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NUMERO 211 - GENNAIO / FEBBRAIO 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO
tistiche (ASD), riconosciute ovvero non riconosciute, non può per sua
definizione avere natura economica ma deve invece perseguire i bisogni
ideali degli associati.
E’ ben noto come l’attività delle associazioni, e più in generale degli enti
non commerciali, è rivolta al perseguimento dei fini istituzionali in assenza
di finalità lucrative. Anzi, nella quasi totalità degli statuti delle ASD l’assen-
za di scopo di lucro nel perseguimento del fine istituzionale rappresenta un
elemento cardine, peraltro obbligatorio in concorso con altre previsioni
statutarie per il riconoscimento dei benefici fiscali,
in primis
quelli previsti
dalla Legge n. 289/2002.
Frequentemente l’associazione sportiva, pur avendo fini altruistici, svolge
un’attività commerciale lucrativa, la quale o realizza i fini stessi in via diretta
o permette di perseguirli con la destinazione degli utili. Il perseguimento di
uno scopo altruistico non impedisce che tali enti esercitino, quindi, un’at-
tività d’impresa
4
.
L’esercizio di attività commerciale da parte dell’associazione sportiva, pur
presentando sempre carattere strumentale rispetto allo scopo istituzionale
perseguito, può costituire anche l’oggetto esclusivo o principale. In tali
casi è fuori di dubbio che l’associazione sportiva acquista la qualità di
imprenditore commerciale restando esposta a tutte le possibili conseguen-
ze, compreso il fallimento in caso di insolvenza.
Muovendo da questi presupposti giuridici, il tribunale (
rectius
il collegio
in sede pre-fallimentare) non può esimersi dall’ampliare il raggio di indagi-
ne per accertare se l’associazione sportiva nel corso della sua attività ed in
riferimento ad un riscontrato stato di insolvenza, abbia assunto la qualifica
di imprenditore commerciale.
Assoggettamento a fallimento dell’associazione: esame della dottrina
I contributi della dottrina sul tema non sono molto numerosi, comunque
tutti abbastanza risalenti
5
. Taluni autori hanno rivolto la loro attenzione
sulla necessità di distinguere tra lo scopo inteso come oggetto dell’ente
non commerciale (nel cui ambito rientrano a pieno titolo anche le ASD) e le
attività svolte per il suo conseguimento, attività che possono avere natura
prevalentemente economica
6
.
L’inquadramento della questione in questi termini appare condivisibile;
opinabile al contrario la soluzione di ricorrere a definizioni e parametri di
natura tributaria per l’accertamento sulla prevalente natura commerciale
dell’associazione.
Non manca chi ritiene sempre fallibile l’associazione che eserciti un’impre-
sa commerciale, sia quando tale attività costituisca l’oggetto esclusivo o
principale dell’ente sia quando la stessa sia statutariamente prevista come
strumentale o secondaria, sia infine quando non rientri neppure fra quelle
previste dallo statuto
7
.
Altri autori hanno posto l’accento sulla questione della possibilità o meno
di dichiarare il fallimento di quello che sostanzialmente è un patrimonio, nel
momento in cui questo non potesse più far fronte alle proprie obbligazio-
ni
8
.
La questione della fallibilità o meno dei patrimoni ha visto crescere la sua
importanza a seguito dell’introduzione nel nostro ordinamento della disci-
plina dei patrimoni destinati ad uno specifico affare. Il legislatore ha, infatti,
previsto che i creditori del patrimonio separato ne possano chiedere la
liquidazione ai sensi dell’art. 2447 bis c.c. ma non è stato previsto il caso in
cui tale liquidazione risulti insufficiente per il pagamento delle obbligazioni
sorte e si manifesti lo stato di insolvenza
9
.
Assoggettamento a fallimento dell’associazione:
excursus
giurisprudenziale
L’
excursus
storico sulla giurisprudenza in tema di assoggettamento a fal-
limento dell’associazione sportiva prende le mosse dalla sentenza del Tri-
bunale di Monza del 12 marzo 1955
10
, tribunale che ha dichiarato per la
prima volta il fallimento di un’associazione sportiva. La sentenza del tribu-
nale brianzolo presenta una duplice peculiarità: è stata la prima pronuncia
giurisprudenziale che ha riconosciuto l’applicabilità della procedura falli-
mentare in materia sportiva, oltre ad essere stata anche la prima sentenza
ad aver dichiarato il fallimento di una associazione non calcistica.
Una seconda pronuncia favorevole al fallimento dell’associazione sporti-
va è quella del Tribunale di Savona, emessa il 18 gennaio 1982, secondo il
quale “
le associazione sportive non costituite in forma di società, le quali
esercitino, abitualmente e sistematicamente, attività di organizzazione,
allestimento, attuazione di spettacoli sportivi non meramente dilettanti-
stici e non gratuiti, rivestono la qualità di imprenditori commerciali e
sono soggette al fallimento
11
.
Detto orientamento è stato confermato dal Tribunale di Firenze con sen-
tenza del 10 maggio 1995, a tenore della quale si afferma che “
qualsiasi
attività qualificabile come oggettivamente commerciale e che presenti
obiettive caratteristiche di organizzazione e di produzione di beni o
servizi, anche se finalizzata al conseguimento degli scopi ideali dell’as-
sociazione sportiva, è da considerare attività d’impresa
12
. La piena
assoggettabilità delle associazioni alla procedura concorsuale è stata og-
getto di una prima pronuncia della Corte di Cassazione nel 1979. La Supre-
ma Corte ha statuito che “
le associazioni assumono la qualità di impren-
ditore commerciale e sono sottoposte alle relative norme solo se eserci-
tano attività commerciale in via esclusiva e principale”
13
.
Una seconda pronuncia della Corte di Cassazione sul tema
dell’assoggettamento alla procedura fallimentare di un’associazione spor-
tiva è rappresentata dalla sentenza n. 9659/1993 con la quale gli ermellini
hanno riconosciuto che “
lo
status
di imprenditore commerciale può e
deve essere attribuito anche all’associazione che in concreto svolga,
esclusivamente o prevalentemente, attività d’impresa commerciale
”.
In senso conforme si segnala una più recente sentenza con la quale la
Suprema Corte è intervenuta sul tema non solo ribadendo che “
lo status di
imprenditore commerciale deve essere attribuito anche agli enti di tipo
associativo che in concreto svolgano, esclusivamente o prevalentemen-
te, attività di impresa commerciale
”, ma precisando altresì che “
a nulla
rilevando in contrario l’art. 111 del t.u. delle imposte dirette, D.P.R. n.
917 del 1986, che considera non commerciale le attività delle associa-
zioni in esso indicate, attività che, pertanto, non concorrono alla forma-
zione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o
come ricomprese tra i redditi diversi, con una disposizione la cui portata
è limitata alla previsione di esenzioni fiscali, ed alla quale non può
attribuirsi, avuto riguardo alla specificità delle ragioni di politica fisca-
le che la ispirano, una valenza generale nell’ambito civilistico
”.
14
Nel caso specifico la Cassazione, chiamata a decidere sul ricorso proposto
dall’Associazione Sportiva Pallacanestro Firenze per la revoca del falli-
mento
15
, ha desunto dall’esame degli elementi acquisiti nel corso del pro-
cesso che l’associazione in parola aveva svolto attività pubblicitarie e di
sponsorizzazione, facendo anche ricorso al credito bancario e ricevendo
ingenti finanziamenti, onde al cospetto di tali attività di natura prettamente
commerciale ed imprenditoriale non poteva disconoscersi lo
status
di im-
prenditore commerciale: “
la fallita
[aveva]
dimensioni economiche note-
voli, implicanti costi di gestione notevolissimi, un massiccio e sistemati-
co ricorso al credito bancario, acquisti e cessioni di atleti sponsorizzazioni
molteplici e frequenti attività pubblicitarie
”;
... “
anche nel bilancio del 1994
[ultimo bilancio di riferimento]
non man-
cavano dati, quali quelli relativi a proventi pubblicitari, debiti verso
banche etc. di per sé indicativi di attività prettamente commerciale
”.
In particolare, l’associazione sportiva risultava avere un passivo ammon-
tante ad 8.069 milioni di lire il che comportava un notevole squilibrio eco-
nomico e una mancanza di liquidità e di credito, tali da rendere del tutto
impossibile l’adempimento, alle scadenze prestabilite, delle obbligazioni
pecuniarie assunte.
Non si può però giungere alla frettolosa conclusione che lo svolgimento di
attività commerciale da parte dell’ASD implichi necessariamente che la
stessa sia
sic et simpliciter
predestinata al fallimento in caso di insolvenza.
Sul punto l’orientamento della prevalente giurisprudenza è di riconoscere
il carattere di imprenditore commerciale all’associazione sportiva insolvente
solo quando una delle attività indicate nell’art. 2195 c.c. costituisce l’og-
getto esclusivo o prevalente rispetto alle altre attività.
Sembra pertanto che possa sostenersi che non è l’esercizio di un’attività
commerciale in quanto tale che può determinare il fallimento di un’associa-
4
F. Rivellini, opera citata.
5
Un ampio panorama è fornito dal contributo di A. Silvestrini,
Il fallimento degli associati illimitatamente responsabili
, in Il Fallimento n. 6/2004, pag. 695.
6
Antonello Cattelan in CRL News, Agosto 2004. Su analoghe posizioni si pone l’intervento di Cristian Zambrini in Iussport del 29 novembre 2011.
7
A. Silvestrini, opera citata. Ed ancora Di Sabato,
La nozione d’impresa nell’ambito delle organizzazioni non profit
, relazione svolta il 6 ottobre 2001 in Gardone Riviera al
convegno su «Associazioni e fondazioni: dal codice civile alle riforme annunciate».
8
L. Tarricone e G. Gallarati:
Modalità di scioglimento anticipato delle fondazioni in caso di insolvenza
, in Diritto civile e commerciale, 12 luglio 2007.
9
La dottrina, come riferito dagli autori citati nella precedente nota, si è confrontata sul tema immediatamente dopo la riforma, esprimendosi a favore della fallibilità del
patrimonio destinato, nonostante la mancanza del soggetto a cui imputare il fallimento. Peraltro la dichiarazione di fallimento in mancanza di un fallito non è situazione nuova
nella legge fallimentare, quale è il caso dell’imprenditore defunto. In questo caso si ha il fallimento di un patrimonio separato rispetto a quello degli eredi pur in mancanza del
fallito.
10
In Riv. dir. comm. 1956, II, pag. 483.
11
In Riv. Dir. Sport, anno 1982, pag. 200.
12
Trattasi del fallimento dell’Associazione Sportiva Pallacanestro Firenze.
13
Cass. 9 novembre 1979, n. 5770, in Foro it., 1980, I, pag. 358.
14
Corte di Cassazione, sentenza n. 8374 del 20/6/2000 in Massimario Giurisprudenza Italiana, anno 2000.
15
Fallimento disposto dal Tribunale di Firenze con sentenza 10 maggio 1995.
SEGUE DA PAGINA 5
Associazione sportiva
e assoggettabilità al fallimento
SEGUE A PAGINA 7