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NUMERO 211 - GENNAIO / FEBBRAIO 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO
L'istituto finanziamento soci nelle società a responsabilità limitata
l’art. 2497 quinquies), il legislatore del 2003 è interve-
nuto, riprendendo le parole della relazione al D.Lgs.
17 gennaio 2003 n.6, affrontando un tema da tempo
noto sul piano comparatistico ma che nel nostro siste-
ma non aveva fin qui trovato un esplicito inquadra-
mento legislativo ovvero i finanziamenti effettuati dai
soci alle società da loro partecipate, finanziamenti che
vanno a formalizzarsi come apporti a titolo di mutuo
ma, nei fatti, costituiscono sovente un apporto im-
proprio capitale volto a trasferire sui terzi creditori il
rischio d’impresa. Leggendo le intenzioni del legisla-
tore si comprende come questo abbia voluto andare a
ridurre la distanza di trattamento tra due istituti che,
in buona sostanza, hanno come obbiettivo comune
quello di apportare risorse alla società per permetterle
di svolgere la sua attività ma che, nei fatti, hanno ri-
flessi molto differenti in materia di rischio d’impresa e
interessi dei terzi non soci.
Operando nel solco di questa
ratio
, il legislatore con la
norma in commento, ha tuttavia attuato una duplice
tutela: innanzitutto ha ratificato che, in virtù
dell’asimmetria informativa esistente tra soci e terzi
creditori sia necessario uno strumento a tutela della
parte svantaggiata, ovvero in questo caso i terzi che
potrebbero subire la condotta del socio il quale, con-
scio della situazione della società mette in atto opera-
zioni volte ad esternalizzare il rischio d’impresa. Al
contempo, il legislatore si dimostra conscio che l’isti-
tuto del finanziamento non è di per sé negativo ed,
anzi, può rappresentare uno strumento per finanziare
la società più flessibile del conferimento ed in grado di
garantire (eccezion fatta per determinate situazioni) il
rimborso ed eventualmente anche la rimunerazione del
prestito, per cui lo riconosce e lo norma, trovando il
punto di equilibrio, appunto, nell’istituto della
postergazione.
Analizzando la norma, questa dispone due fatti di
notevole rilevanza:
*
la postergazione del rimborso del finanziamen-
to del socio rispetto agli altri creditori sociali;
*
l’obbligo di restituzione se il rimborso è avve-
nuto nell’anno precedente alla dichiarazione di falli-
mento.
U
na prima lettura pone sostanzialmente due
problematiche: innanzitutto se lo strumen-
to della postergazione sia applicabile solo
in fase di liquidazione o anche
durante
societate
e, in secondo luogo, individuare l’ambito in
cui un finanziamento è da considerarsi postergato.
Per quanto riguarda il primo aspetto si precisa che vi è
un dibattito dottrinale tra sostenitori di tesi contrap-
poste. In questa sede ci si limiterà a citare l’argomen-
tazione presente nel documento della fondazione
Aristeia n. 63
3
in materia di finanziamento dei soci. In
detto documento si sostiene che sarebbe più conforme
all’intento del legislatore la tesi che esclude
l’applicabilità della postergazione del rimborso dei
versamenti dei soci durate la vita della società. A tal
proposito si ritiene che il legislatore, introducendo il
concetto di postergazione, non abbia voluto impedire
che durante la vita della società il socio creditore possa
ottenere, se il prestito nel frattempo è divenuto
esigibile, la restituzione della somma versata a titolo di
finanziamento alle scadenze pattuite. Appare, infatti,
che l’esplicita previsione normativa contenuta all’art.
2467 co.1 c.c., che impone la restituzione del rimbor-
so avvenuto nell’anno precedente alla dichiarazione di
fallimento, voglia presupporre che durante la vita del-
la società i prestiti eseguiti in favore della società siano
rimborsabili alle originarie scadenze.
Per definire poi l’ambito in cui il finanziamento soci è
da considerarsi postergato la norma stabilisce due si-
tuazioni:
*
eccessiva sproporzione nel rapporto tra
indebitamento e patrimonio netto;
*
ragionevolezza del finanziamento piuttosto
che di un conferimento in relazione alla situazione
finanziaria della società.
Si evince quindi che il dettato dell’art. 2467 troverà
applicazione solo per quei finanziamenti che siano
stati concessi in una particolare situazione finanziaria,
ma, ed è importante sottolinearlo, non vieta tali
finanziamenti, anche nel caso in cui vengano concessi
in situazioni di squilibrio patrimoniale.
La problematica principale che sorge a questo punto
sta nell’individuare una precisa definizione, assente a
livello normativo, di squilibrio patrimoniale e ragione-
volezza del finanziamento. Per quanto riguarda il rap-
porto tra indebitamento e patrimonio netto, la prassi
individua varie soluzioni per trovare degli strumenti
applicativi. Per fare alcuni esempi, sicuramente non
esaustivi, potrà essere utilizzato il dettato dell’art.
2412 c.c. che, per quanto agisca in materia di società
per azioni, fornisce importanti delucidazioni; detto
articolo fissa il limite massimo dell’indebitamento
contraibile attraverso l’emissione di prestiti
obbligazionari “nella somma complessivamente non
eccedente il doppio del capitale e delle riserve”. Un
ulteriore strumento al quale affidarsi è l’art. 2, primo
comma, lett. B), D.Lgs. 270 8 luglio 1999 (Nuova
disciplina dell’amministrazione straordinaria delle gran-
di imprese in stato di insolvenza) che, stabilisce l’am-
ministrazione straordinaria delle imprese aventi, tra
l’altro “debiti per un ammontare complessivo non in-
feriore ai due terzi tanto del totale dell’attivo dello
stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle ven-
dite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio”. Si potrà
inoltre ricorrere all’analisi di bilancio per indici utiliz-
zando, ad esempio, il margine di struttura, o il rappor-
to tra capitale di terzi e capitale proprio. Relativamen-
te invece alla ragionevolezza del finanziamento piut-
tosto che di un conferimento, si renderà necessaria una
ricostruzione storica per ottenere dati oggettivi circa il
momento di ottenimento del finanziamento, la situa-
zione della società in detto momento, e la convenienza
dell’operazione confrontando la decisione del socio
con quella di un ipotetico terzo soggetto esterno
4
. Sa-
ranno elementi da prendere in considerazione poi: tas-
so di interesse (nel caso venga applicato un tasso no-
tevolmente inferiore alle medie di mercato o non venga
proprio applicato), le garanzie richieste e fornite, la
durata del finanziamento stesso.
Chiarita la portata della norma, l’ultimo aspetto da
analizzare è l’obbligo di rimborso: la norma prevede
che, qualora il versamento postergato effettuato dal
socio sia restituito nell’anno precedente il fallimento,
scatti una presunzione assoluta che stabilisce la resti-
tuzione del rimborso stesso. Sarà sufficiente l’aspetto
temporale del rimborso e la dimostrazione che al mo-
mento della concessione del finanziamento erano in atto
le situazioni indicate dal secondo comma art. 2467
poc’anzi descritte. Infine, qualora non fosse applicabile
la seconda parte del primo comma art. 2467, sarà sem-
pre possibile ricorrere all’art. 65 L.F.
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affinché il rim-
borso venga dichiarato inefficace o in alternativa agli
istituti della revocatoria ex art. 67 co.2 o in alternativa
alla revocatoria ordinaria ex. art. 66 L.F.
Prededucibilità
Trattando l’istituto della postergazione dei
finanziamenti soci in ambito fallimentare, infine, non
può essere trascurata la deroga introdotta con l’art.
182 quater R.D. n. 267/42 (c.d. Legge Fallimentare); il
suddetto articolo è stato inserito nell’impianto
normativo con l’art. 48 D.L. 31/05/2010, n. 78 e suc-
cessivamente modificato in modo importante nel 2012
con il c.d. decreto Sviluppo (D.L. 22 giugno 2012, n.
83, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 giugno 2012,
n. 147 e convertito con L. 7 agosto 2012 n. 134).
Con tale norma, rubricata come “Disposizioni in tema
di prededucibilità dei crediti nel concordato preventi-
vo, negli accordi di ristrutturazione dei debiti”, il legi-
slatore ha voluto favorire l’accesso al credito delle
aziende in stato di crisi che intendono utilizzare gli
strumenti del concordato preventivo e degli accordi di
ristrutturazione del debito permettendo sostanzial-
mente che i crediti ottenuti in esecuzione dei suddetti
procedimenti (non solo quelli sorti dalla concessione
di finanziamenti soci ma anche derivanti da finanza
erogata da altri soggetti), possano essere assimilati ai
crediti prededucibili ex art. 111 L.F.. Sono crediti
prededucibili quelli che, in sede di distribuzione delle
somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo fallimen-
tare, sono soddisfatti in precedenza rispetto a tutti gli
altri crediti. Per quanto nei fatti, far si che alcuni credi-
ti possano beneficiare della prededucibilità, significa
alterare la
par condicio creditorum
in virtù del quale i
creditori del fallito subiscono il medesimo trattamento
ed hanno i medesimi diritti su tutti i suoi beni salve le
cause legittime di prelazione, la
ratio
di questo proce-
dimento sta nel fatto che, dare priorità e certezza di
rimborso ad alcuni creditori, dovrebbe assicurare, o
quantomeno facilitare, l’accesso a nuove fonti di fi-
nanziamento e quindi arrecare beneficio all’interamassa
di creditori nell’ottica di continuazione e risanamento
dell’attività.
In seguito alle modifiche introdotte con il decreto svi-
luppo 2012, la norma in tema di prededucibilità è
suddivisibile in tre fasi logico-temporali: presentazio-
ne della domanda (finanziamenti funzionali ad arrivare
a presentare la domanda), esecuzione del piano e, in
ultimo, aspetto che nel precedente intervento del 2010
non era stato considerato, finanziamenti la cui richie-
sta è stata avvallata dal Tribunale dopo la presenta-
zione della domanda ma prima che questa venga giudi-
cata. Anche in questo caso approfondire esauriente-
mente l’intera normativa è cosa preclusa per motivi di
spazio; ci si limiterà per questo ad una rassegna gene-
rale dello strumento corredata da un’analisi specifica
della prededucibilità dei soli finanziamenti concessi
dai soci.
La normativa in esame, e nello specifico il terzo comma
dell’art. 182 quater, ricomprende tra i finanziamenti
prededucibili (con alcune limitazioni) anche quelli con-
cessi dai soci. Si è quindi evidentemente di fronte ad
una deroga implicita alla normativa della postergazione
contenuta negli art. 2467 e 2497 c.c. In merito alle
suddette limitazioni, oltre all’esclusione dai diritti di
voto e dal computo delle maggioranze necessarie per
l’approvazione del concordato ai sensi dell’art. 177
L.F. e dal computo della percentuale dei crediti previ-
sta dall’art. 182 bis, co.1 e 6, L.F., l’art. 182 quater
comma 3 stabilisce che: “in deroga agli articoli 2467 e
2497 c.c., il primo ed il secondo comma del presente
articolo si applicano anche ad i finanziamenti effettua-
ti dai soci fino alla concorrenza dell’80% del loro am-
montare”. Un ulteriore aspetto di novità riguarda la
totale prededucibilità di quei finanziamenti erogati da
quegli individui che acquisiscono la qualifica di socio
in esecuzione degli strumenti in discussione; testual-
mente il secondo periodo del comma 3 art. 182 quater
recita: “si applicano i commi primo e secondo quando
il finanziatore ha acquisito la qualità di socio in esecu-
zione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o di
concordato preventivo”. Sostanzialmente quindi ai soci
che decidono di apportare nuova liquidità, viene con-
cessa una percentuale dell’80% alla prededucibilità
stessa, nei casi di finanziamenti avvenuti in esecuzio-
ne o in funzione degli accordi in argomento lasciando
un residuale 20% alla postergazione; eccezione a que-
sta regola viene prevista per quei soggetti che “scom-
mettono” sull’azienda decidendo di finanziarla e di
acquisire la qualifica di socio, per questi, in caso di
successivo fallimento viene riconosciuta la
prededucibilità totale.
SEGUE DA PAGINA 9
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Documento della Fondazione Aristeia n. 63 del 19/16/2006, “La disciplina del finanziamento soci”, reperibile dal sito dell’Istituto di Ricerca dei dottori commercialisti e degli
esperti contabili (www.irdcec.it)
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In merito si veda sentenza del Tribunale di Milano del 24/4/2007 con la quale è stato affermato che il criterio della ragionevolezza, utilizzato dal legislatore per individuare i
finanziamenti dei soci postergati, comporta la necessità di tener conto della situazione della società al tempo del finanziamento confrontata con i comportamenti che nel
mercato sarebbe ragionevole aspettarsi.