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NUMERO 214 - LUGLIO / AGOSTO 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO
assicura la libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali nonché la libertà di stabilimento
A tal fine è necessario: “
rafforzare la tutela dei diritti fondamentali alla luce dell’evoluzione della società,
del progresso sociale e degli sviluppi scientifici e tecnologici”
“La presente Carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti della Comunità e dell’Unione
e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi
internazionali comuni agli Stati membri, dal trattato sull’Unione europea e dai trattati comunitari, dalla conven-
zione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalle carte sociali adottate
dalla Comunità e dal Consiglio d’Europa, nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia delle Comunità europee e da quella della Corte europea dei diritti dell’uomo”
“Il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della
comunità umana e delle generazioni future”.
Dalla lettura di tali disposizioni, potremmo dire che l’ordinamento europeo è una continuazione della nostra
Carta costituzionale. Il fine dell’UE, come pure quello dell’art. 2 della Costituzione, è quello di promuovere lo
sviluppo della persona continuando la tradizione umanistica europea, con la differenza che in ambito europeo i
fini sono ancor più elevati (“
fine di promuovere la pace, la sicurezza e il progresso in Europa e nel mondo
”).
I principi generali che regolano l’esercizio delle competenze dell’Unione Europea
L’ordinamento europeo contiene anche strumenti per la realizzazione dei diritti e delle libertà in essi garantiti,
quali il “principio di effettività” il quale assicura che dette libertà e diritti siano garantiti dalle istituzioni sì da non
rendere eccessivamente difficile l’esercizio degli stessi.
In un
ordinamento tributario
in cui sembra essere svanita la
“certezza del diritto”
, i principi affermati dalla
“Costituzione europea”
e dalle sentenze della Corte di Giustizia sembrano portare maggior sicurezza agli
operatori economici. Da esse si desume che un principio cardine dell’UE è la “certezza del diritto”, che consente
all’operatore economico di conoscere quello che può e quello che non può fare.
Il cittadino non deve comunque abusare dei diritti e delle libertà riconosciute dal TUE, in quanto ciò sarebbe
contrario alle stesse regole comuni. A tal proposito è utile ricordare che oltre al principio della certezza di diritto,
ve ne sono altri che regolano l’esercizio delle competenze dell’Unione Europea e degli Stati membri.
Principio di proporzionalità
, illustrato nell’articolo 5, IV co., del Trattato sull’Unione Europea, esso
mira a inquadrare le azioni delle istituzioni dell’Unione entro certi limiti. In virtù di tale principio l’azione delle
istituzioni deve limitarsi a quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi fissati dai Trattati. Dunque il
legislatore deve limitarsi a fare il legislatore, l’autorità giudiziaria non deve invadere l’ambito di azione del
legislatore con sentenze che di fatto creano norme, l’Amministrazione Finanziaria deve applicare solamente
quanto previsto
ex lege.
Principio di non confiscatorietà
, è a presidio del divieto di prelievi confiscatori, sul cui concetto si è
molto dibattuto, in quanto non è affatto agevole individuare quella “famosa soglia”, varcata la quale l’imposta,
da legittimo esercizio della potestà impositiva dello Stato sovrano, si converte in abuso, aggressione alla proprie-
tà privata dei singoli, assumendo per l’appunto valenza confiscatoria. Trattasi quindi di un concetto strettamen-
te legato al diritto di proprietà, così come vivificato nella giurisprudenza della CEDU e della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea, atteso che l’imposizione fiscale incide fatalmente sulle ricchezze possedute dai contri-
buenti (sotto forma di reddito o patrimonio).
Principio del contraddittorio
, esprime la garanzia di giustizia secondo la quale nessuno può subire gli
effetti di una sentenza, senza avere avuto la possibilità di essere parte del processo da cui la stessa proviene,
ossia senza aver avuto la possibilità di un’effettiva partecipazione alla formazione del provvedimento
giurisdizionale (diritto di difesa). Detto principio concorre a realizzare il “buon andamento” della pubblica
amministrazione.
Principio di buona fede
, tale principio è essenziale nella tradizione giuridica occidentale ai fini di un
rapporto fisco-contribuente improntato a canoni di civiltà. Detto rapporto non deve fondarsi sul timore della
sanzione per il contribuente, come conseguenza di qualsiasi violazione di tipo formale, ma su ampia collabora-
zione al fine di consentire un adempimento dei tributi
secundum legem
.
Sull’effettiva applicazione di tali principi si gioca gran parte del “consenso all’imposta” dei contribuenti.
La comunanza agli Stati membri dell’UE di questi principi, riconosciuti dall’Unione europea con i
“Trattati della
Costituzione europea”
, è alla base di un disegno politico iniziato più di cinquant’anni fa, che vede l’Europa come
depositaria dei principi fondamentali di tutela della persona e guarda al di là di uno
“Stato di diritto Europeo”
.
I principi sopra indicati, in quanto principi generali di giustizia, sono principi in grado di superare i confini
dell’Europa, diffondendo la loro forza anche al di là dell’
acquis comunitario.
La solidarietà di cui si parla nei
Trattati, non è solo nella creazione di un mercato unico, ma anche nei valori che uniscono i Paesi membri. E in
quanto valore, essa necessariamente ha una “forza espansiva” oltre i confini europei.
* * *
Rileggendo alcuni passi della
“dichiarazione di Schuman”
del 1950, rilasciata dall’allora Ministro degli Esteri
francese Robert Schuman, poco prima della creazione della CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio,
nel 1951), possiamo desumere la coerenza delle idee portate avanti fino ad oggi e le finalità di espansione della
pace e del progresso che animano fin dalle origini l’Unione Europea: “
Il contributo che un’Europa organizzata
e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche. La Francia,
facendosi da oltre vent’anni antesignana di un’Europa unita, ha sempre avuto per obiettivo essenziale quello di
servire la pace. L’Europa non è stata fatta : abbiamo avuto la guerra. L’Europa non potrà farsi una sola volta,
né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di
fatto. L’unione delle nazioni esige l’eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l’azione
intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania. La solidarietà di produzione in tal modo
realizzata farà si che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile, ma
materialmente impossibile. La creazione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti i paesi che vorran-
no aderirvi e intesa a fornire a tutti i paesi in essa riuniti gli elementi di base della produzione industriale a
condizioni uguali, getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica. Questa produzione sarà offerta al
mondo intero senza distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere
di pace. Se potrà contare su un rafforzamento dei mezzi, l’Europa sarà in grado di proseguire nella realizzazione
di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano. Sarà così effettuata, rapidamente e con mezzi
semplici, la fusione di interessi necessari all’instaurazione di una comunità economica e si introdurrà il fermento
di una comunità più profonda tra paesi lungamente contrapposti da sanguinose scissioni
.
Nelle aspirazioni originarie dell’Unione Europea vi sono dunque valori provenienti dalle tradizioni culturali dei
Paesi membri, valori che hanno un’intrinseca “forza espansiva” e portano con sé il senso di giustizia e di pace,
favorendo anche lo sviluppo dei Paesi del continente africano a noi vicini, sì che anche questi ultimi possano
riconoscersi nel
“mare nostrum”
.
V’è da auspicare che nel tempo i principi europei di diritto tributario esposti nel Convegno siano rinsaldati, e
possano diffondersi e ravvivarsi anche oltre i (formali) confini dell’UE.
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SEGUE DA PAGINA 19
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