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NUMERO 210 - NOVEMBRE / DICEMBRE 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
La normativa antiriciclaggio
per i professionisti
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ne, tipicamente italiana, di un regolamento attuativo che contrasta una norma di
carattere superiore. Solamente con circolari successive (circolare interna Guardia di
Finanza del 19.03.2012 n.83607) e con il D. Lgs. n.169/2012 è stato chiarito che il
regime di responsabilità penale è a carico del professionista.
2. Concetto
Con il termine “antiriciclaggio” si suole fare riferimento all’insieme di misure fina-
lizzate alla lotta al riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. La comples-
sità del fenomeno ha reso necessario il coinvolgimento non solo degli intermediari
finanziari, ma anche degli operatori non finanziari e dei liberi professionisti. Il
riciclaggio è un processo attraverso il quale i proventi di un reato vengono trasferiti,
in tutto o in parte, nell’economia reale allo scopo di occultarne la provenienza
illecita e reintrodurli nel circuito economico regolare. Il termine “riciclaggio” assume
significati normativi soltanto in parte coincidenti nell’ordinamento comunitario ed
in quello nazionale. Con il D. Lgs. n.231/2007 all’art. 2 nel primo comma della
norma si riproduce fedelmente la definizione di riciclaggio contenuta nella direttiva
2005/60/Ce
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. Il quarto comma dello stesso articolo rinvia, per la definizione di
finanziamento del terrorismo, all’art. 1 D.Lgs. 109/2007, che individua il fenomeno
in qualsiasi attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista,
all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione di fondi o di risorse
economiche, in qualunque modo realizzati, destinati ad essere utilizzati – in tutto o
in parte – al fine di commettere delitti con finalità di terrorismo o comunque diretti
a favorirne il compimento, indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e
delle risorse economiche per la commissione degli stessi. La normativa italiana
rifacendosi alla direttiva comunitaria non fa in alcun modo riferimento agli articoli
648 bis e 648 ter del c.p.
3. I soggetti interessati
I soggetti interessati alla normativa in esame sono le categorie professionali come
elencate negli art. 12 e seguenti del D.Lgs. n. 231/2001. Perciò all’obbligo vi sono i
soggetti iscritti nell’albo unico dei
dottori commercialisti e degli esperti conta-
bili,
gli iscritti all’albo dei
consulenti del lavoro
, i
notai
e gli
avvocati quando
, in
nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione quando assi-
stono i propri clienti nella predisposizione o nella realizzazione di operazioni di
natura finanziaria o immobiliare,
le società di revisione
iscritte nell’albo speciale
di cui all’art. 161 TUF; ed infine l’art. 52 D.Lgs. n. 231/2001 stabilisce che il
collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza, il comitato di controllo di gestione,
nonché l’organismo di vigilanza di cui all’art. 6, co. 1, lettera b), D.Lgs. n. 231/2001
e in generale tutti i soggetti incaricati del controllo di gestione comunque denominati
presso i soggetti destinatari del decreto devono vigilare sull’osservanza delle norme
in esso contenute.
4. L’identificazione
Il primo obbligo è sempre identificare il cliente o colui che agisce per conto del
cliente. Ma è sempre possibile identificare il cliente? Non sempre è così facile.
Inoltre la normativa dichiara che chi opera per conto terzi deve indicare per iscritto,
sotto la propria personale responsabilità, i dati identificativi dei soggetti per conto
dei quali opera. Qualora il cliente operi in nome o per conto di una società o di un
ente, il libero professionista deve prima di tutto verificare l’esistenza del potere di
rappresentanza e poi identificare il cliente. Inoltre colui che opera tramite una
rappresentanza indiretta dovrà dichiarare le generalità per colui che agisce. Ricor-
diamo che ai sensi del D. Lgs. n.231/2007, art. 1, comma 2, lettera u,
il titolare
effettivo è la persona fisica per conto della quale è realizzata un’operazione
o un’attività
, ovvero, nel caso di entità giuridica, la persona o le persone fisiche
che, in ultima istanza, possiedono o controllano tale entità, ovvero ne risultano
beneficiari
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. Nell’allegato tecnico del decreto si definisce come titolare effettivo di
società
“la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedano o
controllino un’entità giuridica, attraverso il possesso o il controllo diretto o indi-
retto di una percentuale sufficiente delle partecipazioni al capitale sociale o dei
diritti di voto in seno a tale entità giuridica, tale criterio si ritiene soddisfatto ove la
percentuale corrisponda al 25 per cento più uno di partecipazione al capitale
sociale”
. L’identificazione può avvenire in modo diretto ossia nel momento in cui
inizia la prestazione professionale oppure in modo indiretto ed a distanza ovvero
quando il professionista può acquisire i dati informativi da una precedente identi-
ficazione oppure caso frequente in caso di movimentazione finanziaria, l’utilizzo
in piena regola della
attestazione di avvenuta identificazione
proveniente da un
istituto di credito nazionale o anche estero ma appartenente al circuito del Financial
Action Task Force
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. L’obbligo di identificazione deve avvenire in occasione della
richiesta di una prestazione professionale, ad esempio nel momento della
movimentazione di mezzi di pagamento o nella semplice assistenza del cliente per
la costituzione di una progettazione. Ovvero con la esecuzione di una azione
diretta o indiretta che si ricolleghi a quell’alveo di azioni di esecuzioni professiona-
li. Perciò l’identificazione e la verifica dell’identità del titolare effettivo è
contestualmente all’identificazione del cliente per le persone giuridiche, adottando
misure adeguate e commisurate alla situazione di rischio per comprendere la strut-
tura di proprietà e di controllo del cliente. Per identificare e verificare l’identità del
titolare effettivo si può decidere di fare ricorso a pubblici registri, elenchi, atti o
documenti conoscibili da chiunque, contenenti informazioni sui titolari effettivi,
chiedere ai propri clienti i dati pertinenti. I clienti, a loro volta devono fornire sotto
la propria responsabilità tutte le informazioni necessarie e aggiornate per consen-
tire ai destinatari di adempiere agli obblighi di adeguata verifica. Non è obbligatorio
che il professionista abbia il mandato professionale firmato ed accettato,
basta
solo che il professionista agisca o esegua una della varie operazioni profes-
sionali, riservate legalmente o non, così facendo egli rientra nell’obbligo
normativo di identificazione
. Le operazioni professionali posso essere delle più
varie in assoluto ma se una di esse o solamente parte di una operazione movimen-
tano un ammontare di denaro o di beni con un controvalore superiore alla soglia
legale
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, tali operazioni sono da considerare soggette all’obbligo normativo di iden-
tificazione delle controparti. Riassumendo la prestazione professionale è il mo-
mento in cui sarà necessario identificare la controparte cliente, mentre l’operazione
stessa è l’elemento scaturente l’obbligo normativo, ma solo dopo aver l’ottenimento
di informazioni circa lo scopo e la natura prevista del rapporto continuativo o della
prestazione, vi deve essere il controllo costante del rapporto attraverso l’analisi
delle transazioni concluse durante tutta la durata del rapporto, verificandone la
compatibilità rispetto al cliente, all’attività svolta e al profilo di rischio, avendo
riguardo anche all’origine dei fondi impiegati ed aggiornando i documenti, i dati e le
informazioni detenute. Possiamo concludere che il lavoro del professionista consi-
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La direttiva 2005/60/CE, nell’art.1 dichiara che “costituiscono riciclaggio: a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono
da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale
attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni; b) l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento,
proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività; c) l’acquisto, la
detenzione o l’utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l’associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno
a commetterlo o il fatto di agevolarne l’esecuzione. Il riciclaggio è considerato tale anche se le attività che hanno generato i beni da riciclare si sono svolte nel territorio di un altro
Stato membro o di un paese terzo.” Lo stesso art. 2, 1 comma, specificando che le azioni descritte costituiscono riciclaggio ai soli fini del D.Lgs. 231/2007.
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Nell’allegato tecnico del decreto si definisce come titolare effettivo di società “la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedano o controllino un’entità
giuridica, attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto di una percentuale sufficiente delle partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità
giuridica, tale criterio si ritiene soddisfatto ove la percentuale corrisponda al 25% più uno di partecipazione al capitale sociale”.
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Per la precisazione paesi come la Federazione Russa, l’Amministrazione Speciale di Hong Kong, il Granducato del Lussemburgo, Repubblica del Sud-Africa, Repubblica Popolare
Cinese e l’ importante Confederazione Svizzera, sono paesi membri a tutti gli effetti. La Repubblica di San Marino invece è un paese non collaborativo e non membro con il
F.A.T.F. e pure con Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism (MONEYVAL) del Consiglio d’Europa, perciò
i professionisti devono avere un occhio di riguardo e procedere con estrema cautela e attenzione rasentando una perfezione maniacale nel controllo delle operazioni con questo
paese. Vedasi http://www.coe.int/t/dghl/monitoring/moneyval/. Lo scopo del Moneyval del Consiglio d’Europa è quello di garantire che gli Stati membri dispongano di sistemi
efficaci per contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo e conformi alle pertinenti norme internazionali in questi settori. Il F.A.T.F. è un organismo
intergovernativo che ha per obiettivo elaborare e promuovere strategie di lotta contro il riciclaggio di capitali, il contrasto del finanziamento della proliferazione di armi di
distruzione di massa e del terrorismo internazionale.
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L’importo soglia odierno è di 999,99 euro. Tale importo ha avuto una travagliata modifica tipicamente italiana. La soglia iniziale istituita con il D. Lgs. n.56/2004 fu di 12.500,
l’articolo 49 del D. Lgs. del 21 novembre 2007, n.231, modificò da 12.500 euro a 5.000 euro. Ma successivamente l’art. 32, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 riportò il valore
soglia in 12.500,00 euro. Successivamente è stato così modificato dalla
relativa legge di
conversione ed è stato riportato il valore di 5.000 euro dall’art. 20, comma 1, D.L. 31
maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Ulteriormente abbassato dall’art. 2, comma 4, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14
settembre 2011, n. 148 in 2.500 euro. L’importo è stato infine così adeguato dall’art. 12, comma 1, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011,
n. 214, con la soglia di 999,99 euro. È importante far presente che il trasferimento di denaro contante è vietato anche quando viene effettuato con più pagamenti inferiori alla
soglia massima; occorre, infatti, esaminare ogni singola operazione economica nella sua “unitarietà” indipendentemente dal numero di pagamenti. Alla luce di ciò, dunque, ne
deriva che qualora si raggiungesse la predetta soglia, i pagamenti debbono necessariamente effettuarsi a mezzo assegni bancari o postali e debbono riportare l’indicazione del nome
o della ragione sociale del beneficiario oltre che alla clausola di non trasferibilità. In violazione di tali obblighi sono previste sanzioni pecuniarie.
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