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NUMERO 212 - MARZO / APRILE 2013
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Si verificherebbe un’interruzione del-
la sequenza di controlli che non pos-
sono che essere rimessi al soggetto
che risponde dell’eventuale
inadempimento rispetto ad uno dei
passaggi attraverso i quali la sequen-
za si articola.
SEGUE DA PAGINA 22
inquadramento della procedura di mediazione nell’ambito di una natura
ibrida, procedimental-processuale, infatti, non rende ragione di un ulterio-
re profilo di innesto che pare manifestarsi nelle pieghe dell’art. 17 bis e
ancor più nell’interpretazione che l’Agenzia dà della norma medesima: la
contaminazione tra esercizio del potere-dovere di autotutela e opzione per
la definizione manifestata nell’ambito del procedimento di accertamento
con adesione
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. E il quadro ulteriormente si complica,
rectius
s’inquina,
ove si consideri l’indisponibilità dell’obbligazione tributaria.
Dovrebbe essere ragionevole ipotizzare che la natura della mediazione sia
diversa da quella dell’adesione, in caso contrario la procedura non sarebbe
che una duplicazione, di ulteriore appesantimento degli adempimenti di-
fensivi, inadeguata a giustificare la giurisdizione condizionata a pena
d’inammissibilità riservata alle sole liti minori, ove la penalizzazione si con-
sumerebbe pertanto per intervallo d’imposta (che, talora, potrebbe addirit-
tura significare per scaglione d’imponibile). Di qui, non si potrebbe sfuggi-
re a qualche valutazione in ordine all’art. 3 Cost.
Pertanto, non resterebbe che concludere per una natura ulteriormente ibri-
da della procedura di mediazione in cui, ferma l’indisponibilità dell’obbliga-
zione, si assicuri alle parti la facoltà di enucleare la
coincidentia
oppositorum
, giusto un contraddittorio, che si snoda attraverso fasi
dialettiche predeterminate, di garanzia del contraddittorio perfetto. Non si
può negare, infatti, che il contraddittorio nella fase di accertamento con
adesione possa essere e sovente sia imperfetto: il contraddittorio può con-
cludersi con il silenzio di un ufficio non propositivo o con il rigetto esplici-
to delle richieste di parte privata, senza che quest’ultima abbia manifestato
tutte le eccezioni sollevabili nel successivo giudizio, oppure con la rinunzia
all’istanza ad opera del contribuente che presenti il ricorso, senza che al-
l’altra parte, insomma, sia normativamente concesso né in un caso né nel-
l’altro il diritto di replica. Tale caratteristica dell’istituto pare spiegarsi solo
in ragione della facoltatività del procedimento, nel quale si ammette ciò che
non si ammette né nella fase istruttoria
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né nella fase processuale: il con-
traddittorio imperfetto.
Evidentemente, il diritto di replica cui si allude è un diritto pieno, ove la
replica possa praticarsi con riferimento ad una presa di posizione motivata,
argomentata e documentata. Forse è questo l’unico connotato veramente
distintivo della procedura di mediazione, rispetto agli strumenti deflattivi
tradizionali che si esperiscono fuori dal processo: le parti intervengono nel
contraddittorio
causa cognita
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.
Ciò potrebbe giustificare sia il contenuto con cui la norma riempie il silenzio
dell’ufficio
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, sia la preclusione frapposta a parte privata di costituirsi in
giudizio prima del decorso del termine dei novanta giorni, non già, tuttavia,
la censura d’inammissibilità per costituzione anticipata o mancato previo
esperimento della procedura (quando a tale mancanza ben si potrebbe
rimediare mediante concessione di termine).
Tale connotato, inoltre, potrebbe forse spiegare anche la misura delle san-
zioni, allineata con quella applicabile in sede di conciliazione giudiziale e
altrimenti incompatibile, perché penalizzante, rispetto ai contenuti caratte-
rizzanti l’autotutela.
Procedura obbligatoria
di mediazione tributaria:
incognite procedurali
Ne viene che è il contribuente, dopo il conferimento della procura obbliga-
toria nei casi in cui sia tassativa la nomina del difensore, ad essere neces-
sariamente estromesso dalla fase procedimentale di mediazione. È il contri-
buente che, nominato il difensore, non è legittimato a sottoscrivere in pro-
prio l’eventuale atto di mediazione né può (ma questa è mera conseguenza)
essere notificatario principale delle proposte dell’ufficio. Conseguente-
mente, la menzione del potere del difensore a rappresentare il contribuente
nella fase della procedura obbligatoria di mediazione e a sottoscrivere l’at-
to di mediazione è superflua, in quanto implicita nel conferimento della
procura alla lite obbligatoriamente reclamabile. In senso conforme, il richia-
mo del 17 bis al già citato articolo 12, norma pacificamente applicabile
anche nelle occasioni processuali della conciliazione, ad esempio.
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Conclusioni sulla giurisdizione condizionata
In conclusione, il tema da affrontare, alla luce di quanto considerato in
precedenza, non pare la preclusione dell’immediata tutela giurisdizionale,
quanto piuttosto la preclusione
sic et simpliciter
. Nell’intento dell’estensore
della norma, la condizione di ammissibilità del ricorso, che si verificherebbe
solo nel caso in cui sia stata esperita la procedura di mediazione, parve il
miglior impulso alla riuscita della nuova occasione di definizione, ma com-
porta conseguenze che appaiono eccessivamente pesanti
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. Le previsioni
di censura di inammissibilità possono essere ritenute congrue quando sia-
no funzionali a dar certezza ai rapporti giuridici (intervenuta definitività, ad
esempio), dunque, quando siano stabilite in ragione di termini ultimi, spira-
ti i quali è accettabile la perdita del diritto all’azione, non in ragione di
termini antecedenti all’ultimo
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.
Al fine di indagare sulla ragionevolezza della previsione, pare consigliabile
esaminare la natura della procedura obbligatoria di mediazione alla luce dei
suoi effetti, vale a dire dell’esito nel quale la stessa può sfociare. Il solo
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La conciliazione non viene sottoscritta in proprio dal contribuente (senza che, quindi, il difensore possa aver certezza d’esserne informato).
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In punto di giurisdizione condizionata, la Corte Costituzionale, con la sentenza 276 del 2000 ad esempio, si pronunciò sull’art. 412 bis c.p.c (rito del lavoro) evidenziando come
procrastinare la tutela giurisdizionale sia legittimo a condizione che non sia eccessivo e che attraverso il meccanismo procedimentale non si giunga alla preclusione dell’accesso
alla tutela giurisdizionale. Principi non difformi sono ravvisabili sia nella Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2011 sull’attuazione della Direttiva relativa alla
mediazione negli Stati membri (2011/2026(INI)) sia nella Direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008, relativa alla mediazione in materia civile e commerciale.
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La Corte Costituzionale storicamente, come si diceva, ha salvato la giurisdizione condizionata nei soli casi in cui questa fosse orientata a favorire la composizione preventiva
della lite con una prospettiva concreta di riconoscimento delle ragioni del soggetto, onde consentirgli di evitare il giudizio, oppure quando sussistessero superiori finalità di
giustizia o particolari interessi sociali. Proprio la concretezza della prospettiva di definizione, al di là dell’astratta prospettiva, potrebbe essere uno degli elementi incidenti sulla
valutazione della procedura obbligatoria di mediazione. Di ciò potrebbe tener conto anche l’Agenzia che, qualora privilegiasse atteggiamenti di rigidità soprattutto procedurale
nella fase di mediazione, rischierebbe di deprimere le statistiche di positività delle definizioni e così di incidere negativamente sul
test
in merito all’indice della concreta possibilità
di definire le liti. Si allude ad atteggiamenti di rigidità procedurale, non certo sostanziale, atteso che la flessibilità sostanziale configgerebbe con l’indisponibilità dell’obbligazione
da un lato e con l’imparzialità e il buon andamento dall'altro, e sotto il profilo fattuale, anche con il principio di capacità contributiva, oltre che con la finalità, condivisa nel
mondo delle professioni e dell’opinione pubblica, della lotta all’evasione.
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Anche alla luce di quella giurisprudenza che giustamente riconosce la definibilità degli atti parzialmente annullati in autotutela a sanzioni ridotte nel termine di ulteriori sessanta
giorni dalla notifica dell’annullamento parziale, anziché nel termine degli originari sessanta giorni decorrenti dalla prima notifica dell’atto poi parzialmente annullato.
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Fondamentalmente non ci sono, tuttavia, ragioni di ritenere plausibile una definizione in adesione nelle ipotesi in cui non la si riterrebbe allo stesso modo plausibile in sede di
adozione di un provvedimento di annullamento parziale in autotutela, laddove, alla luce del principio d’imparzialità e buon andamento, le differenze tra le due distinte modalità
di riduzione della pretesa fiscale si consumano sul piano temporale e sanzionatorio della manifestazione provvedimentale, non già sul piano della determinazione del
quantum
indicatore della capacità contributiva e del presupposto d’imposta.
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Quella in cui la motivazione dell’atto è ancora allo stato embrionale.
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Se tale impostazione venisse condivisa, si potrebbe veramente aprire un significativo margine di successo della procedura obbligatoria, che porterebbe correlativamente a
concludere per un’utilità solo residua del procedimento di accertamento con adesione.
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Silenzio ben diverso dal silenzio nel procedimento di accertamento con adesione, ove il contribuente non ha manifestato le eccezioni sollevabili in sede contenziosa.