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NUMERO 211 - GENNAIO / FEBBRAIO 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO
Per tutti i ragionamenti precedentemente svolti
si dovrebbe propendere per la non applicabilità
della sanzione amministrativa di fronte a un caso
di elusione fiscale, anche se la prassi dell’Ammi-
nistrazione fiscale è purtroppo di tutt’altro avvi-
so (e così i giudici tributari). La questione è an-
cora più delicata in campo penalistico. In questo
caso il collegamento tra elusione ed elemento
soggettivo dell’ipotetica fattispecie criminosa,
presupposto necessario per l’irrogazione della
pena, è ancora più sfumato. Sul punto la giuri-
sprudenza di legittimità (Corte di Cassazione,
sez.II, n. 7739 del 28/2/2012) è giunta alla conclu-
sione che, ai fini penali, assume rilievo l’elusione
fiscale solo se vi sia la violazione di una specifica
norma antielusiva. Meno recentemente invece la
stessa Corte di Cassazione (sentenza n. 26723
del 18/03/2011) aveva stabilito che ci si trova di
fronte all’illecito penale, nel caso di elusione/abu-
so del diritto, con riferimento all’operare delle
disposizioni dell’art. 4, del D.Lgs. 10marzo 2000,
n. 74 (fattispecie della dichiarazione infedele, al
superamento dei limiti quantitativi in quella sede
indicati). Il reato quindi sarebbe configurabile
anche in presenza di una condotta elusiva rien-
trante tra quelle previste dall’art. 37 bis del D.P.R.
600/73 quando tale condotta, risolvendosi in atti
e negozi non opponibili all’Amministrazione Fi-
nanziaria, comporti una dichiarazione infedele per
la mancata esposizione degli elementi attivi nel
loro effettivo ammontare. Secondo la giurispru-
denza più stagionata quindi gli ambiti penali al-
l’interno del quale ricercare il reato in riferimento
a condotte elusive sono quelli ex art. 4, dichiara-
zione infedele, e 5, omessa dichiarazione, del
D.Lgs. 74/2000.
La più recente sentenza n. 7739 del 2012, già cita-
ta precedentemente, va a precisare, in maniera
non equivoca, quando l’elusione fiscale potreb-
be essere foriera di conseguenze penali. Viene in
particolare fissato il principio giuridico secondo
cui
“non qualunque condotta elusiva ai fini fi-
scali può assumere rilevanza penale, ma solo
quella che corrisponde ad una specifica ipotesi
di elusione espressamente prevista dalla leg-
ge”.
Solo così il contribuente può essere messo
in condizione di tenere conto, nel momento in cui
redige la dichiarazione dei redditi, del complessi-
vo sistema normativo tributario, al cui interno
saranno rinvenibili i precetti delle specifiche di-
sposizioni antielusive. Più precisamente i giudici
rilevano che:
“in altri termini, nel campo pena-
le non può affermarsi l’esistenza di una regola
generale antielusiva, che prescinda da specifi-
che norme antielusive, così come, invece, rite-
nuto dalle citate Sezioni Unite civili della Cor-
te Suprema di Cassazione, mentre può affermarsi
la rilevanza penale di condotte che rientrino in
una specifica disposizione fiscale antielusiva.”
Un elemento che tende ad avvalorare la soluzio-
ne dei giudici di legittimità appena richiamata può
essere rinvenuto nella logica repressiva sottesa
alla riforma del D.Lgs. 74/2000.
Questa, con una scelta radicalmente diversa ri-
spetto al pregresso modello di legislazione pena-
le tributaria, ha inteso abbandonare il “modello
del “reato prodromico”, con il quale veniva puni-
ta anche la fase “preparatoria” dell’evasione
d’imposta, mentre la nuova disciplina attua una
strategia volta a favorire il recupero alla
fattispecie penale tributaria del momento di ef-
fettiva offesa degli interessi dell’erario (mo-
mento dichiarativo), con la conseguenza di
negare la rilevanza penale autonoma delle vio-
lazioni poste in essere a monte della dichiara-
zione dei redditi.
Profili
sanzionatori
C
he strano destino
ha il cittadino italiano, da qualche anno.
Invece di avere al suo servizio le istituzioni, come si penserebbe, visto che le paga, tra
l’altro sempre di più, spesso si trova lui stesso ad essere al servizio delle istituzioni.
Proprio il contrario di come dovrebbe essere. E questo nostro servizio alle istituzioni è pagato
sia in natura che con denaro.
In natura era offerto, fino a qualche anno fa, il servizio militare; con denaro si pagano invece
le imposte. Ma c’è un nuovo pagamento in natura sempre più diffuso, un pagamento forse un
po’ subdolo, pagamento che non si percepisce nella sua intierezza, ma che è egualmente
gravoso e pesante.
Si tratta della corvée fiscale. Ci riferiamo a tutti gli adempimenti che l’Amministrazione Finan-
ziaria negli anni ha posto a carico dei contribuenti, di tutti i contribuenti, privati e imprese, per
semplificare e alleggerire il lavoro dell’Amministrazione stessa, non certamente quello dei
cittadini. Si tratta di un semplice travaso di compiti, che comporta il verificarsi di situazioni al
limite dell’assurdo; il cittadino paga per un servizio che poi si ritrova in parte a svolgere
personalmente. È evidente che qualcosa non va.
Ci riferiamo in particolare alle dichiarazioni fiscali, una volta digitalizzate a cura dell’Ammini-
strazione Finanziaria; ora la digitalizzazione è invece a carico del cittadino che deve anche
provvedere al loro invio telematico. Lo stesso dicasi per i dati del catasto e per la registrazione
degli atti, per i quali, ad esempio, ricordiamo il nuovo software “Siria”, che consente al citta-
dino di registrare autonomamente il proprio contratto di locazione, senza far “perdere tempo”
ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate.
Abbiamo poi le ritenute fiscali, i contributi e l’IVA che versano imprese e professionisti: sono
un servizio per lo Stato, gratuito, anche se si rischiano sanzioni per possibili errori. Per fortuna
che ogni tanto l’Amministrazione Finanziaria ci fornisce delle poderose circolari che spiegano
cosa debba fare il contribuente; peccato che a volte questi chiarimenti arrivino però dopo le
scadenze o comunque in ritardo. È il caso, per esempio, della recente circolare in materia di
rimborsi IRES legati alla deducibilità dell’IRAP riferita al costo del personale dipendente.
L’emanazione di una circolare esplicativa sarebbe forse stata più utile prima dell’invio, da
parte della quasi totalità dei contribuenti, delle istanze di rimborso. Ma evidentemente l’Am-
ministrazione Finanziaria o non ha tempo, o non ha le competenze o non gliene importa nulla,
dei contribuenti.
A
i tempi feudali il vassallo
rendeva la sua prestazione al signore feudale, di norma con
giornate di lavoro gratuito. Il sistema delle
corvée
assicurava dei vantaggi sia per il
signore feudale, che così poteva disporre di forza di lavoro gratuitamente, sia per il
vassallo, che aveva il vantaggio di poter pagare fitti ed imposte con il lavoro e non con il denaro.
Ma torniamo ai nostri giorni. Inizialmente erano solo le dichiarazioni dei redditi; chi ha qualche
anno, si ricorderà le allora semplici dichiarazioni fiscali compilate a mano con i fogli a ricalco.
Ora si devono utilizzare programmi (costosi, e sempre in continua evoluzione) fornendo mi-
gliaia di dati già in formato elettronico, pronti per l’uso. Programmi, computer, aggiornamento
sono forniti gratis dai contribuenti e da chi li assiste. Ora, con il redditometro vanno dichiarate
auto e beni dati in beneficio ai soci (per questi ultimi, ricordiamo che l’Amministrazione
Finanziaria vuole una nuova e apposita comunicazione contenente anche indicazioni che
vanno oltre lo spirito della norma).
L’esercito dei 100.000 segugi italiani (circa 60.000 finanzieri e 35.000 dipendenti dell’Ammini-
strazione Finanziaria) ha di fatto arruolato anche 5 milioni di volontari coatti, le aziende e i
privati. Tanto, non costano proprio nulla, e se sbagliano non servono richiami o lettere, si
applicano immediatamente le sanzioni, e si guadagna anche un po’, senza aver fatto nulla.
Tutti a fornire alla Pubblica Amministrazione dati di terzi.
Dulcis in fundo
, situazione assurda ed irreale, eppure non ancora sufficientemente criticata, è
la questione della responsabilità solidale di chi appalta, in qualsiasi campo.
Tocca a chi appalta controllare l’appaltatore, chissà poi perché. E anche qui, gratis e sanzioni
se si sbaglia. Ci vorrebbe più serietà, da parte dell’Amministrazione Pubblica, e più presa di
coscienza da parte dei cittadini, sempre più tartassati, in tutti i sensi; e nelle condizioni di non
poter nemmeno protestare. E quindi, tutto sommato, è fin troppo facile abusarne.
Elenchiamo solo qualcuna delle procedure di controllo che sono state delegate ai cittadini/
contribuenti: elenchi Intrastat, comunicazioni black list, lettere di intento, beni ai soci (comu-
nicazione continuamente prorogata perché l’Amministrazione Finanziaria stessa ancora non
sa esattamente cosa chiedere ai cittadini), nuovo elenco clienti-fornitori (noto anche come
“spesometro” che, per l’anno 2012, richiederà, chiaramente a pagamento, l’aggiornamento dei
software delle imprese, software già obsoleti, nonostante siano stati acquistati nel 2011 appo-
sitamente per tale adempimento, quindi doppia spesa senza alcun riguardo), erogazioni libe-
rali, spesometro (operazioni regolate con moneta elettronica), archivio rapporti finanziari –
comunicazioni “ordinarie”, archivio rapporti finanziari – nuova comunicazione saldi e
movimentazioni, responsabilità solidale, compensazioni IVA. C’è chi ne ha a uffa, oramai. Le
corvée
sono decisamente troppe, e prima o poi la protesta monterà.
Non siamo nel medioevo, e ci si trova in una strana situazione, con l’inversione dei ruoli: il
cittadino al servizio dello Stato, quando dovrebbe essere esattamente il contrario.
Il cittadino/contribuente è troppo paziente e al momento non ha ancora preso piena coscienza
dell’abuso nei suoi confronti.
La
corvée
fiscale
GIUSEPPE REBECCA
Ordine di Vicenza
SEGUE DA PAGINA 17