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NUMERO 210 - NOVEMBRE / DICEMBRE 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
SOCIETÀ
Associazione in partecipazione
Novità della riforma Fornero
EMANUELA DE MARCHI
Ordine di Pordenone
L
associazione in partecipazione
è uno
dei contratti tipici disciplinati dalla
codificazione civilistica italiana. Esso è
il negozio giuridico con il quale una parte (l’as-
sociante) attribuisce ad un’altra (l’associato) il
diritto ad una partecipazione agli utili della
propria impresa o, in base alla volontà delle parti
contraenti, di uno o più affari determinati, dietro
il corrispettivo di un apporto da parte dell’asso-
ciato. Tale apporto, secondo la giurisprudenza
prevalente, può essere di natura patrimoniale ma
potrà anche consistere nell’apporto
di lavoro, o nell’apporto misto capi-
tale/lavoro. La sua disciplina è con-
tenuta nell’art. 2549 e seguenti
del codice civile
Dalla definizione civilistica si
desume facilmente che l’associazio-
ne in partecipazione è un negozio
giuridico sinallagmatico obbligatorio,
vale a dire a prestazioni corrispettive.
La disciplina civilistica prevede una
partecipazione, da parte dell’asso-
ciato, al rischio della gestione del-
l’impresa (o degli affari dedotti
in contratto): questo avviene nel
caso in cui il risultato della gestione
dell’attività dedotta in contratto (o
dei singoli affari) risulti in perdita.
A fronte della partecipazione al ri-
schio, essa prevede anche, quale
contrappeso, alcuni obblighi di
rendicontazione periodica in capo
all’associante, che formalizzano un
diritto di ingerenza nella gestione in
capo all’associato.
Nonostante la partecipazione agli
utili e al rischio, l’associazione in partecipazione
si distingue nettamente dal contratto di società,
dato che l’attività di impresa è esclusivamente
demandata all’associante, che assume a sé i rela-
tivi diritti ed obblighi.
La L. 28.06.2012 n. 92 è intervenuta per modifica-
re la normativa relativa all’associazione in parte-
cipazione con apporto anche lavorativo, con la
chiara finalità di esprimere i possibili abusi cui si
prestava l’utilizzo di questa formula contrattua-
le. Non erano rari infatti i casi in cui, dietro un
formale contratto di associazione in partecipa-
zione, si nascondesse realmente un vero e pro-
prio contratto di lavoro subordinato.
Le modifiche apportate comunque, apprezzabili
in linea di principio ma non sempre di chiara in-
terpretazione, sembrano ostacolare la conclusio-
ne di reali contratti di associazione in partecipa-
zione e quindi possono impedire la creazione di
nuove attività lavorative, utili in un periodo di
crisi occupazionale come quello attuale.
Limite massimo di associati
Possono essere impegnati nella medesima atti-
vità fino a tre associati che apportano (anche)
lavoro, indipendentemente dal numero degli as-
sociati.
Fanno eccezione gli associati legati da rapporto
coniugale o da precisi vincoli di parentela con
l’associante, per i quali non ci sono limiti.
Tutti gli associati in partecipazione che apporta-
no lavoro oltre al limite di tre, sono lavoratori
subordinati a tempo indeterminato.
Sono esclusi dall’applicazione della nuova nor-
mativa gli associati in partecipazione il cui con-
tratto è antecedente la data del 18.07.2012, o il cui
contratto sia stato certificato come previsto da-
gli artt. 75 e seguenti del D.Lgs. 276 del 2003.
Sono abrogate le norme previste dall’art. 86 c.2
del D.Lgs. 276 del 2003, riguardante la norma
antielusiva per i contratti di associazione in par-
tecipazione con apporto di lavoro.
Partecipazione agli utili e alle perdite
L’associato, quale corrispettivo dell’apporto for-
nito, avrà diritto, alla scadenza del contratto, al
capitale apportato aumentato degli eventuali uti-
li realizzati, nella percentuale pattuita. Se non di-
versamente pattuito, il contratto comporterà la
partecipazione alle eventuali perdite registrate
dalla gestione dell’affare (o degli affari) oggetto
del contratto. La partecipazione alle perdite non
potrà, in alcun caso, superare l’ammontare del-
l’apporto vale a dire del capitale o del lavoro ap-
portato, suscettibile, anche quest’ultimo, di una
valutazione economica.
Per contro, costituiscono presunzioni dell’esi-
stenza di un rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato:
– l’assenza di una effettiva partecipazione del-
l’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, la
mancata consegna del rendiconto come previsto
dall’art. 2552 del c.c.
– l’apporto di lavoro sprovvisto di competenze
acquisite attraverso percorsi formativi, o comun-
que di capacità tecnico-pratiche acquisite attra-
verso esperienze maturate nell’esercizio concre-
to di attività.
Non sono quindi ammissibili i lavori semplici e
ripetitivi o lavori qualificanti prestati da associati,
senza competenze tecniche o rilevante esperien-
za. Queste competenze non costituiscono una
differenziazione dal lavoro subordinato, possono
essere un disincentivo a scegliere la forma dell’as-
sociazione in partecipazione.
E’ bene che l’associante, per evitare rischi, prima
di stipulare il contratto dovrebbe
farsi rilasciare una prova documen-
tale dall’associato, attestante il pos-
sesso dei requisiti richiesti dalla
norma.
La presunzione che possa trattarsi
di lavoro subordinato anziché di
partecipazione, non si verifica auto-
maticamente, ma a seguito di accer-
tamento di verifica o su segnalazio-
ne dell’associato.
Limitazioni o esclusioni
nella partecipazione agli utili
e alle perdite
È ammessa dalla giurisprudenza,
l’esclusione o la limitazione della
partecipazione agli utili ed alle per-
dite da parte dell’associato. A que-
sto proposito è stata anche ritenu-
ta compatibile, con lo schema con-
trattuale, la clausola che garantisca
all’associato la spettanza di un mi-
nimo garantito, anche in presenza
di utili esigui o addirittura di perdi-
te e che l’associato realmente ab-
bia il diritto ad una parte degli utili o alle perdite
conseguiti. Non risulta quindi compatibile il di-
ritto dell’associato ad una remunerazione fissa e
predeterminata, indipendente dal risultato del-
l’impresa o dell’affare. E’ dubbia la compatibilità
della partecipazione ai ricavi, l’interpretazione
letterale della norma lo impedisce, peraltro la par-
tecipazione ai ricavi non è assimilabile ad una
partecipazione agli utili.
È possibile inoltre stabilire per statuto la
corresponsione degli utili maturati, a scaden-
ze intermedie rispetto alla durata temporale
del contratto.
Inoltre è possibile la corresponsione di anti-
cipi sugli utili futuri, che saranno oggetto di
conguaglio in sede di rendicontazione della
gestione.
Così potrà aversi, ad esempio, un
c on t r a t t o p l u r i e nn a l e c h e p r e v e d a l a
rendicontazione annuale degli utili. Allo
s tesso modo potranno essere pattuiti
acconti mensili
da conguagliarsi, in negativo o
in positivo, alle scadenze annuali.
Obblighi delle parti: ingerenza
rendiconto periodico
L’associato avrà diritto al controllo della gestio-
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