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NUMERO 211 - GENNAIO / FEBBRAIO 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO
1. Con il consolidarsi degli indirizzi della Corte di
Giustizia Europea su comportamenti abusivi an-
che in materia fiscale, la Cassazione nel 2005 ri-
solve il problema sostenendo la nullità di opera-
zioni di
dividend washing
9
e
divideng stripping
su basi civilistiche, per difetto di causa contrat-
tuale ex art. 1418 cc. La SupremaCorte rileva l’abu-
so del diritto nella nullità dei negozi per mancan-
za di causa.
2. Nel 2006 la Cassazione
10
sposta l’accento sul-
l’esistenza di un principio generale di derivazio-
ne comunitaria. Facendo leva in maniera espres-
sa proprio sulla sentenza della Corte di Giustizia
sul caso Halifax, afferma “
pur non esistendo nel-
l’ordinamento fiscale italiano una clausola
generale antielusiva, non può negarsi l’emer-
gere di un principio tendenziale, desumibile
dalle fonti comunitarie e dal concetto di abuso
del diritto elaborato dalla giurisprudenza co-
munitaria, secondo cui non possono trarsi be-
nefici da operazioni intraprese ed eseguite al
solo scopo di procurarsi un risparmio fiscale
”.
La Suprema Corte, riferendosi ai comportamenti
dei contribuenti nei confronti del fisco, accanto
a quelli fisiologici e patologici, rileva l’esistenza
di comportamenti formalmente corretti, ma stru-
mentali ai soli fini fiscali, definendoli, per
contrapposizione rispetto a quelli fisiologici di
“legittimo risparmio d’imposta” e patologici di
“frode fiscale”, come
“una sorta di
tertiumgenus
in dipendenza del comportamento abusivo ed
elusivo del contribuente volto a conseguire il
solo risultato del beneficio fiscale
”.
Muovendosi su questa linea la Suprema Corte
con la sentenza 21221 del 2006 consolida questo
nuovo indirizzo, abbandonando la via della nulli-
tà civilistica, definisce come “abusive” le opera-
zioni compiute essenzialmente per il consegui-
mento del solo vantaggio fiscale, e come abuso
del diritto il perseguire uno scopo che travalica
la finalità per il quale il diritto è riconosciuto
dall’ordinamento. In tal modo si superano il limiti
di protezione del diritto.
3. Con le pronunce delle Sezioni Unite del dicem-
bre 2008
11
la Cassazione modifica ancora il pro-
prio orientamento, per cui l’abuso viene fatto
derivare dai principi di capacità contributiva con-
tenuti nell’art. 53 della Costituzione, per i quali
non è lecito utilizzare abusivamente e cioè per
un fine diverso da quello per il quale sono state
create, norme fiscali di favore
.”
La Suprema Corte affronta il concetto di abuso di
diritto definendolo “
utilizzo distorto, pur se non
contrastante con alcuna disposizione, di stru-
menti giuridici idonei ad ottenere un risparmio
fiscale, [quale] indebito vantaggio, [in man-
canza di] ragioni economicamente apprezza-
bili diverse dalla mera aspettativa di quel ri-
sparmio
”.
Il principio del divieto di abuso del diritto non
sarebbe in contrasto con la riserva di legge in
materia tributaria di cui all’art. 23 della Costitu-
zione in quanto il riconoscimento di un generale
divieto di abuso del diritto nell’ordinamento tri-
butario non si tradurrebbe nell’imposizione di
ulteriori obblighi patrimoniali non derivanti dalla
legge, bensì nel disconoscimento degli effetti
abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di
eludere l’applicazione di norme fiscali.
Secondo la Cassazione, per configurare un abu-
so del diritto fiscale non è necessario “
il presup-
posto della fraudolenza. È sufficiente un uso
improprio o ingiustificato di uno strumento giu-
ridico legittimo, utilizzato alla luce del sole,
che consenta però di eludere l’applicazione di
un regime fiscale proprio dell’operazione-pre-
supposto di imposta
.”
L’evoluzione giurisprudenziale
12
nel 2008 aggiun-
ge due principi:
-
non hanno efficacia nei confronti del-
l’Amministrazione Finanziaria quegli atti posti in
essere dal contribuente che costituiscono abu-
so del diritto;
-
spetta al contribuente fornire la prova
dell’esistenza di valide ragioni economiche alter-
native o concorrenti di carattere non meramente
marginale o teorico.
4. Più recentemente la Cassazione in materia di
“abuso” ha cominciato a riconsiderare e preten-
dere contenuti motivazionali, in quanto basare il
concetto di abuso del diritto in campo fiscale
facendo ricorso generico all’articolo 53 della Co-
stituzione appare invero insufficiente. È il caso
affrontato da una sentenza recente, la n. 10383
del 12maggio 2011. L’Ufficio contestava la costi-
tuzione di una società appartenente ad un grup-
po in una zona svantaggiata, ottenendone un
beneficio fiscale. La Cassazione rigettava l’ac-
certamento in quanto “
risultava evidente che il
perseguimento del risparmio fiscale concesso
dal legislatore ad un insediamento in una zona
svantaggiata costituisce scopo lecito dell’atti-
vità giuridica (oltre che economica)
.”
A parere dello scrivente il principio di capacità
contributiva deve sostanziarsi in una norma
applicativa, così come indicato dall’art. 23 della
Costituzione. In altre parole l’abuso deve riferirsi
non tanto ad un principio generico, ma alle finalità
fiscali contenute nel sistema tributario, alle cui
norme è affidato il compito di definire i vari indici
della capacità contributiva stessa, attraverso la
definizione delle condotte fiscalmente rilevanti, in
ossequio all’esigenza di certezza giuridica, con
onere di provare i presupposti sistemici dell’abu-
so a carico dell’Amministrazione Finanziaria.
Se un atto assolve ad una funzione coerente con
la sua forma giuridica, pur in una variante che
permetta un vantaggio fiscale, non deve subire
censura alcuna di abuso e non si può che conve-
nire che non vi sia aggiramento nel perseguire un
risparmio d’imposta, utilizzando una norma, con-
correnziale tra quelle ammesse dal sistema tributa-
rio e purché l’operazione abbia un contenuto eco-
nomico effettivo ed apprezzabile. In tal caso gli
atti posti in essere non saranno manchevoli di
causa e i rilievi di convenienza fiscale sarebbero
giuridicamente irrilevanti.
Come recita un famoso adagio espresso da Duca
di Westmister nel 1936 davanti alla Camera dei
Lord “
nessuno è tenuto a costruire il proprio fie-
nile in modo che il Fisco vi entri con il forcone
più grosso
.”
9
Sentenze n. 20398 del 21.10.2005 e 22932 del 14.11.2005. Il
dividend washing
consiste in una cessione e
successivo riacquisto di azioni da parte di un soggetto non residente ad uno residente in quanto quest’ultimo godeva
di un credito d’imposta e computare eventuali minusvalenze. Con il
dividend stripping
si ottengono gli stessi risultati
a mezzo di una cessione del diritto di usufrutto.
10
Sentenze Cassazione 5.5.2006 n. 10352 e 10353
11
Sentenze n. 30055,30056 e 30057 del 23 dicembre 2008
12
Sentenza Cassazione 16.1.2008 n. 10257. Vedasi anche M. Beghin,
Evoluzione e stato della giurisprudenza
tributaria: dalla nullità negoziale all’abuso del diritto nel sistema impositivo nazionale
, Quaderni della Rivista di
Diritto Tributario, Giuffè Ed. Mi, 2009
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