,
2006, 8-9, 1639 ss.; Trib. Udine, 4 novembre 2004, in questa
Società,
2005, 777 ss., con nota di N. Soldati, ove si precisa che «la sanzione di nullità deve quindi ritenersi limitata alle clausole compromissorie deliberate dopo l’entrata in
vigore della nuova normativa processuale societaria, rimanendo le clausole preesistenti valide ed efficaci, sia pure nei limiti di efficacia loro riconosciuta dalle norme previgenti».
(
25
) Basti pensare alle ripercussioni delle controversie societarie oltre i confini della compagine sociale (si pensi ai creditori sociali), nonché la plurilateralità del rapporto nelle
liti sociali, che spesso produce effetti anche nei confronti di soci che non partecipano al giudizio arbitrale.
(
26
) Cfr.,
inter alia
, Trib. Novara, 20 aprile 2010, in Società, 2010, 909 ss.; Trib. Prato 19 marzo 2009, n. 319, in Riv. arb., 2009, 323 ss.; Trib. Milano 30 aprile 2008, in
Società, 2008, 1944 ss..
(
27
) A sommesso avviso di chi scrive proprio quest’ultime avrebbero abbisognato di una disciplina maggiormente lineare in ragione del dato statistico che le vede quali principali liti societarie.
(
28
) Cfr. l’art. 12 della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366 ove viene espressamente stabilito che la riforma «può altresì prevedere la possibilità che gli statuti delle società
commerciali contengano clausole compromissorie, anche in deroga agli articoli 806 e 808 del codice di procedura civile». La citata previsione non è stata recepita
in toto
dal
legislatore delegato cosicché, ad oggi, la materia indisponibile rimane ancora incompromettibile. Sulla facoltà di cui alle legge delega v. in particolare G. Ruffini,
Arbitrato e
disponibilità dei diritti nella legge delega per la riforma del diritto societario
, in questa
Judicium
, 2002, 133 ss.; ID.,
Il nuovo arbitrato per le controversie societarie
, in Riv.
trim dir. proc.. 2004, 499 ss.; F.P. Luiso,
Commento sub art. 34 D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5
, in Il nuovo processo societario, a cura di F.P. Luiso, Torino 2006, 562 ss.; S.
Chiarloni,
Appunti sulle controversie deducibili in arbitrato societario e sulla natura del lodo
, in Riv. trim dir.proc. civ. 2004, 127 ss.; E. Zucconi Galli Fonseca,
La convenzione
arbitrale nelle società dopo la riforma
, in Riv. trim dir.proc., 2003, 932 ss..
(
29
) Di questo avviso mi sembrano E.F. Ricci, Il nuovo arbitrato societario, cit., 520 ss.; E. Zucconi Galli Fonseca,
La convenzione arbitrale nelle società dopo la riforma
, cit.,
942 ss. Per tutti valga riportare la lucida sintesi di G. Della Pietra, op. cit., 235: «1) in chiave concettuale è possibile distinguere fra giudizi su diritti relativi al rapporto sociale,
nei quali l’interesse del socio è immediato e diretto, dai giudizi che hanno ad oggetto la validità di delibere assembleari, in cui quello stesso interesse è mediato e indiretto. Sul piano
letterale le disposizioni del titolo V (art. 34, comma 1°, art. 35, comma 5°, art. 36, comma 1°) sembrano coltivare quella distinzione; 2) ai sensi dell’art. 36, comma 1, “anche
se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile
anche a norma dell’art. 829, comma 2, c.p.c. quando per decidere abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla
validità di delibere assembleari”. Se l’impugnativa di delibere non si ritiene sempre arbitrabile, riesce difficile spiegare perché la materia si sottrae alla regola propria dell’arbitrato su diritti
disponibili per essere equiparata a quella propria delle questioni che a mente dell’art. 806 non possono formare oggetto di convenzione arbitrale; 3) la soluzione si armonizza con la non lieve
revisione del settore dell’impugnazione delle delibere assembleari operata dal D. Lgs. n. 6/2003, sostanzialmente volta a ridurre il rilievo e la portata dei vizi delle delibere assembleari. Maggiore
tipizzazione dei casi d’invalidità, riduzione dell’area della nullità a favore dell’annullabilità, riduzione del novero dei soggetti legittimati ad esercitare l’azione di annullamento, fissazione di un
termine anche all’azione di nullità, previsione di casi di sanatoria della nullità stessa, mostrano la tendenza a ridimensionare l’area e le conseguenze dei vizi d’invalidità, con l’indiretto e forse
auspicato effetto di circoscrivere (se non proprio eliminare) la potenziale indisponibilità della corrispondente materia. Ben si sposa con questa visione una lettura delle disposizioni in tema
di arbitrato che, spazzando il campo dalle disquisizioni che fin qui hanno impegnato la giurisprudenza, rende compromettibile l’impugnazione delle delibere senza distinguere fra oggetto e
oggetto, fra annullabilità e nullità, fra interesse dei soci e interesse della società, e fra interesse di questa e interesse dei terzi».
(
30
) In giurisprudenza, in questo senso, si registra la posizione del Trib. Napoli, 8 marzo 2010, in Società, 2010, 1510 ss. con nota di S. Izzo, il quale fonda il proprio ragionamento
sul combinato disposto degli artt. 35 e 36 D.Lgs. 5/2003: «in quanto entrambe le disposizioni non solo non richiedono il requisito della disponibilità, ammettendo la devoluzione
ad arbitri delle impugnazioni di delibere in via generale, ma recepiscono espressamente la condizione posta dalla legge delega per l’arbitrabilità di controversie in materia non
disponibile (in quanto non transigibile), attraverso la previsione del divieto di equità e la relativa impugnabilità del lodo per violazione di legge».
(
31
) In argomento v. P.L. Nela,
Il nuovo processo societario
, cit., 943 ss, il quale esemplifica come segue: «se, ad esempio, un socio proponesse nei confronti della società una
azione avente ad oggetto un contratto per fornitura di servizi dalla società al socio, il rapporto dedotto in giudizio avrebbe di sociale solo il dato, invero, causale, di essere sorto
fra la società e chi, ad altro titolo, ha anche la qualità di socio. Con riferimento a questo rapporto certamente non opererebbe la clausola compromissoria».
Applicabilità
dell'arbitrato societario
SEGUE DA PAGINA 30
SEGUE A PAGINA 32
missoria che preveda un arbitrato di diritto comune, senza rispettare la
prescrizione in punto di nomina degli arbitri di cui a detta norma» (
22
)(
23
).
L’arresto di legittimità in parola si innesta nel solco di una radicata giurispru-
denza di merito (
24
). In altri termini, e concludendo sul punto, pare ormai dato
consolidato che il riferimento normativo di cui all’art. 34 (nel quale è contenu-
to il discusso verbo «
possono
») riferisce alla facoltà delle parti non di deferi-
re la controversia ad un arbitrato di diritto comune, bensì di poter optare per
il ricorso al giudicante ordinario in luogo dell’arbitrato societario.
CONTROVERSIE ARBITRABILI ED OGGETTO
DELL’«ARBITRATOSOCIETARIO»
Il dato normativo di riferimento
Al fine di correttamente individuare le controversie compromettibili
nell’«arbitrato societario», è necessario circoscrivere l’ambito oggettivo di
applicazione attraverso una lettura congiunta degli articoli 34, 35 e 36 del
D.Lgs. n. 5/2003. In particolare dovrà aversi riguardo al combinato disposto:
(i) dell’art. 34, comma 1, ove viene stabilita la possibilità di devolvere in
arbitrato le «
controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società
che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale
»;
(ii) dell’art. 34, comma 4, il quale integra il perimetro fissato dal primo comma
della medesima norma disponendo la compromettibilità delle «
controversie
promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti
e, in tale caso, essa
[la clausola arbitrale]
, a seguito dell’accettazione dell’in-
carico, è vincolante per costoro
»;
(iii) dell’art. 34, comma 5, ove viene precisato come «
non possono essere
oggetto di clausola compromissoria le controversie nelle quali la legge
preveda l’intervento obbligatorio del pubblico ministero
»;
(iv) dell’art. 35, comma 5, ove viene prevista la possibilità di devoluzione
«
in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità delle delibere
assembleari
»; ed infine
(v) dell’art. 36, comma 1, nel quale è precisato come «
Anche se la clausola
compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero
con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto,
con lodo impugnabile anche a norma dell’articolo 829, secondo comma,
del codice di procedura civile quando per decidere abbiano conosciuto
di questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio
sia costituito dalla validità di delibere assembleari
».
Fissato quanto disposto dalle norme che precedono, il tema dei limiti og-
gettivi dell’«arbitrato societario» rimane ancor oggi piuttosto scivoloso,
attesa l’innegabile difficoltà, proprio nel contesto societario, di cristallizza-
re un precisa linea di confine tra diritti disponibili e diritti indisponibili (
25
).
Sul punto la giurisprudenza ha più volte ribadito il proprio approccio attra-
verso pronunce di tipo restrittivo nelle quali non ha ritenuto arbitrabili le
controversie legate ad interessi della società o della collettività dei soci (
26
).
Le tesi interpretative
Da un punto di vista normativo deve innanzitutto rilevarsi come il riferi-
mento alla disponibilità del diritto sotteso come elemento qualificante
l’arbitrabilità della fattispecie si ritrovi unicamente nel primo comma dell’art.
34. Lo stesso, infatti, non viene richiamato tanto nell’ipotesi di controver-
sie che involvano organi sociali, tanto in quelle aventi ad oggetto le delibere
assembleari (
27
). Un tanto sebbene la legge delega avesse espressamente
autorizzato l’introducibilità di clausole compromissorie in deroga agli artt.
806 e 808 c.p.c. e, per l’effetto, avesse così legittimato le stesse a conoscere
anche di questioni non soggette a transazione (
28
).
Superando l’apparente contraddizione autorevole dottrina ha ricavato una
lettura del combinato disposto delle norme qualificanti l’oggetto
dell’«arbitrato societario» ai sensi della quale il
discrimen
dei «
diritti dispo-
nibili
» di cui al primo comma dell’art. 34 D. Lgs. 5/2003 debba considerarsi
riferibile unicamente alle controversie fra soci o fra soci e la società. Ciò
implica che, secondo tale impostazione, le impugnative delle delibere assem-
bleari rimarrebbero in ogni caso compromettibili (
29
)(
30
). In questa prospetti-
va, tuttavia, mi sembra permanere un contesto piuttosto incerto per quelle
liti in cui sono parte amministratori, liquidatori e sindaci.
Maggiormente decisive appaiono, invece, le argomentazioni della diversa
teoria secondo la quale la verifica della disponibilità del diritto debba
residuare anche in ipotesi di impugnativa di delibere assembleari. Tale
impostazione rappresenta, di certo, un percorso più ostico poiché necessi-
ta di una preventiva qualificazione del concetto di «
diritti disponibili re-
lativi al rapporto sociale
» proprio in un contesto, quello riferito a dette
fattispecie assembleari, ove, in ragione dell’intreccio di interessi di caratte-
re generale (o più semplicemente diffuso), risulta difficile determinare con
certezza una linea di confine tra disponibilità ed indisponibilità.
Muovendo dalla semplice lettura del dato normativo si desume come le
controversie arbitrabili non possano risultare qualificate da una semplice
riconducibilità ai soci e/o alla società delle relative fattispecie, ma debbano
invece possedere una vera e propria connotazione oggettiva di carattere
societario ovvero inerire al «
rapporto sociale
» (
31
). Seguendo tale argo-
mentazione la dottrina è giunta a ritenere, ad esempio, che le controversie