Page 2 - CV_212

Basic HTML Version

2
NUMERO 212 - MARZO / APRILE 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO
ATTUALITÀ
Tardiva presentazione della
dichiarazione di successione
ADRIANO CANCELLARI
Ordine di Vicenza
U
n giorno venne a trovarmi in ufficio
una signora che era rimasta
vedova alcuni anni addietro. Durante il colloquio mi comunicò di
essere venuta casualmente a conoscenza del fatto che il defunto
marito era proprietario di un bene immobile e di una partecipazione societaria
in uno Stato extracomunitario. Essendo lei la legittima erede, la prima doman-
da che mi fece era se doveva dichiarare tali beni in Italia o nel Paese dove si
trovavano. La risposta fu abbastanza semplice, visto che il primo comma
dell’articolo 2 del Testo Unico sulle Imposte
sulle Successioni e Donazioni (D.P.R. n. 346/
1990), sulla territorialità dell’imposta, riporta
testualmente che “
L’imposta è dovuta in re-
lazione a tutti i beni e diritti trasferiti,
ancorché esistenti all’estero
”. La logica con-
seguenza fu che invitai la signora a presenta-
re una nuova dichiarazione di successione,
integrativa di quella precedentemente presen-
tata. Alla successiva domanda su come avreb-
be dovuto comunicare alle autorità fiscali e
catastali del Paese extracomunitario il passag-
gio dei beni a suo nome, le dissi che sicura-
mente si sarebbe dovuto tradurre e apostillare
la nuova dichiarazione di successione: ma
questo doveva essere uno step successivo.
Alla luce della documentazione esibita, preparammo la dichiarazione di
successione integrativa. Visto che il totale dei beni rientrava nella franchigia,
la signora non dovette pagare alcuna imposta. Però la storia non finì qui…
Dopo alcuni mesi, la signora tornò da me con un Avviso di Liquidazione
dell’imposta di successione dal quale emergeva la irrogazione della sanzio-
ne di Euro 258,22 per presentazione tardiva della dichiarazione di succes-
sione. L’importo non era certamente rilevante, però, visto che la signora, in
perfetta buona fede, aveva dichiarato i beni caduti in successione appena
venuta a conoscenza della loro esistenza, mi sembrava perlomeno anomalo
che il Fisco dovesse avere un comportamento così punitivo: quindi comin-
ciai a studiare il caso.
Analizzando le banche dati
, trovai immediatamente una importante senten-
za della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria civile, del 12 ottobre 2007,
n. 21478 che, per un caso analogo al mio, concludeva come segue
: “Secon-
do la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la violazione del Decreto
Legislativo n. 346 del 1990, articolo 31, a norma del quale la denuncia
di successione deve essere presentata entro sei mesi dalla data di apertu-
ra della successione, non è più sanzionata specificamente, a meno che
non trasmodi in vera e propria omissione (Cass. 10358/2006), la quale,
come si evince dall’articolo 33, comma 1 stesso Decreto Legislativo, si
verifica, allorché, scaduto il termine, l’accertamento dell’Ufficio prece-
da la dichiarazione del contribuente: l’articolo 50 del cit. Decreto Legi-
slativo del 1990, come sostituito dal Decreto Legislativo n. 473 del 1997
articolo 2 comma 1, lettera d), a far data dal 1 aprile 1998, si limita infatti
a sanzionare l’omissione di denuncia; e poiché a’ sensi del Decreto Legi-
slativo n. 472 del 1997, articolo 3, nessuno può essere assoggettato a
sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce
violazione punibile, la nuova disciplina sanzionatoria può essere invoca-
ta utilmente nel caso in esame, in cui la contestazione delle sanzioni è
avvenuta il 31 maggio 1999 (allorché la nuova formulazione del cit. arti-
colo 50, era già in vigore) con riferimento a violazione asseritamente
commessa prima della predetta data (cfr. Cassazione 11569/2006).”
In effetti, l’art. 50 del Testo Unico sulle imposte sulle Successioni (Omis-
sione della dichiarazione) recita “
Chi omette di presentare la dichiarazio-
ne della successione, quella sostitutiva o la dichiarazione integrativa è
punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta
per cento dell’imposta liquidata o riliquidata d’ufficio. Se non è dovuta
imposta si applica la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila
[n.d.r. Euro 258,23] a lire due milioni [n.d.r. Euro 1.032,91]
.”: non si fa
riferimento ad alcuna sanzione in caso di tardiva presentazione della di-
chiarazione.
Questa sentenza era certamente un punto a favore fondamentale per far
valere i diritti della signora, ma volli proseguire con la ricerca perché le
sentenze della Cassazione, purtroppo, non sono sempre accettate dagli
uffici fiscali in sede di autotutela. Andai quindi a vedere se c’era qualche
circolare della Agenzia delle Entrate. Ad un certo punto trovai la Circolare
del Ministero delle Finanze n. 19 del novem-
bre 1998, n. 267/E.
La Circolare, avente per oggetto il regime
sanzionatorio in materia di imposte di regi-
stro e sulle successioni, dopo aver premesso
che l’art. 50 del D.Lgs. n. 346 del 1990, nel
testo in vigore fino al 31 marzo 1998, in caso
di presentazione della dichiarazione con un
ritardo non superiore a trenta giorni, preve-
deva la riduzione a un quarto delle misure
edittali della pena (con un minimo di lire
ottomila), evidenziava che dall’1 aprile 1998 il
citato art. 50, come sostituito dall’art. 2, lett.
d), del D.Lgs. n. 473, “
conformandosi a quan-
to previsto in materia di registro,
assogget-
ta la violazione dell’omissione alla sanzio-
ne amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento del-
l’imposta liquidata o riliquidata dall’ufficio, mentre non contempla più
l’ipotesi della tardiva presentazione della dichiarazione
.”
Forte del parere di questa circolare (il cui contenuto, sappiamo bene, è
vincolante per gli uffici fiscali), mi recai alla locale Agenzia delle Entrate
illustrando al funzionario sia il contenuto della stessa che la sentenza della
Cassazione, con l’intenzione di consegnare una richiesta di autotutela.
Il funzionario mi bloccò subito dicendo che il mio ragionamento era inecce-
pibile, ma proseguì affermando che il suo reparto aveva ricevuto la chiara
disposizione di seguire solo quanto riportato nelle istruzioni per la redazio-
ne della dichiarazione di successione del gennaio 2008, nel cui capitolo
Conseguenze in caso di ritardo
”, scritto in modo molto ambiguo, non si
fa mai riferimento alla tardiva presentazione della dichiarazione senza paga-
mento delle imposte, ma solo alla tardiva presentazione in presenza di im-
poste. Di conseguenza, tale situazione, a loro dire, era sanzionabile con
Euro 258,22.
Il funzionario mi invitava a presentare ricorso, perché lui stesso riteneva
non corrette le disposizioni alle quali era obbligato ad attenersi: forse la
decisione di una Commissione Tributaria avrebbe potuto fare cambiare
l’atteggiamento della Agenzia locale anche per il futuro…
E qui mi trovai nel solito dilemma: fare pagare alla signora gli Euro 258,22 o
fare ricorso con la certezza di vincere, ma, alla fine, tenendo conto delle
rituali “spese compensate” della Commissione Tributaria, farle pagare più
del triplo? Quante volte ci siamo trovati in queste assurde situazioni nelle
quali i nostri clienti si trovano a pagare al Fisco somme non dovute, per il
semplice fatto che fare ricorso alla fine costa di più? Perché le Commissioni
Tributarie non si decidono a condannare metodicamente la parte
soccombente, specialmente quando questa è il Fisco? Forse perché se
perde l’Agenzia delle Entrate deve pagare lo Stato e quindi paghiamo noi
tutti? Se fosse così non mi sembrerebbe un valido motivo.
Ricordo che una volta vinsi un ricorso perché l’Agenzia delle Entrate loca-
le aveva applicato ad un mio cliente l’imposta di successione su BOT e
CCT (tralascio ogni commento in merito…). Nonostante la assurda pretesa
del Fisco, la Commissione Tributaria non condannò l’Ufficio alle spese: il
cliente dovette quindi pagare la mia fattura (un piccolo dettaglio: il funzio-
nario che fece questo accertamento scandaloso fu promosso e trasferito
ad altra sede).
Tornando alla tardiva dichiarazione di successione, naturalmente, feci “di-
gerire il rospo” alla signora che pagò i fatidici Euro 258,22.