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NUMERO 211 - GENNAIO / FEBBRAIO 2013
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SOCIETÀ
MARCO MARTINA
Praticante Ordine di Pordenone
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE A PAGINA 10
L'istituto del finanziamento soci
nelle società a responsabilità limitata
N
el panorama societario italiano caratteriz-
zato da una diffusa sottocapitalizzazione
delle realtà aziendali, l’istituto del finan-
ziamento soci come strumento per appor-
tare mezzi e liquidità alle società, risulta essere usato e
spesso abusato. Nel presente intervento si cercherà di
identificare il suddetto istituto distinguendolo dagli
altri strumenti utilizzati per apportare finanza e mez-
zi propri nelle società a responsabilità limitata, per
passare poi a tratteggiarne caratteristiche e limiti in
quelle situazioni di difficoltà in cui, soprattutto in un
periodo come l’attuale, molte realtà societarie troppo
spesso vengono a trovarsi. Nello specifico verranno
analizzati gli istituti della postergazione in ambito fal-
limentare e le deroghe a questa, ovvero, la
prededucibilità dei finanziamenti soci nell’ambito dei
concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione
dei debiti.
Il finanziamento soci
Com’è noto, le tipologie di apporti di capitale di cui le
società possono beneficiare sono configurabili in due
classi:
-
CAPITALE DI RISCHIO (O PROPRIO):
apporti di capitale destinati ad essere sostegno dure-
vole all’attività imprenditoriale e rimborsabili sola-
mente a determinate condizioni;
-
CAPITALE DI CREDITO (O DI TERZI):
finanziamenti destinati ad essere rimborsati ed, even-
tualmente, remunerati.
Nel presente intervento si parlerà, restando nell’ambi-
to delle società a responsabilità limitata, delle risorse
conferite in società da una particolare categoria di
stakeholders: i soci. Queste evidentemente non esulano
dalla suddetta categorizzazione e possono quindi as-
sumere sia natura di dotazione di capitale, ed essere
denominati
conferimenti,
sia essere apportate a tito-
lo di credito ed essere definite
finanziamenti
. Nello
specifico si discuterà dei finanziamenti soci e del loro
trattamento.
Prima di entrare nel merito è tuttavia utile fare un
rapido
excursus
per elencare i vari istituti utilizzabili
per finanziare una società, sottolineandone i tratti di-
stintivi. Nel principio contabile n. 28
1
il patrimonio
netto è definito come la differenza tra le attività e le
passività patrimoniali e rappresenta l’insieme dei mezzi
propri dell’impresa; in quest’ottica può essere visto
come espressione della misura dei diritti patrimoniali
soddisfabili a beneficio dei soci in via residuale con le
attività di bilancio, dopo che sono stati soddisfatti
tutti i terzi creditori della società. E’ quindi in tale
accezione, che il patrimonio netto è “capitale di ri-
schio”. A livello di composizione del netto e di sua
iscrizione a bilancio è di aiuto il dettato civilistico
dell’art. 2424 il quale ne stabilisce la composizione e
la collocazione nel passivo di stato patrimoniale. Evi-
dentemente non sempre è pacifico individuare quali
eventi della vita societaria possano essere ricondotti
in voci di bilancio che andranno incluse nel patrimonio
netto e quali rientreranno invece nell’alveo dalle passi-
vità. In merito a questo, il citato principio contabile,
dispone che “l’esigenza di una netta separazione tra
passività e patrimonio netto, imposta dalla legge, ri-
chiede di utilizzare criteri univoci ed omogenei per
stabilire se un determinato accadimento interessi le
voci del patrimonio netto (iscritte alla lettera A dello
Postergazione e deroghe alla stessa in ambito fallimentare
schema previsto dall’art. 2424 c.c.) oppure le voci
figuranti tra le varie classi di passività individuate dal
legislatore (iscritte sotto le lettere B, C, D ed E).”
E’ in quest’ottica di distinzione che assume una
rilevanza fondamentale l’analisi degli apporti dei soci,
per capirne l’esatta collocazione a bilancio, e conse-
guentemente il trattamento civilistico e fiscale da ap-
plicare. Queste risorse, infatti, potendo configurarsi
sia come voci del patrimonio netto, quindi apporti a
titolo di capitale di rischio, sia come finanziamenti a
titolo di mutuo e quindi da collocare tra le passività
alla lettera D) punto 3) dello Stato Patrimoniale (“De-
biti verso soci per finanziamenti”), nell’OIC 28 sono
suddivise in quattro categorie:
1)
Versamenti a titolo di finanziamento:
im-
porti versati dai soci a titolo di capitale di prestito che
devono trovare collocazione in bilancio tra le passivi-
tà, alla lettera D), punto 3) “debiti verso soci per
finanziamenti”. La società è obbligata alla restituzione
di queste somme ai soci.
2)
Versamenti a fondo perduto:
si hanno quan-
do i soci, pur non volendo procedere ad un formale
aumento di capitale, decidono di sopperire al
fabbisogno di capitale di rischio con nuovi conferimenti.
In questi casi i versamenti si configureranno come riserve
di capitale, da collocare inbilancionell’alveodel patrimo-
nio netto, al punto VII “Altre riserve”, in voci denomina-
te di solito “Versamenti in conto capitale”, oppure “Ver-
samenti a copertura perdite”, se il conferimento è effet-
tuato per coprire perdite di esercizio;
3)
Versamenti in conto futuro aumento di
capitale
: si tratta di riserve di capitale aventi uno
specifico vincolo di destinazione, ovvero un futuro
aumento di capitale che tuttavia, al momento di effet-
tuazione del versamento, non è ancora deliberato.
Analiticamente vanno ricompresi nel punto VII) “Al-
tre riserve” del Patrimonio Netto;
4)
Versamenti in conto aumento di capitale
:
questo conto viene utilizzato in operazioni di aumen-
to a pagamento del capitale sociale già deliberati, nelle
more dell’iscrizione nel registro delle imprese dell’av-
venuto aumento del capitale sociale (art. 2444 c.c.).
Vengono indicato al punto VII) “Altre riserve” del
netto.
Nonostante i dettati civilistici e le interpretazioni for-
nite dall’organismo italiano di contabilità risultino
molto chiari, la distinzione tra le due fattispecie non è
sempre pacifica e la ricerca della discriminante è stata
oggetto di lungo dibattito a livello giurisprudenziale.
Negli anni si sono susseguite molteplici sentenze della
suprema Corte di Cassazione che sono andate via via
a dipanare la questione.
Un primo orientamento è stato quello di considerarli
prendendo a riferimento la denominazione data alla
“posta” di bilancio
2
; successivamente, con le sentenze
2314/1996 e, soprattutto, 7692/2006 l’orientamento
ha subito un’evoluzione ed ora si va ad indagare la
volontà dei soci ovvero il fine ultimo che sottende il
trasferimento, indipendentemente dalla denominazio-
ne data all’istituto.
La sentenza della Corte di Cassazione, Sezione 1 civi-
le, n. 2758 del 23 febbraio 2012, a sua volta poi richia-
mata dalla stessa Suprema Corte nella sentenza n. 15944
del 20 settembre 2012, infine sembra “chiudere” per il
momento il dibattito. In detta pronuncia viene affer-
mato che parlando di finanziamenti che a vario titolo i
soci fanno alle società da loro partecipate ci si può
trovare in presenza di somme erogate a titolo di mutuo
destinate perciò a ricadere nella disciplina tipica di
questo contratto ed implicare, di conseguenza, l’ob-
bligo per la società di restituire la somma ricevuta ad
una determinata scadenza, ma si possono configurare
anche erogazioni che, pur non costituendo veri e pro-
pri conferimenti di capitale e non implicando perciò
l’acquisizione o l’incremento di quote di partecipa-
zione nella società, sono destinate ad accrescerne il
patrimonio, confluendo perciò in apposite riserve con
la denominazione di “versamenti in conto capitale” o
“in conto copertura perdite” o altre simili. Questi ver-
samenti non danno luogo a crediti esigibili nel corso
della vita della società perché possono essere chiesti
in restituzione soltanto per effetto dello scioglimento
della società stessa, nei limiti dell’eventuale attivo di
bilancio di liquidazione; i giudici sottolineano quindi
come, qualificandosi in siffatto modo, la seconda
tipologia di finanziamento risulta essere più simile al
capitale di rischio che a quello di credito. Detto questo
la sentenza entra nel merito di come distinguerli. Viene
sottolineato come occorra rifarsi alla volontà negozia-
le delle parti, e quindi al modo in cui essa si è manife-
stata, desumibile anche, in difetto di altro, dalla quali-
ficazione della relativa posta nel bilancio di esercizio
approvato con il voto dello stesso socio conferente.
Ma, e questa precisazione risulta essere fondamenta-
le, la prova che il versamento operato dal socio sia
stato eseguito per un titolo che giustifichi la pretesa
restituzione, … , dev’essere tratta non tanto dalla de-
nominazione con la quale il versamento è stato regi-
strato nelle scritture contabili della società, quanto
soprattutto dal modo in cui concretamente è stato
attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso ap-
pare essere diretto e degli interessi che vi sono sottesi.
La postergazione ex art. 2467 c.c.
Soffermandoci sull’istituto del finanziamento soci,
sempre in ambito di società a responsabilità, l’argo-
mento può essere affrontato da più punti di vista: da
quello del diritto societario che va a esaminare il rap-
porto che lega soci e società, da quello del diritto civile
che affronta l’argomento del contratto che i due sog-
getti vanno a concludere, da quello del diritto bancario
che si occupa di normare la materia della raccolta del
risparmio (disciplinata dal T.U.B.) ed, infine, da quel-
la del diritto fallimentare. In questa sede, essendo im-
possibile portare avanti una trattazione esauriente di
tutti questi aspetti si andrà ad approfondire il rappor-
to tra finanziamento soci e ambito fallimentare; si par-
tirà da una disamina delle novità introdotte dalla rifor-
ma del diritto societario del 2003, con la quale il legisla-
tore per la prima volta ha affrontato la prassi dei
finanziamenti soci, per arrivare alle recenti disposizioni
in materia di crisi d’impresa che sono andate ad integra-
re il Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267 (art. 48 D.L.
31/05/2010, n. 78 e D.L. 22 giugno 2012, n. 83).
Con l’introduzione dell’art. 2467 del codice civile (e
1
Principio contabile OIC n. 28 – IL PATRIMONIO NETTO
2
Si vedano soprattutto Cassazione n. 6315 3.12.1980, Cassazione n. 1583 del 31.3.1989.