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NUMERO 211 - GENNAIO / FEBBRAIO 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO
definizione forfetaria e immediata, nella prospettiva di recuperare risorse finanzia-
rie e ridurre il contenzioso e non in quella dell’accertamento dell’imponibile”
42
.
La Corte ha voluto, con questa dichiarazione, mettere il condono al riparo da
censure per violazione degli artt. 3, 23 e 53 della Costituzione: è il contribuente a
chiedere liberamente ed a trarre beneficio; i cittadini rimangono uguali davanti alla
legge senza limitazioni di alcun ordine, ovvero senza disparità di trattamento
43
, e la
loro capacità contributiva non viene intaccata ma solo ridisegnata in base a nuovi
indici di riparto. Il realismo giuridico è ben diverso. Il condono tende ad un gettito
maggiore ridisegnando il prelievo delle imposte tra i contribuenti - evasori; in altri
termini, suddivide le entrate in base a nuovi indici di capacità contributiva, ma non
rimborsa coloro che hanno già pagato le imposte
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in quantità eccedente rispetto a
quelle condonate: esclude coloro che hanno rettamente osservato la legge; come non
rimborsa chi ha già versato degli acconti che risultano superiori a quanto dovuto in
base al condono. Pertanto il condono viene applicato nelle situazioni in cui non
esiste la definizione della controversia ma vi è la volontà, da parte dell’Erario, di
poter acquisire un introito ulteriore rispetto a quanto riscosso fino al momento
dell’emanazione del decreto-legge, prospettando l’estinzione di una punibilità per
un corrispettivo che non ha alcun rapporto reale con l’offesa realizzata.
Si può affermare che la Corte Costituzionale legittimi il condono perché è una scelta
del contribuente aderire o meno, quindi non dovrebbe sussistere alcuna disparità di
trattamento. La verità è che la legge a volte preclude a molti contribuenti la possi-
bilità di chiedere una definizione agevolata e, comunque sia, le situazioni non ven-
gono annullate ma ridefinite. Può altresì accadere che alcuni contribuenti, non aven-
do avuto notizia di una causa ostativa, perfezionino un condono destinato all’inef-
ficacia; in questo caso si hanno delle vere e proprie disparità di trattamento con
violazione dei principi costituzionali. Le cause ostative possono essere anche ca-
suali: soggetti già raggiunti dalla notifica di accertamento ed altri non ancora raggiunti
a causa di una diversa organizzazione degli uffici del pubblico ministero, di carenze di
organico, delle difficoltà di notifica o anche a causa del comportamento di un soggetto
che, per allungare i tempi, si renda irreperibile o si trasferisca all’estero.
Di conseguenza, il legislatore può fissare il termine di efficacia del condono in modo
discrezionale, sapendo per certo che il Giudice delle leggi ritiene le disparità di
trattamento
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accadimenti di mero fatto, insuscettibili di costituire un danno per il
principio di eguaglianza. Solo nel 1986
46
, la Corte ha dichiarato costituzionalmente
illegittima la decisione di porre come termine per godere degli effetti premiali del
condono l’avvenuta notifica dell’esercizio dell’azione penale
47
. Con questa moda-
lità, l’Amministrazione può “scegliere” i contribuenti da ammettere al condono,
attraverso l’uso del potere di accertamento. Tale Sentenza, della Corte Costituzio-
nale, si può ritenere isolata; infatti, leggi più recenti
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conferiscono efficacia preclusiva
per gli atti di accertamento notificati successivamente all’entrata in vigore della
legge, ma anteriormente alla richiesta di condono.
Le questioni di costituzionalità relative ai condoni ormai sono definitivamente risolte
dalla giurisprudenza della Corte quindi, dal punto di vista pratico, non è possibile
sperare in un mutamento di indirizzo. A differenza della giurisprudenza, autorevole
dottrina ha definito il condono un “istituto criminogeno”, ovvero fuorilegge
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; esso
non viola il principio di legalitàma è fuori dalla legge costituzionale ignorando i doveri
di solidarietà, uguaglianza e concorrenza alle spese pubbliche (artt. 2, 3 e 53
50
).
È stato anche definito “illecito ed immorale”
51
, capace di distrarre l’Amministra-
zione dai controlli. Occorre sottolineare che l’imposta è, per l’Erario, un credito
diverso dagli altri: si tratta di un credito di ripartizione, infatti, riparte tra i consociati
una spesa comune. Nasce così il rapporto contribuente – Fisco ma anche il rappor-
to tra contribuenti; quest’ultimo si risolve nella pretesa di ciascun contribuente ad
un equo riparto del carico pubblico complessivo ed a non subire un concorso alle
spese pubbliche superiore alla propria attitudine contributiva.
L’Erario non può, e non deve, rinunciare ad avvalersi del credito verso pochi contri-
buenti perché ciò si ripercuoterebbe sulla totalità dei soggetti; il solo modo che ha
per rinunciare al credito è farlo verso tutti in misura proporzionata, ma questo è
impossibile. Quindi, tutti i soggetti devono concorrere alle spese dello Stato in
modo corretto ed equo. Occorre stabilire una norma di riparto; questa porrà in
essere un diritto soggettivo individuale di ciascun partecipante al riparto nei con-
fronti dei condebitori
52
. La norma è la base del diritto soggettivo di ciascun contri-
buente verso la platea dei concorrenti al riparto; il criterio di ripartizione non può
essere variato; in quanto è garantito e riconosciuto dalla Costituzione come diritto
inviolabile dell’uomo (art. 2). In pratica, la legge condonistica è la negazione del
diritto tributario: oltre ad essere incostituzionale, per violazione degli articoli 2, 3,
24 e 53 della Costituzione, contraddice la funzione stessa dell’ordinamento tribu-
tario. Infatti, ha come conseguenza l’aumento della propensione all’evasione, so-
prattutto quando la somma da pagare, per definire i periodi d’imposta pregressi, è
commisurata alle imposte dichiarate. In questo modo, più i soggetti evadono, più
vengono premiati
53
. Per non rischiare tutto ciò, la legge di condono dovrebbe limi-
tarsi, come accadeva prima della riforma del 1973, a discutere le sanzioni irrogabili
54
e non le imposte; andando a toccare quest’ultime si avvantaggiano i trasgressori con
la conseguente lesione dell’interesse di coloro che non hanno evaso.
L’unica giustificazione del condono, compatibile con i principi di giustizia e ragio-
nevolezza
55
, si ha quando vi è una fase transitoria da un sistema ad un altro; come
accadde nel 1971, quando si introdussero nuove imposte (come IRPEF, IRPEG e
IVA, per citare le più importanti) e nuovi strumenti di accertamento che posero il
Governo di fronte al problema di risolvere con una legge il passaggio tra sistemi,
procurando un immediato e consistente gettito che compensasse la perdita di entra-
te prevista per la fase transitoria. Le ultime leggi di condono invocano altre giusti-
ficazioni, come l’insopportabilità del carico fiscale, richiamando la “legittima dife-
sa”, o la disfunzione della Pubblica Amministrazione
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: si tratta di mere scappatoie
che risultano infondate. La verità è che il condono sembra, ormai, una misura
ordinaria; giudicata come l’unico strumento fiscale funzionante in Italia
57
.
L’Amministrazione dovrebbe, ad avviso di chi scrive, potenziare il ruolo preventi-
vo del contrasto all’evasione; i condoni minano la cultura della legalità, ed agire su
aliquote e sanzioni è meno importante che agire sulle motivazioni sociali e psicolo-
giche che inducono ad evadere
58
. Un’indagine della Banca d’Italia ha confermato
che tra le motivazioni principali dell’evasione vi sarebbe la percezione del compor-
tamento disonesto da parte degli altri contribuenti
59
.
Il ripristino della “morale fiscale” dovrebbe indurre i contribuenti a comprendere
che le imposte servono per finanziare la spesa pubblica e che tutti i cittadini di
questo Paese, in quanto tali, devono concorrere in ragione della loro capacità contri-
butiva per tale finalità.
Concludendo si vuole citare il Berliri che, nel 1945, ha affermato: “Starà al senno dei
politici, e al loro stesso interesse, non dimenticare, come talvolta hanno pure fatto
economisti ed esperti, che l’uomo, sia pure quanto si voglia
homo economicus
,
sente e soffre non solo la fame e il freddo, l’insicurezza e la malattia;
ma anche ed
in primissima linea l’ingiustizia
; sicché sarebbe errore imperdonabile quello di
credere che la “massima felicitazione” dei governanti si raggiunga col renderne
massimi i “piaceri” e minimi i “dolori”, se fra i primi non si comprenda appunto
anche il piacere della giustizia e fra i secondi il dolore lancinante dell’ingiustizia. Se
insomma si trascuri fra i bisogni dell’uomo quel prepotente, primordiale e sacro
bisogno ch’è per l’appunto
il bisogno di giustizia
”.
42
Così, la Sentenza della Corte Costituzionale del 13 luglio 1995, n. 321, in DE MITA E.,
Fisco e Costituzione
, vol. III, 1993-2002, Milano, Giuffrè, 2003, p. 323.
43
La Corte Costituzionale in una Sentenza del 26 febbraio 1981, n. 33, in www.agenziaentrate.it, ha dichiarato: “Non si può negare, in primo luogo, che diversa sia la situazione
di chi ha già pagato e di chi può definire la controversia pagando. Né la diversità di trattamento tra queste due categorie di contribuenti è irragionevole, nel senso che la differenza
presupposta come criterio di distinzione corrisponde alle finalità assunte dal legislatore e caratterizzanti il provvedimento”; e nella Sentenza del 25 giugno 1980, n. 96, ivi: “in
questo quadro di esigenze eccezionali, il principio di eguaglianza non poteva essere attuato realizzando la parità di trattamento in ordine alle situazioni iniziali che avevano
provocato la controversia o la pendenza tributaria, ma solo estendendo al massimo la possibilità per tutti i contribuenti – quale che fosse la fase della loro vicenda tributaria –
di chiedere l’applicazione, con modalità e risultati parzialmente differenziati, del provvedimento agevolativo”.
44
È previsto il diritto di rimborso dell’imposta pagata solo nel caso di errore materiale o per violazione delle norme sul condono, come accennato alla nota 21.
45
La Corte di Cassazione ha ribadito il preciso valore dello “Statuto dei diritti del contribuente”, in relazione, soprattutto, alla tutela del legittimo affidamento del contribuente.Tra i principi cardine vanno
inclusi: collaborazione, buona fede ed affidamento. Tali principi si possono dedurre dagli articoli 97 (buon andamento ed imparzialità), 53 (capacità contributiva) e 3 (eguaglianza) della nostra Costituzione.
46
Sentenza del 7 luglio 1986, n. 175, in DE MITA E.,
Fisco e Costituzione
, vol. II, 1984-1992, Milano, Giuffrè, 1993, p. 410.
47
Decisione prevista nell’art. 16 del D.L. n. 429 del 10 luglio 1982.
48
Si veda, ad esempio, l’art. 8 (Integrazione degli imponibili per gli anni pregressi), paragrafo 10 lettera a), della L. n. 289/2002 (Legge Finanziaria 2003).
49
Si veda STELLA G.A.,
Cinismo, illusioni e Sudamerica, ma alla fine la storia si ripete
, in Il Corriere della Sera, del 15 dicembre 2002, pp. 1 e ss.; e TREMONTI G.,
Il condono, un suicidio fiscale
, in Il Corriere della Sera, del 25 settembre 1991.
50
L’art. 53 consente allo Stato di eseguire la redistribuzione dei redditi, idonea a rimuovere gli ostacoli tra i cittadini; con la conseguenza che soggetti aventi medesima capacità
contributiva subiscono lo stesso trattamento fiscale. Si tratta di una cooperazione generale per conseguire un fine che interessa non il singolo ma l’intera comunità. La lettura
combinata degli articoli 2 e 53 della Costituzione è il fondamento della connotazione solidaristica. L’individuo è chiamato a dare senza necessariamente ricevere, a privarsi di
parte delle proprie disponibilità economiche a vantaggio della collettività, non in funzione di quanto ottenuto dallo Stato, ma in ragione di quanto possiede. La Corte
Costituzionale, con la Sentenza del 26 marzo 1980, n. 42, in www.agenziaentrate.it, ha inserito l’articolo 53 nella sfera dei poteri e dei metodi di accertamento; successivamente,
con la Sentenza n. 51, del 1992, ivi, ha esteso l’area di operatività del precetto costituzionale anche al settore dei poteri istruttori. Di conseguenza, l’articolo 53 impone al
legislatore di prevedere poteri idonei ad “obbligare tutti a partecipare ai bisogni collettivi, in modo da evitare che si creino aree di impenetrabilità al fisco in cui possano
proliferare comportamenti evasivi tali da compromettere l’interesse generale al reperimento delle entrate pubbliche”. Così, VIOTTO A.,
I poteri di indagine dell’Amministra-
zione finanziaria
, Milano, Giuffrè, 2002, p. 17. Per una trattazione più approfondita si veda anche MOSCHETTI F., op. cit., pp. 59 e ss.
51
Si veda FALSITTA G.,
Il redditometro arma vincente anti-evasione
, in Il Sole 24 Ore del 7 settembre 2006. L’autore consiglia ai governi d’impegnarsi a non proporre più
condoni, anzi, impedirne del tutto il ricorso.
52
Si veda BERLIRI L.V.,
La giusta imposta
, Roma, edizione dell’Istituto Italiano di studi legislativi, 1945, p. 341; l’A. paragona la situazione di riparto della spesa pubblica a
quella, analoga, di distribuzione dei dividendi di una società anonima; anche in questo caso, occorre osservare una perfetta e rigorosa giustizia distributiva nel riparto dell’utile tra
i soci, al di fuori di qualunque criterio discrezionale.
53
Si veda LUPI R.,
Autotassazione, modelli culturali e condoni fiscali
, in Rassegna Tributaria, 1/2004, pp. 153 e ss. L’autore spiega come, soprattutto con i condoni del 1973,
del 1982 e del 1991, era possibile pagare, con la definizione automatica degli imponibili dichiarati, una percentuale d’imposta risultante dalla dichiarazione o, per chi non aveva
fatto alcuna dichiarazione, una somma forfetaria fissa. Quindi, più erano bassi gli imponibili dichiarati, maggiore era il vantaggio che si poteva ricavare dal condono.
Successivamente, i contribuenti, forti della situazione che si era creata, evadevano sempre più.
54
Nonostante molti autori, tra cui il Preziosi, abbiano affermato che la sanzione rappresenta un momento davvero decisivo ed insopprimibile del processo di adeguamento del comportamento
degli evasori ed “ha una funzione coercitiva e deterrente, e comunque appare indirizzata per l’indiretto ristoro dell’interesse insoddisfatto dello Stato”, così PREZIOSI C., op. cit., p. 4.
55
Si veda DE MITA E.,
Fisco e Costituzione
, vol. III, cit., pp. 207 e 208.
56
In realtà, come il LUPI ha teso a sottolineare, per secoli è stato il Fisco a chiedere le imposte con la collaborazione dei contribuenti; ora il Fisco ha un mero ruolo di controllo,
lasciando la determinazione delle imposte ai singoli soggetti passivi. In questo modo, i contribuenti possono decidere, con una certa discrezione, quanto dichiarare e, di conseguenza,
quanto evadere. L’A. ha definito la degenerazione della fiscalità basata sull’autotassazione “un allarme che nessuno ha lanciato […] degenerando in un diritto amministrativo senza
amministrazione, dove i contribuenti autodeterminano le imposte, se del caso si ravvedono e si autopuniscono, per autoliquidare poi ogni 5 anni il rituale condono”. Così LUPI R.,
op. ult. cit., p. 159, nt. 5. Quindi alla radice dei condoni ci sono delle profonde carenze nel modo di concepire i controlli fiscali ed il ruolo dell’Amministrazione.
57
Si veda ARDITO F.,
Profili di incostituzionalità della legislazione condonistica
, in Rassegna Tributaria, n. 6/2003, p. 1896.
58
Si veda GIANNINI S.,
Contro l’evasione serve più deterrenza
, in Il Sole 24 Ore, del 23 agosto 2006.
59
Il condono colpisce il diritto soggettivo di ogni singolo contribuente non verso lo Stato, ma verso gli altri concorrenti al riparto; quel diritto soggettivo tutelato dalla
Costituzione agli articoli 2, 3 e 53. “D’altra parte, le entrate rischiano di ridursi non solo prima, ma anche in seguito ad un condono che potrebbe generare frustrazione nei
contribuenti onesti, inducendoli a loro volta all’evasione. Pertanto, a fronte di benefici a breve termine, il condono può causare una riduzione del gettito tributario proprio perché
consolida nei contribuenti l’attesa che si tratti di una misura destinata a ripetersi”. Così ARDITO F., op. cit., p. 1897.
SEGUE DA PAGINA 3
Il condono tributario