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NUMERO 209 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2012
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IL COMMERCIALISTA VENETO
tramite l’aliquota del 100% di imposta sul reddito, avocasse allo Stato tutto il
reddito di ogni italiano affidando alla macchina statale di provvedere ai bisogni di
ognuno, che sarebbe una statalizzazione molto più feroce di quelle che erano state
realizzate nelle cosiddette “repubbliche democratiche” più o meno sovietiche del-
l’Europa dell’Est.
Perché sia rispettata la libertà del singolo di disporre di ciò che produce, l’equilibrio
o il pareggio del bilancio devono essere accoppiati con una norma costituzionale
che dica “il prelievo fiscale diretto non può superare l’x per cento del Prodotto
Interno Lordo e la massima aliquota applicabile non può superare l’y per cento del
reddito di ciascuno”, perché solo così mi sentirei cittadino di uno Stato in cui la
libertà individuale, anche quella economica, viene rispettata.
La classifica del già citato Fraser Institute
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ci rivela che il peso del settore pubblico
in Italia non è mai stato leggero rispetto a quello del resto del mondo, peggiorando
negli ultimi anni. I Paesi scrutinati sono 144, negli anni 70 del secolo scorso l’Italia
occupava posizioni appena sotto il 100 (cioè vi erano circa 95 Stati i cui cittadini
sopportavano un peso minore di quello degli italiani e circa 50 nei quali il peso era
maggiore); dopo il 1980 non accadde mai che i Paesi in cui il peso era minore fossero
meno di 103. La situazione precipita a partire dal 2007: gli Stati che sopportano un
peso maggiore di quello italiano si riducono a meno di 10; nel 2010, ultimo anno di
cui sono noti i dati, l’Italia occupa il 141esimo posto su 144, seguita solo daAlgeria,
Svezia e Paesi Bassi. Sono convinto che, per l’uso che governanti e burocrati fanno
delle risorse che sottraggono a chi le produce, l’Italia sia molto più vicina all’Algeria
che agli altri due paesi, ma non invidio svedesi e olandesi che, evidentemente, hanno
abbandonato alle idee ed alla volontà dei loro governanti e burocrati un gran numero
di decisioni che potrebbero prendere individualmente. La Costituzione svizzera
nell’art 128 pone all’11,5% l’aliquota massima dell’imposta federale sul reddito
delle persone fisiche e all’8,5%quella sul reddito delle persone giuridiche. È eviden-
te che gli svizzeri devono acquistare sul mercato molti servizi che, invece, agli
italiani, vengono erogati dallo Stato. È altrettanto evidente, però, che quei servizi
che gli italiani ricevono dallo Stato e gli svizzeri no, gli svizzeri possono sceglierseli
sul mercato o anche, semplicemente, rinunciarvi risparmiandone la spesa!
Le proposte utopiche
Il principio ispiratore delle mie proposte consiste nel rispetto della libertà di ognu-
no di godere di ciò che produce, dividendolo tra consumo, risparmio e scialo secon-
do i suoi desideri, insindacabili finché non ledono diritti altrui.
Per quanto concerne le imposte indirette, che si risolvono in un aumento del costo
del bene o del servizio per il consumatore finale, osservo solo che dovrebbero
essere il più neutrali possibile, nel senso che non dovrebbero essere utilizzate come
strumento per influenzare le scelte dei cittadini.
Ho più volte fatto notare che in Italia l’aliquota 100% per le imposte dirette appare,
almeno teoricamente, costituzionalmente legittima, l’esame delle leggi fondamentali o
costituzioni di alcuni altri Paesi ha rivelato che la situazione è diffusa (nell’ambito
dell’indagine svolta fa eccezione, si è visto, solo la Svizzera) e ritengo che la prima
tutela del cittadino contro l’espropriazione legalizzata di ciò che produce consista
proprio nell’introdurre nella Costituzione un tetto al prelievo diretto.
Altrettanto necessario è introdurre meccanismi che costringano i cittadini a medita-
re sul collegamento tra spesa e imposta necessaria per coprirla; come ho già detto a
proposito di certe iniziative della Regione Veneto, sono convinto che sarebbero
state accantonate se i cittadini avessero potuto – o, magari, dovuto - preventivamente
giudicarle conoscendo la spesa che avrebbero comportato (e che hanno effettiva-
mente comportato proprio a causa dell’inesistenza del filtro).
Una prima mossa per ottenere l’avvicinamento tra la spesa e la sua copertura è
senz’altro l’abolizione dei trasferimenti dallo Stato centrale agli enti pubblici locali,
la maggior parte delle cui entrate non è frutto di decisioni che gli elettori possano
imputare agli amministratori dell’ente che spende; come a dire, cioè, che gli ammi-
nistratori uscenti potranno presentarsi alle elezioni come coloro che hanno realiz-
zato tante belle iniziative senza però collegarle coi sacrifici necessari per realizzarle
(sto pensando a certe piste ciclabili normalmente deserte...).
L’ultima provocatoria proposta dice che non si capisce per quale motivo se l’impo-
sizione fiscale è progressiva non debba essere progressiva anche la capacità di
partecipare alle decisioni su come spendere le imposte progressivamente prelevate.
Non sto proponendo il ritorno al voto per censo che, prima del suffragio universale,
escludeva totalmente dall’elettorato attivo chi non pagasse almeno un certo am-
montare di imposte dirette, non sto cioè mettendo in discussione la conquista
politica del suffragio universale, sto proponendo di riconoscere almeno un voto a
ciascuno ed un numero di voti crescente al crescere delle imposte pagate
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.
In realtà il diritto di partecipare alle decisioni di spesa crescente al crescere del
contributo dato alla copertura della spesa è indipendente dalla progressività del-
l’imposizione: quand’anche l’imposta fosse lineare, chi paga mille deve poter ave-
re, in materia di spesa, più voce in capitolo di chi paga cento.
Per quanto possa sembrare semplicistico sono convinto che il voto plurimo sareb-
be un ottimo incentivo a non evadere le imposte perché creerebbe interesse a pagare
le imposte per poter partecipare alle decisioni di spesa.
Le proposte pratiche
Non dobbiamo permettere che governanti e burocrati ci facciano vergognare di
pretendere la libertà di decidere noi come utilizzare la ricchezza che produciamo,
dobbiamo cioè rifiutare quello che, a causa della formale legalità in cui è stato
realizzato, è stato acutamente definito “autostrangolamento fiscale
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”. Ma proprio
perché l’esproprio della ricchezza prodotta viene perpetrato in nome della legge, la
lotta per liberarsene, come tutte le lotte per la libertà, deve passare attraverso il
coraggio di violare la formale legalità vigente.
Ciò che occorre è una vera guerra di civiltà non contro gli evasori fiscali
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, ma contro
la mentalità che vuole che la spesa pubblica sia indiscutibile solo perché pubblica,
guerra di civiltà di cui l’evasione fiscale è il primo strumento.
La spesa pubblica, lungi dall’essere indiscutibile, deve (ma, purtroppo, “dovreb-
be”) essere regolata da un principio formulato nel lontano 1803 che dice
«Tout impôt inutile est un vol que la force qui l’accompagne ne rend pas plus
légitime que tout autre attentat de cette nature. C’est un vol d’autant plus odieux
qu’il s’exécute avec toutes les solennités de la loi
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»,
ma che, evidentemente, non è mai stato applicato.
È chiaro che le proposte avanzate nel paragrafo precedente, quand’anche venissero
da qualcuno commentate e sostenute, mai diventeranno norme, e perché sono contra-
rie allo Zeitgeist
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e perché la loro applicazione richiederebbe dispendio di energie da
parte degli elettori – contribuenti; quindi per riappropriarci del diritto di decidere noi,
invece dei governanti e burocrati, come spendere ciò che faticosamente guadagniamo,
dobbiamo avere il coraggio di accettare il rischio di incorrere nelle sanzioni che la
formale legalità repubblicana commina agli evasori fiscali, fieri di avere, col nostro
rischio e sacrificio, contribuito alla limitazione della spesa pubblica nell’unico modo
che le attuali condizioni ci consentono: “evitare di darglielo è l’unico modo per
impedire a governanti e burocrati di sperperare il denaro che noi guadagniamo!”.
Postilla prima
Mentre, nel settembre 2012, completavo le pagine che precedono è scoppiata la
questione dei “rimborsi elettorali” e, comunque, delle somme assegnate ai gruppi in
seno al Consiglio regionale del Lazio, questione della quale non si capisce se sia più
scandalosa la quantità di denaro erogata dalla Regione o il modo in cui il denaro veniva
speso. Sull’argomento desidero solo osservare che mi è dispiaciuto che nessun com-
mentatore, almeno tra quelli a me noti, abbia scisso i due aspetti della questione.
Il modo in cui le persone elette nel Consiglio regionale del Lazio hanno speso quei
soldi appartiene alla sfera del diritto penale e non ha nulla a che fare con l’argomen-
to da me discusso qui sopra. La quantità, invero mostruosa, di denaro messo a
disposizione dei consiglieri regionali del Lazio (e, probabilmente, di quasi ogni altra
regione) appartiene invece a quei fenomeni che sarebbero senz’altro frenati dall’ob-
bligo “stile Wicksell” di sottoporre al vaglio della volontà popolare ciascuna spesa
(e dando meno soldi agli eletti si otterrebbe anche il risultato di ridurre il già pesante
carico di lavoro dei magistrati penali).
Postilla seconda
Negli ultimi giorni dello scorso ottobre è stata annunciata
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la bocciatura dei tagli
alla spesa pubblica previsti nel disegno della “legge di stabilità” (un tempo chiamata
“legge finanziaria”) riportando le parole del relatore Pizzetti che, durante il dibatti-
to in Commissione, ha detto di considerare
«un grave errore assecondare, nelle sedi istituzionali, le istanze di un’opinione
pubblica esacerbata e indignata dai recenti scandali promuovendo misure che
stravolgono l’impianto complessivo della Costituzione».
È tragicamente vero che i governati devono decidersi a difendersi attivamente dai
governanti che, come ha affermato Benjamin Constant ormai oltre due secoli fa,
indipendentemente dal tipo di organizzazione politica, hanno interessi diversi da
quelli dei governati.
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J
AMES
G
WARTNEY
, R
OBERT
L
AWSON
and J
OSHUA
H
ALL
, Economic Freedom of the World: 2012 Annual Report,
Fraser Institute, 2012, disponibile in
“www.fraserinstitute.org”
e, per i dati elaborabili, in
“www.freetheworld.com”.
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Confesso che, quando ho avuto l’idea, mi sono sentito originale; poi ho scoperto che il suffragio universale corretto dal voto plurimo è stato in uso in Belgio dal 1894 al
1919.
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E
DWARD
N. L
UTTWAK
intervistato da Rai RadioUno il 21 settembre 2012 alle 08:20
.
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Che è quella auspicata da Mario Monti, presidente del Consiglio dei Ministri
, Corriere della Sera
del 7 settembre 2012.
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«Ogni imposta inutile è un furto che non è reso più legittimo di qualsiasi altro misfatto del genere dalla forza con cui è commesso. È un furto tanto più odioso perché viene
eseguito con tutte le solennità della legge»
B
ENJAMIN
C
ONSTANT
,
Principes de politique
, cit., Livre XI - De l’impôt, Ch. 9 - Inconvénient des impôts excessifs, p.
268
.
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“spirito del tempo”.
43
S
ERGIO
R
IZZO
, Assalto alla diligenza dello Stato – Così i partiti vanificano i tagli;
Corriere della Sera
venerdì 26 ottobre 2012.
SEGUE DA PAGINA 8
Apologia
dell'evasione fiscale