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NUMERO 212 - MARZO / APRILE 2013
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IL COMMERCIALISTA VENETO
menti evasivi.
Nel settore della normativa anti riciclaggio va ri-
cordato che l’art. 12 del D. Lgs. 21 Novembre
2007, n. 231, prevede tra i destinatari delle relati-
ve disposizioni gli iscritti agli albi dei dottori com-
mercialisti (come anche chi svolge attività pro-
fessionale in materia contabile e tributaria, i con-
sulenti del lavoro e i notai e gli avvocati per spe-
cifiche operazioni). Ciò comporta
in primis
l’ob-
bligo di segnalazione di operazioni sospette di
costituire riciclaggio (art. 41), ad esclusione dei
casi in cui si tratti di informazioni acquisite per
l’espletamento di compiti di difesa o di rappre-
sentanza e consulenza in procedimenti giudiziari,
ovvero in relazione alla redazione e trasmissione
di dichiarazioni dei redditi o inmateria di ammini-
strazione del personale. L’art. 13 dello stesso D.
Lgs. 231 assoggetta agli obblighi anti riciclaggio
anche i revisori contabili, che nella larga maggio-
ranza – se si escludono le strutture societarie di
revisione – corrispondono ai colleghi dottori
commercialisti.
Com’è noto gli adempimenti estesi ai commercia-
listi e ai revisori dalla normativa in questione sin-
teticamente sono:
a)
l’adeguata verifica della clientela quando
si tratti di prestazioni sospette di riciclaggio, ov-
vero quando si tratti di operazioni che comporti-
no la trasmissione di mezzi di pagamento supe-
riori a 15.000 euro; per i commercialisti anche nel
caso si tratti di operazioni del valore
indeterminabile, sono presuntivamente sempre
considerate di valore indeterminabile la costitu-
zione, la gestione e la amministrazione di società,
enti o trust o soggetti giuridici analoghi;
b)
l’obbligo di astensione dalla prestazione
professionale se non messi in grado di effettuare
un’adeguata verifica;
c)
l’obbligo di registrazione delle informa-
zioni raccolte per la adeguata verifica della clien-
tela e le caratteristiche delle prestazioni profes-
sionali svolte in uno specifico archivio unico
informatico;
d)
l’obbligo di segnalazione delle operazio-
ni sospette alla UIF.
Va infine ricordato che l’art. 51 del D. Lgs. 231/
2007 impone ai soggetti destinatari della norma,
quindi tra gli altri i commercialisti e i revisori lega-
li, l’obbligo di denunciare le infrazioni all’uso del
contante che vengano a conoscere, riferendone
entro 30 giorni alMEF. E’di pochi giorni fa l’orien-
tamento del Ministero che ha precisato che l’ob-
bligo, che interessa anche il Collegio sindacale
delle società – si ritiene solo qualora sia incarica-
to della revisione legale dei conti - è un adempi-
mento di carattere collegiale, che deve essere
deciso a maggioranza dal Collegio e posto in atto
dal relativo presidente. L’obbligo interessa inve-
ce pacificamente, e senza problematiche di
collegialità, l’eventuale soggetto incaricato della
revisione legale dei conti diverso dal collegio sin-
dacale.
In modo molto più ampio e pregnante sono coin-
volti nei compiti generali di vigilanza delle norme
antiriciclaggio i collegi sindacali, i consigli di sor-
veglianza, i comitati di controllo di gestione e gli
organismi di vigilanza previsti dal D. Lgs. 231/
2001, che spesso sono composti da colleghi com-
mercialisti e revisori. Si parla naturalmente degli
organi presenti nelle società che svolgono atti-
vità che le sottopone alla normativa
antiriciclaggio (come banche, finanziarie, ecc.):
l’art. 52 del Decreto obbliga questi organi della
società a comunicare all’organismo di vigilanza
di settore, al legale rappresentante della società
e al MEF o all’UIF, a seconda dei casi, i fatti che
possono costituire una violazione agli obblighi
antiriciclaggio.
G
uardando oltre ai contenuti e agli ef-
fetti delle funzioni professionali, pen-
so che la mia categoria si trovi in una
particolare posizione intermedia, tra
diritto ed economia, tra teoria ed esperienza
applicativa, tra mercato e settore pubblico, tra
impresa e P.A., che la pone in grado di fornire
qualche ragionevole valutazione sulla efficacia
delle scelte legislative e regolamentari applicate
in materia tributaria e, più in generale, di repres-
sione degli illeciti economici.
Sulla lotta all’evasione, va sottolineato, come più
volte già fatto dal nostro Consiglio Nazionale,
come si assista ad un continuo incremento degli
strumenti presuntivi di cui l’Agenzia delle Entra-
te può avvalersi nell’attività di verifica e di accer-
tamento. Presunzioni legali che caratterizzano per
esempio le indagini bancarie, il redditometro (sia
vecchio che nuovo), gli studi di settore, e che
rovesciano l’onere della prova sul cittadino –
contribuente, che diventa colpevole fino a prova
contraria.
Si può comprendere – e forse giustificare anche
sul piano giuridico - il proliferare delle presunzio-
ni legali in un periodo emergenziale, in cui la sal-
vaguardia degli equilibri del bilancio pubblico
assurge ad un’importanza straordinaria per il bene
comune. La giurisprudenza della Corte di
Cassazione e le sentenze della Corte Costituzio-
nale poi svolgono il loro ruolo riequilibratore,
che lentamente erode certi eccessi, eliminando
gli aspetti maggiormente lesivi dei principi di di-
fesa del cittadino. Così è accaduto per gli studi di
settore, a partire dal 2008, anno in cui sono stati
dichiarati essere dei semplici sistemi statistici che
producono solo presunzioni semplici, che non
possono
tout court
spostare l’onere della prova
sulla difesa del contribuente. La stessa evoluzio-
ne stava completandosi anche per il vecchio
redditometro, in base ad un sentenza depositata
pochi giorni prima dell’emanazione del nuovo
Provvedimento dell’Agenzia che ha definito il
nuovo redditometro. E così riparte la vicenda sulla
qualificazione della presunzione. L’Agenzia del-
le Entrate ha già comunicato che il nuovo
redditometro va qualificato come una presunzio-
ne legale, con conseguente spostamento del-
l’onere della prova a carico del contribuente.
Dicevo, si comprendono i motivi e le finalità di
una sorta di legislazione di emergenza per il con-
trasto dell’evasione, ma essa va controbilanciata
dalla previsione di adeguati strumenti di difesa
del cittadino che garantiscano tendenzialmente
l’equità finale dell’operazione. Quindi riteniamo
sia necessario apportare modifiche ai procedi-
menti amministrativi e giurisdizionali posti a tu-
tela del contribuente.
In sintesi, e per punti, ecco la nostra proposta:
– che il procedimento di adesione sia spo-
stato su un funzionario diverso da quello che ha
emanato l’avviso di accertamento;
– che la mediazione tributaria sia ampliata e
trasferita, come competenza, dall’Agenzia, che è
una delle parti, ad un organismo terzo, che po-
trebbe essere il Garante del Contribuente;
– che sia previsto un rafforzamento dei po-
teri e dell’effettiva funzionalità del Garante dei
diritti del contribuente;
– che sia disposto un rafforzamento
organizzativo delle Commissioni tributarie, che
oggi appaiono con un arretrato in crescita (no-
nostante la diminuzione dei ricorsi causata dal
loro costo e dalla riscossione provvisoria) e non
sono in grado di dedicare alle sentenza il tempo
necessario e gli strumenti che la loro importanza
richiede;
– infine, che venga normata una correzione
dell’attuale procedimento cautelare presso le
commissioni tributarie di merito, consentendo
sospensioni della riscossione provvisoria con
decreto monocratico e in presenza anche solo
del
fumus boni iuris
, senza la verifica del cosid-
detto
periculum in mora
; con facoltà, per tutela-
re l’interesse dell’ente impositore, di condiziona-
re la sospensione della riscossione alla presen-
tazione da parte del contribuente di idonee ga-
ranzie..
T
ornando a parlare, conclusivamente, del
redditometro, voglio rammentare come
la mia categoria professionale abbia
sempre sostenuto che la verifica del
tenore di vita e delle variazioni patrimoniali delle
persone fisiche sia un approccio valido e fonda-
mentale nella lotta all’evasione.
Quello varato da poche settimane appare
senz’altro come uno strumento enormemente più
evoluto del precedente e in grado di dare un’ef-
fettiva lettura della situazione economica e
reddituale di un nucleo familiare.
Ma nella sua concreta applicazione va in primo
luogo tenuto presente che è uno strumento com-
plesso, sia nella raccolta dei numerosissimi dati
che lo alimentano, sia perché richiederà inevita-
bilmente di essere affiancato da una ispezione
attenta di tutti i conti bancari e finanziari del sog-
getto verificato. Conseguentemente anche la fase
del contraddittorio sarà lunga e complessa. An-
drà quindi utilizzato solo in casi selezionati, che
presentano rilevanti anomalie apparenti dallo
screening
delle banche dati. Come si è detto in
precedenza, i suoi risultati in termini di reddito
presunto vanno considerati una presunzione
semplice, che può divenire qualificata solo alla
luce degli altri elementi raccolti dall’ufficio
accertatore e dei risultati del contraddittorio in-
staurato con il contribuente.
Riteniamo debbano essere comunque riviste
le modal i tà di calcolo degl i increment i
patrimoniali (che devono essere valutati se-
condo un approccio economico-contabile com-
pleto e razionale, e sotto questo profilo spez-
ziamo un lancia a favore dell’obbligo della di-
chiarazione patrimoniale nell’Unico annuale).
E’ anche il caso di aumentare la franchigia del
20% sul reddito complessivo dichiarato, per-
ché data la necessaria approssimazione dei ri-
sultati del redditometro, in quanto si avvale di
dati statistici nazionali per valutare certe voci
di spesa della famiglia, il grado di errore del
risultato può essere in molti casi superiore alla
suddetta franchigia.
Evasione fiscale, corruzione e riciclaggio
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