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NUMERO 213 - MAGGIO / GIUGNO 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO
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In definitiva viene sostenuto che ad ogni credito di rivalsa IVA emergente dalla
fattura emessa dal professionista corrisponde un credito di pari ammontare per il
fallito sul quale esercitare il privilegio speciale previsto dal codice.
Il Curatore quindi, per effetto del privilegio che assiste il credito di rivalsa del professio-
nista, sarebbe tenuto alla restituzione dell’IVA detratta quale controvalore del “bene
IVA” realizzato. Non mi risulta che la giurisprudenza si sia mai occupata di questa
possibilità; inoltre per la sua pratica applicazione è necessario comunque un intervento
del legislatore che coordini l’esercizio del privilegio nei casi di cessione di beni con i casi
di prestazioni di servizi oltre che disciplinarne le relative modalità operative.
Per le suesposte lacune normative è possibile affermare unicamente che il credito di
rivalsa IVA dei professionisti, viene lasciato assai spesso senza alcuna garanzia e
che il suo privilegio è nella generalità dei casi meramente apparente.
2.4 Credito prededucibile ex artt. 111-111bis L.F.
La carenza di tutela del credito di rivalsa IVA dei professionisti ha stimolato la
dottrina ed i giudici di merito ad esaminare la possibilità che a tale credito non vada
riconosciuta natura concorsuale onde poter sostenere che lo stesso possa essere
soddisfatto in prededuzione secondo le indicazioni della legge fallimentare
(21)
.
In tal senso si è espresso il nostro attuale Presidente del Tribunale dott. Francesco
Pedoja che nel giugno 2008, nella sua qualità di Presidente della Sezione civile del
Tribunale di Treviso, aveva diramato una propria Circolare (n. 33 del 13 giugno
2008) per esprimere il proprio convincimento che
: “l’IVA relativa alle parcelle dei
professionisti ammessi al passivo dei fallimenti debba essere riconosciuta in
prededuzione, trattandosi di debito per IVA di rivalsa che sorge in sede di riparto
e di conseguente pagamento della fattura”.
L’analisi del credito di rivalsa IVA quale credito prededucibile inizia da alcune
constatazioni. Tale credito nasce soltanto dopo l’avvio della procedura concorsuale
per effetto del pagamento del corrispettivo dovuto al professionista che si inserisce
nel piano di riparto predisposto proprio in ragione del fallimento.
Soltanto al momento del pagamento del corrispettivo, ai sensi dell’art. 6 del D.P.R.
633/72, la prestazione di servizi si considera effettuata, acquistando rilevanza
giuridica, ai fini dell’imposta del valore aggiunto. Pertanto, soltanto in tale frangen-
te il professionista è tenuto ad emettere fattura, a versare l’importo dovuto all’erario
e ad operare la rivalsa IVA nei confronti del debitore, che peraltro è obbligatoria in
base all’art.18 del D.P.R. 633/72. L’obbligo giuridico di rivalsa, nascendo
contestualmente al pagamento del corrispettivo del professionista da parte del
curatore, origina un debito a carico della massa concorsuale che viene ad esistenza
soltanto nel momento del predetto pagamento e che, in definitiva, trova la sua causa
nell’attuazione del piano di riparto collegato funzionalmente alla finalità propria
del fallimento, ossia la soddisfazione dei creditori.
D’altra parte anche l’IVAsulle vendite fallimentari è considerata alla stregua di ogni
altro debito contratto per l’amministrazione del fallimento da corrispondere all’erario
in prededuzione, per cui non vi sarebbe ragione di trattare diversamente quest’ulti-
ma tipologia di debito rispetto al debito per la rivalsa IVA, che, come il primo, nasce
dopo la dichiarazione di fallimento e si ricollega alla realizzazione di un piano di
riparto per il soddisfacimento dei creditori concorsuali.
Il curatore da parte sua potrà portare in detrazione l‘IVA addebitata in fattura dal
professionista a titolo di rivalsa proprio come avviene per tutte le fatture ricevute
dalla massa concorsuale, compresa quella che il curatore medesimo emette per il
proprio compenso in ragione dell’attività prestata a favore della procedura, a fronte
dei debiti contratti per l’amministrazione del fallimento da soddisfare in
prededuzione, e quindi non far gravare il relativo onere economico sugli altri debi-
tori concorsuali. Aciò è stato obiettato che i debiti di massa, cioè quelli prededucibili
dall’attivo, sono esclusivamente quelli assunti dagli organi fallimentari al fine del-
l’esecuzione concorsuale, a nulla rilevando il momento in cui viene a scadenza il
debito. Se i debiti divengono esigibili dopo la sentenza di fallimento sono comunque
da ascriversi al fallito e non alla procedura, con la conseguenza che vanno comunque
considerati debiti da soddisfare con le regole del concorso.
Nel caso di specie, l’IVA pur divenendo esigibile al momento del pagamento o
dell’emissione della fattura, rappresenta comunque un debito connesso ad una pre-
stazione professionale erogata al fallito, e quindi per finalità palesemente estranee alla
procedura concorsuale. Inoltre, la natura prededucibile o meno di una spesa non può
dipendere da eventi differenti rispetto a quelli derivanti dall’assunzione o meno degli
obblighi della procedura nell’interesse dell’esecuzione concorsuale. La teorica possi-
bilità di recuperare (mediante rimborso o compensazione) l’IVAassolta sugli acquisti
non può alterare i suddetti criteri. Sulla base di tali considerazioni la giurisprudenza
ritiene che vada quindi esclusa la natura prededucibile del credito IVAdi rivalsa.
Per le prestazioni rese dal professionista nel corso della procedura è pacifico che sia
il corrispettivo, sia l’IVA addebitata in via di rivalsa, costituiscano spese della
procedura, e quindi debiti di massa da soddisfare in prededuzione; anche in questo
caso sull’IVA assolta dalla curatela può essere esercitato il diritto di detrazione.
Questo orientamento è pacifico in giurisprudenza ed è stato confermato anche
recentemente. La Cassazione con la Sent. n. 8222 del 11/04/2011, nella sostanza
rigetta il ricorso di un avvocato che si era opposto al fatto che il fallimento gli aveva
ripartito in via privilegiata un compenso di L. 200.000.000 (e non anche l’IVA) e
che aveva escluso il credito IVA come prededucibile.
La Cassazione elenca le motivazioni del rigetto del ricorso nelle seguenti:
1) L’ammissione al passivo si riferisce ad una prestazione professionale resa in
favore del fallito in epoca anteriore al fallimento, per cui il credito IVA non è
qualificabile come credito di massa da soddisfare in prededuzione;
2) L’evento generatore del credito IVA rimane sempre la prestazione professionale
conclusa prima del fallimento, quindi geneticamente riconducibile all’attività del
fallito e non del Curatore;
3) Il credito per il corrispettivo non è dissociato dal credito IVA e l’emissione della
fattura all’atto della ricezione del pagamento piuttosto che al momento della pre-
stazione del servizio è una mera facoltà riconosciuta al prestatore del servizio che
non fa trasformare il credito IVA in credito di massa;
4) L’emissione della fattura non è neppure un adempimento conseguente ad un atto
di amministrazione del fallimento ex art. 111 L.F. n. 1 in quanto la norma fa riferi-
mento all’attività negoziale del curatore in relazione alla massa attiva;
5) L’ammissione ordinaria e quella tardiva al passivo fallimentare sono altrettante
fasi di uno stesso accertamento giurisdizionale, con la conseguenza che un credito
per poter essere insinuato tardivamente deve essere diverso per “petitum” e “causa
petendi” da quello fatto valere con l’insinuazione ordinaria;
6) Una ammissione in prededuzione del credito del professionista per IVA compor-
terebbe una ingiustificata disparità di trattamento avuto riguardo all’anteriorità
della prestazione professionale rispetto all’apertura del fallimento che costituisce
il presupposto comune ad entrambe le situazioni;
7) La falcidia che consegue al compenso dovuto al professionista escludendo la
prededucibilità del credito di rivalsa IVA non è ingiustificata ma è la conseguenza
del meccanismo di rivalsa dell’IVA;
8) La mancata soddisfazione del credito di rivalsa del professionista in sede di
riparto non è configurabile come ingiusto arricchimento ex art. 2041 c.c. della
procedura ma è il risultato del sistema di contabilizzazione dell’imposta non di
un’anomalia del sistema concorsuale.
2.5 Credito chirografario
Appurato che il credito di rivalsa IVA sui crediti dei professionisti per prestazioni
rese al debitore prima del suo fallimento:
- non è assistito dal privilegio generale sui beni mobili ex art. 2751 bis n. 2 c.c. non
potendo venir qualificato come accessorio del credito professionale;
- non è assistito dal privilegio generale sui beni mobili ex art. 18, quinto comma
D.P.R. 633/72 trattandosi di comma abrogato tacitamente dalla L. n. 426 del 1975;
- non è efficace l’assistenza del privilegio speciale mobiliare e immobiliare di cui agli
artt. 2758, comma 2 e 2772, comma 3 c.c. in quanto la prestazione professionale
nella generalità dei casi non è ricollegabile ad alcun bene specifico;
- non è disciplinata l’assistenza del privilegio speciale mobiliare di cui all’art. 2758
c.c. sull’IVA intesa come specifico bene del compendio fallimentare su cui esercita-
re tale privilegio in quanto nessuna norma di legge lo prevede né per i casi di
prestazioni di servizi, né per le cessioni di beni;
- non costituisce neppure credito prededucibile ex artt. 111 e 111 bis L.F. in quanto
per la Cassazione l’IVA pur divenendo esigibile al momento del pagamento o del-
l’emissione della fattura, rappresenta comunque un debito connesso ad una presta-
zione professionale erogata al fallito, e quindi per finalità estranee alla procedura
concorsuale; è possibile affermare che l’ammissione del credito di rivalsa IVA del
professionista spesse volte avviene in chirografo.
4. Confronto tra metodi di fatturazione delle somme ripartite
ed esercizio della rivalsa IVA da parte del professionista e IRPEF
da parte del Curatore fallimentare
Verranno ora esaminati vari metodi di fatturazione adottati nella pratica da parte dei
professionisti beneficiari di riparti in loro favore e quelli da adottarsi alla luce delle
considerazioni appena svolte e delle istruzioni ministeriali particolarmente la Risolu-
zione del 03/04/2008 n. 127/E della Direzione Centrale normativa e contenzioso. In
sede di riparto dell’attivo realizzato dal Curatore potrà accadere che al professionista:
a) non verrà distribuito alcunché ;
b) verrà distribuito in tutto o in parte soltanto il credito professionale privilegiato;
c) verrà distribuito in tutto o in parte anche il credito di rivalsa IVA.
Sulle somme distribuite in ogni caso dovrà essere operata la ritenuta d’acconto
IRPEF del 20%, posto che il curatore è tenuto anche agli adempimenti previsti in
capo al sostituto d’imposta.
4.1 Fatturazione del professionista anteriormente alla dichiarazione di fallimento
Consideriamo ora l’ipotesi di un commercialista che abbia emesso la propria par-
cella per le proprie competenze professionali anteriormente alla dichiarazione di
fallimento del proprio cliente come segue:
Onorari, diritti e/o equivalenti
5.000,00
Spese imponibili
150,00
C.P. 4%
206,00
Totale imponibile IVA
5.356,00
IVA21%
1.124,76
Anticipazioni escluse da IVA
179,88
Interessi ex art. 2749, 1° c., c.c.
369,36
Totale Parcella
7.030,00
Meno R.A. 20% di Euro 5.000,00 - 1.030,00
Totale netto da corrispondere
6.000,00
A fronte di tale parcella l’ammissione al passivo del fallimento, come chiesto dal
creditore, è avvenuta con il riconoscimento del professionista del credito privilegia-
to per gli onorari ex art. 2751 bis n. 2 c.c. di Euro 5.000,00; analogo privilegio è stato
riconosciuto al credito di Euro 206,00 per il contributo previdenziale integrativo
(art. 21 L. 29.01.1986 n. 21 e art. 37 D. Lgs. 30.06.1994 n. 509) dottori commercialisti
e ragionieri, ma anche agli interessi maturati di Euro 369,36 per i quali l’estensione del
privilegio si applica a seguito della Sent. Corte Cost. n. 162 del 28 maggio 2001 che ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale del terzo comma dell’art. 55 L.F. nella parte in
cui non richiama, ai fini dell’estensione del diritto di prelazione agli interessi, l’art. 2749
c.c.; il credito IVAdi Euro 1.124,76 è stato invece ammesso in chirografo, così pure le
spese e le anticipazioni pari a complessivi Euro 329,88.
L’ammissione del credito del professionista, sempreché chiesto, comprende altresì
gli interessi al tasso legale maturati successivamente alla dichiarazione di fallimento
il cui corso cesserà gradualmente e proporzionalmente in base alla graduale liquida-
zione dei beni; credito assistito dal privilegio generale mobiliare per effetto del-
l’estensione del diritto di prelazione sopra richiamato.
In sede di riparto finale dell’attivo realizzato dal Curatore potranno presentarsi più
possibilità, tutte ricomprese tra un massimo e un minimo, dove il massimo è dato
dal pagamento integrale e il minimo è dato dall’assoluta impossibilità di dare soddi-
sfazione di ogni ragione creditoria dei professionisti.
Le ipotesi più frequenti nella pratica investono casi di pagamenti parziali che si
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I compensi professionali
nelle procedure concorsuali