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NUMERO 212 - MARZO / APRILE 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO
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Relazione Generale al Disegno di Legge Delega per la riforma delle procedure concorsuali - Istituto dei Curatori fallimentari- Venezia Convegno 13 dicembre 2003 Isola di San
Giorgio-Fondazione Cini.
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Si veda
Piano industriale e strumenti di risanamento
- Guida metodologica ed operativa di Alberto Quagli - Andrea Panizza - Mattia Iotti - Paolo Camanzi - Mirco Contri - Ed.
Ipsoa Controllo di gestione 2012.
SEGUE DA PAGINA 9
La Riforma
da riformare
balia delle decisioni del debitore e destinatari di offerte
di pagamento con percentuali spesso irrisorie, ai pro-
fessionisti, che si ritrovano a fare i conti con responsa-
bilità civili e penali accentuate quando non del tutto
nuove, ed a dover lavorare senza riferimenti precisi né
sotto il profilo operativo né sotto quello tariffario,
fors’anche ai debitori, che per effetto della diffidenza
e dell’ostilità diffusa nei confronti del nuovo istituto
rischiano di veder svanire l’opportunità di fruire di
uno strumento serio, efficace e generalmente accettato
per la soluzione della crisi d’impresa.
La precarietà della situazione che si è venuta a creare
potrebbe essere migliorata con l’eliminazione della
domanda di concordato preventivo cosiddetto “in bian-
co” e sostituita con l’introduzione sempre di una do-
manda “pre-concordataria” (possiamo chiamarla “
in
grigio
”!), ma contenente un maggior numero di ele-
menti di valutazione (non bastano i bilanci degli ultimi
tre esercizi, il certificato camerale ed il congelare
l’insolvenza per alcuni mesi, sperando che il debitore
si ripresenti poi con le carte in regola!) quali per esem-
pio un piano concordatario anche di massima, l’indi-
cazione pur presunta dell’entità delle percentuali dei
crediti con le quali verranno pagati i creditori (percen-
tuali, tra l’altro, il cui limite minimo dovrebbe essere
fissato per legge per evitare pagamenti irrisori), le fon-
ti di copertura e le risorse disponibili, le finalità
conservative o liquidatorie del debitore. Dalla lettura
della domanda e dei pochi ma già significativi elementi
sopra indicati, si potrebbero fin da subito, e dunque
già nella prima fase istruttoria, conoscere le vere inten-
zioni del debitore, tanto da porre in grado i magistrati
ed i loro consulenti di esprimere una corretta valuta-
zione sulla proposta entro un termine ragionevole.
Tempi ristretti, dunque, ma sufficienti per poter dare
avvio ad una procedura che garantisca il ceto creditorio
sin dall’inizio sulle buone intenzioni del debitore.
La successiva domanda definitiva, qualora la procedu-
ra si dimostri meritevole di essere coltivata e non re-
spinta, andrebbe depositata dopo eventuali osserva-
zioni dei magistrati, entro un ragionevole lasso di tem-
po. Il tutto sotto il controllo di un professionista no-
minato dal giudice con funzioni di vigilanza sull’attivi-
tà svolta in via autonoma dal debitore e di relazione
con il tribunale. Adottando una procedura simile, ver-
rebbero da subito individuate le domande “strumenta-
li” e quelle “sane”, verrebbe bloccato ogni tentativo di
aggirare la legge e comunque emergerebbe sin dall’inizio
l’obiettivo liquidatorio o conservativo che si è posto
l’imprenditore, elemento base per fissare anche le per-
centuali di pagamento ai creditori, che dovrebbero esse-
re ben diverse per ognuna delle due differenti finalità.
In sintesi, le proposte di correttivi potrebbero essere
così configurate:
eliminazione del così detto concordato “in
bianco” e introduzione di una nuova tipologia di do-
manda concordataria, che potrebbe essere denominata
“in grigio”, più completa di documentazione come è
stato precisato in precedenza, tale da far apparire sin
da subito le reali intenzioni del debitore ;
enunciazione in domanda se trattasi di con-
cordato preventivo liquidatorio o conservativo;
fissazione di percentuali minime di pagamen-
to ai creditori chirografari e comunque di differente
entità se trattasi di concordati con finalità liquidatorie
rispetto a quelli con finalità conservativa;
riduzione degli effetti penali in capo
all’attestatore o comunque definizione di precisi ed
inequivocabili parametri di punibilità;
previsione di una nuova figura professionale,
consistente nell’Ausiliario del Giudice nella fase preli-
minare di valutazione sulla serietà e sulle finalità della
domanda di concordato;
-
introduzione di sistemi di controllo, di vigi-
lanza e di monitoraggio più pregnanti sia all’inizio della
procedura che nel corso ed alla conclusione della stessa,
destinati anchea renderepubblici i risultati del risanamento
(non è dato sapere quanti concordati preventivi omolo-
gati abbiano riportato l’azienda risanata nel mercato e
quanti invece siano stati quelli liquidatori!);
introduzione di parametri precisi per
l’operatività degli attestatori e per la loro retribuzio-
ne, eventualmente prevedendo, a riguardo,
l’applicabilità il D.M. 140/2012.
Nel contesto di una eventuale rivisitazione delle attua-
li norme concordatarie, sarebbe altresì auspicabile l’in-
troduzione degli
istituti di “allerta e di prevenzio-
ne
”. I due istituti, mutuati dal modello francese del
Réglement amiable”,
che costituiscono i punti sa-
lienti dell’accordo tra l’imprenditore in difficoltà, ma
non ancora insolvente, e il ceto creditorio da realizzar-
si in breve tempo, erano stati proposti dalla Commis-
sione Ministeriale Trevisanato nello schema di Dise-
gno di Legge recante la Delega al Governo per la rifor-
ma organica della disciplina della crisi di impresa e
dell’insolvenza ancora nel 2003
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.
Purtroppo questi
istituti non sono passati nella nuova Riforma Falli-
mentare, ma potrebbero ancora essere “ripescati”, te-
nuto conto dell’importanza che la
tempestività
del-
l’intervento sulla crisi dell’impresa riveste al fine di
una soluzione positiva della crisi stessa. In effetti
l’allerta e la prevenzione potrebbero davvero risolvere
il problema della emersione anticipata della crisi, visto
che le attuali tendenze riformatrici, francesi e non solo,
vanno nella direzione di potenziare queste procedure
tali da considerarle la “
nuova
frontiera
” della disci-
plina della crisi d’impresa, come si legge nella Relazio-
ne generale al Disegno di Legge Delega sopra citato.
Certo che il concordato preventivo in bianco, come è
stato congegnato dal nostro legislatore, se voleva pro-
durre gli effetti anticipatori della crisi per meglio gesti-
re questa fase, rapportandosi a modelli esteri (vedi
USA), ha deluso ogni aspettativa.
Più in generale, le norme giuridiche che prevedono la
composizione giudiziaria della crisi non andrebbero
viste nell’ambito intrinseco del loro contenuto, ma
andrebbero invece considerate come parte integrante
di un progetto aziendale molto più ampio che investe
le sorti dell’impresa, legate soprattutto alla realizza-
zione di un processo di “turnaround” o di risanamento
in atto.
In tale contesto, non si può non chiedersi se il benefi-
cio concesso al singolo valga il sacrificio di centinaia di
altre aziende creditrici, e in che misura. Le finalità del
salvataggio di posti di lavoro, di know how, di rappor-
ti con clienti e fornitori, di valori in genere, devono
infatti essere rapportate alla misura del sacrificio ri-
chiesto al ceto creditorio.
Non sono certo le norme sul concordato preventivo o
sugli accordi di ristrutturazione del debito che risolvo-
no il problema dell’insolvenza dell’impresa, che inve-
ce va affrontata in sede gestionale e strategica, attra-
verso l’attuazione, in tempi non certamente brevi, di
un piano economico finanziario di risanamento o di
ristrutturazione aziendale del quale la “componente
giudiziaria” può essere solo una componente, una op-
portunità.
Ci si deve chiedere altresì se e in che misura il legisla-
tore potrebbe introdurre nelle norme sulla composi-
zione negoziale della crisi aspetti aziendalistici e
gestionali. In realtà uno dei pochi riferimenti aziendali
riscontrabili è inserito nell’art. 286 bis L.F. riguardan-
te il concordato con continuità, dove alla lett. a) il 2°
comma richiama:
“un’analitica indicazione dei costi e
dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’im-
presa prevista dal piano di concordato, delle risorse
finanziarie necessarie e delle relative modalità di co-
pertura
”. E’ evidente il riferimento ad un business
plan, ma il legislatore non ha avuto “il coraggio” di
dargli il nome appropriato.
L’ottica che andrebbe maggiormente valorizzata nelle
soluzioni negoziali della crisi è quella aziendalistica.
L’esistenza di un piano industriale alla base del pro-
cesso produttivo, le analisi qualitative e quantitative,
la valutazione degli investimenti e la sostenibilità di un
piano di risanamento giudiziario od extragiudiziario,
costituiscono una base imprescindibile per il
superamento di periodi di crisi o di difficoltà.
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Il ricorso alle procedure di salvataggio previste dal
diritto fallimentare può certamente aiutare, anzi, il
pagamento con percentuali minime ai creditori rap-
presenta un enorme vantaggio per il debitore, ma non
sempre risolve alla radice i problemi di una crisi
aziendale e quelli di continuità di una impresa, se que-
sto vantaggio non si trasforma in produttività ed effi-
cienza economica dell’impresa.
L’uscita dalla crisi e il
ritorno al valore
dipendono in
realtà da fattori quali il tempo, un programma attuabile,
strategie e risorse finanziarie disponibili per evitare
disgregazioni organizzative e sostenere
finanziariamente ed economicamente il progetto.
Di questi aspetti le procedure fallimentari di
risanamento dovrebbero tener conto introducendo con-
cetti aziendalistici nelle stesse normative.
E’ necessario dunque rivedere completamente la pro-
cedura concordataria nell’ottica di valutare che un sal-
vataggio di una impresa (nel presupposto che avven-
ga) presuppone
in primis
una seria volontà di
risanamento da parte dell’imprenditore in una visione
prettamente aziendalistica. Non è più accettabile che
davanti ad un “bonus” concordatario generalmente ele-
vato, da una parte si salvi un’impresa pur meritevole,
ma dall’altra se ne pongano in crisi molte altre, co-
strette magari a loro volta a ricorrere a procedure falli-
mentari.
Conclusioni
Dall’approfondimento delle tematiche qui trattate rias-
sumendo alcuni dei punti centrali trattati, emerge quanto
meno:
a.
la necessità di rivedere in un’ottica ben diver-
sa dall’attuale l’istituto del concordato in bianco e
rendere più accessibili e a costi più contenuti e meno
penalizzanti per i creditori le procedure che riguarda-
no la composizione negoziale della crisi ;
b.
garantire maggiormente il ruolo professionale
degli attestatori di piani ridefinendo i limiti di punibilità
penale, e statuendo in modo chiaro in ordine ai loro
compensi;
c.
istituzionalizzare e rendere obbligatoria la fi-
gura dell’Ausiliario Consulente del Giudice, quale fil-
tro professionale di qualità sul giudizio di affidabilità
dei piani concordatari, istituendo in proposito, presso
i tribunali, un apposito albo di professionisti specia-
lizzati nella specifica materia;
d.
creare nuovi organi di presidio e di vigilanza
della gestione concordataria a garanzia dei risultati pro-
spettati nelle proposte richiamandosi agli organi di
controllo previsti della legislazione americana.
Obiettivi necessari ed urgenti, per il conseguimento
dei quali la nostra categoria, chiamata “pesantemente”
in causa nell’assunzione di ruoli centrali nelle proce-
dure, può e deve fornire il proprio contributo, formu-
lando proposte e testi correttivi all’attuale legislazio-
ne fallimentare, e deve pretendere di partecipare a tut-
ti i tavoli di riforma che dovessero essere aperti.
Ne è capace e competente.