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NUMERO 214 - LUGLIO / AGOSTO 2013
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Il privilegio professionale
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D.M. 8 febbraio 2013 n. 34, pubblicato nellaG.U. n. 81 del 6 aprile 2013 e in
vigore dal 22 aprile 2013. Ad oggi dunque, in base alla normativa vigen-
te, è possibile svolgere le professioni protette non più solo mediante la
struttura associativa bensì anche mediante società di persone, capitali
e cooperative. Sulla base di tale
excursus
normativo risulta dunque
evidente che il legislatore ha recepito una tendenza consolidata nel-
l’ambito professionale, che vede sempre più frequentemente il costi-
tuirsi di studi professionali associati, necessari per un corretto e
completo riscontro alle richieste del cliente.
L’evoluzione e il progresso avvenuto nelle normativa riguardante gli
studi professionali non sembra però essere stato accompagnato da una
eguale evoluzione in materia di privilegio professionale.
Sulla base della normativa sopra richiamata, e della lettura che sembra
averne dato ad oggi la giurisprudenza, la natura privilegiata non è rico-
nosciuta a tutti i crediti professionali, ma soltanto a quelli in cui è
riscontrabile
l’elemento personale
del rapporto dell’opera tutelato dal-
la norma. In base a tale lettura si ritiene che l’art. 2751 bis del Codice
Civile, posto a tutela del credito del singolo professionista, non possa
essere interpretato estensivamente; l’istituto del privilegio infatti, il quale
costituisce eccezione al principio generale della “
par condicio
creditorum
”, non è suscettibile di estensione analogica trattandosi di
c.d. “
jus singolare
” (art. 14 delle preleggi).
Come considerato in molte pronunce
1
, nell’art. 2751 – bis del Codice
Civile non confluisce solo l’aspetto compensativo di un’attività di na-
tura oggettivamente professionale, ma altresì, l’aspetto
retributivo di
un’attività soggettivamente professionale
, sicché non rientra nella pre-
visione il compenso ad un professionista per un’attività non stretta-
mente professionale, ma in essa non rientra neppure, nella sua letterale
formulazione che fa espresso riferimento ai professionisti ed ai prestatori
di opera intellettuale, un compenso per un’attività identica all’attività
professionale, ma svolta da soggetto cui non competa la qualifica di
prestatore d’opera intellettuale.
E’ evidente che tale interpretazione mira a tutelare la maggiore precarietà
economica del professionista individuale
2
, al fine di evitare che lo stes-
so, in caso di fallimento di un proprio debitore, sia esposto in una
misura maggiormente significativa e gravosa a ripercussioni sulla sua
attività e stabilità del proprio reddito (senza alcun intento di approfon-
dimento è peraltro evidente come tale lettura si richiami alla tutela costi-
tuzionalmente prevista del lavoro personale).
Un ulteriore assunto sul quale si basano le letture ora richiamate consi-
ste nel ritenere che, all’interno di un’associazione professionale, siano
attenuate le ripercussioni negative derivanti da eventuali inadempimenti
negoziali, in quanto proprio la suddivisione con altri professionisti di
rischi ed oneri, nonché l’idoneità dello studio stesso a sviluppare una
rete più ampia di clienti e di rapporti, consentirebbe di configurare una
maggiore redditività e stabilità economica dell’associazione rispetto a
quella del singolo professionista.
2. Nuovi orientamenti giurisprudenziali
Individuato l’orientamento prevalente che predilige una interpretazio-
ne più restrittiva della normativa in esame, vi sono alcune pronunce
giurisprudenziali che tendono a mitigare tale posizione, nel convinci-
mento che il mero inserimento del singolo professionista all’interno di
una struttura lavorativa più organizzata, non deve essere considerato a
priori elemento necessario e sufficiente per escludere il privilegio del
credito professionale
3
.
Infatti, secondo tale posizione, ai fini del riconoscimento del privilegio,
l’inserimento del professionista in uno studio associato non fa per-
dere al credito del professionista il carattere retributivo quando il
credito nasce da un’attività direttamente imputabile al singolo pro-
fessionista
”.
Quest’ultimo orientamento si basa sulla considerazione che la previsio-
ne dell’articolo in esame non opera alcuna distinzione né sotto il profilo
retributivo né sotto il profilo del modello organizzativo, richiedendo ai
fini del privilegio unicamente che il credito abbia per oggetto la retribu-
zione spettante ad un professionista.
Lo snodo fondamentale ai fini dell’attribuzione del privilegio professio-
nale non sembra più essere la distinzione tra creditore singolo o orga-
nizzato in studio professionale; è da analizzare, invece, se il credito di
cui si chiede l’insinuazione riconduca alla remunerazione di una singo-
la ed autonoma prestazione lavorativa (professionale), pur includendo
le spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento, ovvero
debba essere considerato un corrispettivo complessivamente determi-
nato in ragione di un servizio essenzialmente “imprenditoriale” offerto
dallo studio associato, anche se certamente in parte riferibile anche al
lavoro del professionista stesso.
E’ nell’ambito della necessità di effettuare tale valutazione che può essere
opportuno richiamare la sentenza della Cassazione n. 22439 del 22 ottobre
2009, in base alla quale “
risulta necessario accertare se il rapporto
professionale si instauri tra un singolo professionista e il suo cliente
ovvero tra costui e un’entità collettiva nella quale il professionista
risulti organicamente inserito quale prestatore d’opera qualificato
”.
Nel primo caso il credito professionale ha per oggetto prevalente la
remunerazione di una prestazione lavorativa, anche se include le spese
organizzative essenziali al suo svolgimento; mentre, nel secondo caso,
il credito ha per oggetto un corrispettivo, certamente riferibile al lavoro
del professionista organico, oltre che al capitale, ma solo quale voce del
costo complessivo di un’attività essenzialmente imprenditoriale
4
.
Come ricordato dai giudici del tribunale di Padova
5
, in ordine alla
legittimazione attiva, “
i professionisti che si associano per dividere le
spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività non
trasferiscono per ciò solo all’associazione tra loro costituita la
titolarità del rapporto di prestazione d’opera, ma conservano la ri-
spettiva legittimazione attiva nei confronti de proprio cliente, sicché
non sussiste una legittimazione alternativa del professionista e dello
studio professionale."
In questo contesto assume rilevanza dunque anche l’effettiva organiz-
zazione dello studio, il numero dei soci nonché le modalità di distribu-
zione degli utili tra gli stessi. Con riguardo a tale ultimo aspetto in parti-
colare, tenuto conto della ricostruzione ora riportata, la semplice asso-
ciazione al fine di dividere le spese di gestione necessarie al
perseguimento dell’attività professionale non comporterebbe la perdita
della legittimazione attiva nei confronti dei propri clienti
6
.
L’esistenza di una associazione professionale di per sé non è requisito
sufficiente ad escludere a priori il privilegio del credito ma assume invece
fondamentale importanza la
titolarità del credito
e, in altri termini,
il sog-
getto legittimato apresentare l’istanzadi ammissione allo statopassivo
.
Sul punto, come più volte affermato in giurisprudenza
7
, è bene però
ricordare che non sussiste una legittimazione concorrente tra associa-
to e studio professionale
8
: il credito o è dello studio o è dell’associato.
Inoltre, solo nel momento in cui l’oggetto della prestazione di cui si
chiede la liquidazione non presuppone la personalità del rapporto tra
cliente e professionista, allora l’associazione professionale, costituen-
1
Cass. n. 22439 del 22 novembre 2009; Cass. n. 476784 del 14 aprile 1992.
2
Cass. del 11 luglio 2013 n. 17207: “sull’assunto che la
voluntans legis
espressa nel citato disposto normativo mira alla tutela del professionista che svolge la sua opera
in forma individuale analogamente al lavoratore dipendente“.
3
Sentenza del Tribunale di Milano del 25 febbraio 2008.
4
Sentenza del Tribunale di Parma del 16 dicembre 2004.
5
Sentenza del Tribunale di Padova del 21 luglio 2011.
6
Cass. n. 10398 del 3 maggio 2013; Cass. n. 6994 del 22 marzo 2007; Cass. n. 15633 del 10 luglio 2006; Cass. n. 13142 del 09 settembre 2003.
7
Sentenza del Tribunale di Treviso del 08 luglio 2013; Cass. n. 18455 del 8 settembre 2011.
8
Lo studio professionale rientra, infatti, nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di
imputazione di rapporti giuridici, muniti di legale rappresentanza in conformità della disciplina dettata dall‘art. 36 e ss. del Codice Civile.