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NUMERO 209 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
attestatori e i fattori necessari per limitarlo”
,
dove l’autrice dice, tra
l’altro, riferendosi all’attestatore:
“… può pertanto svolgere indagini il
più possibile complete, studiare il piano e sforzarsi di comprendere la
realtà aziendale, ma il rischio che non tutti gli elementi rilevanti siano
portati alla sua attenzione è per definizione ineliminabile. L’esperto – se
realmente indipendente – opera in situazione di rilevante
asimmetria
informativa
e si propone di ridurre con il proprio operato il gap infor-
mativo tra le posizioni, a tutto vantaggio dei creditori, ma a suo malgra-
do non potrà mai farlo completamente. La presa di coscienza del fatto
che la totale eliminazione della asimmetria è impossibile costituisce un
fatto necessario..”……
e ancora
: “… il professionista deve fare ricorso
anche in questo caso ai principi di riferimento esistenti, e, soprattutto,
anche in questo frangente la magistratura dovrà accettare che lo fac-
cia.”…
e ancora
“… il giudizio sulla veridicità dei dati contabili che
l’attestatore è chiamato ad effettuare non è fine a sé stesso, ma è strumen-
tale e prodromico al vero oggetto della sua valutazione che riguarda la
fattibilità del piano.”.
Nella nuova fattispecie di reato prevista dal nuovo art. 236 bis L.F., riferita
alla falsità delle informazioni, non sarà dunque agevole valutare e distin-
guere le ipotesi di falsità delle informazioni fornite direttamente dall’im-
prenditore al professionista attestatore, il quale ritenendole attendibili le
trasferisce integralmente nella propria relazione, da quelle in cui attestatore
e amministratore o imprenditore siano perfettamente a conoscenza delle
informazioni “false” riportate nella attestazione o abbiano in accordo omesso
di far conoscere alla platea dei creditori e dei giudici, informazioni di una
certa importanza e rilevanza.
Nella prima ipotesi, in assenza di dolo, i primi commentatori ritengono che
nessun reato possa essere contestato al professionista attestatore.
Le informazioni rilevanti
In relazione invece alla seconda ipotesi e cioè a quella relativa alla condotta
omissiva di informazioni rilevanti, i primi commenti fanno emergere come
l’elemento principale da chiarire sia il concetto di “rilevanza” dell’informa-
zione omessa ai fini della punibilità penale. Si dice che gli interessi della
giustizia, dei creditori e dei terzi vanno salvaguardati e che una informazio-
ne si debba ritenere “
rilevante
” solo quando quest’ultima
modifica signi-
ficativamente
la relazione di attestazione, determinando una decisione di-
versa da quella che avrebbero assunto i destinatari del documento se fos-
sero state loro fornite le informazioni rilevanti omesse.
Può succedere che al professionista non siano state fornite informazioni
“rilevanti” o non abbia ricevuto alcuna informazione (caso quanto mai
improbabile), perciò nulla potrà riferire in merito. Nel caso in cui invece
l’attestatore abbia ricevuto tutta una serie di informazioni, dovrà valutare
in via prioritaria quali informazioni hanno i caratteri della rilevanza e perciò
con obbligo di riferimento e quali invece possono essere omesse senza
incorrere nel nuovo reato.
E’ chiaro dunque che, davanti a questa prospettiva, il concetto di
“rilevanza” dell’informazione omessa va valutato caso per caso e potrà
prestarsi a differenti interpretazioni.
La norma non chiarisce,
nè fornisce indicazioni sul concetto di “rilevanza”
delle informazioni, né è stato fatto riferimento a caratteristiche o a criteri di
valutazione da prendere in considerazione per la sua determinazione. Non
è perciò scontato che tutte le informazioni fornite dall’imprenditore
all’attestatore e non riportate nell’attestazione possano essere oggetto di
reato, ma solo quelle “omesse” e di carattere “rilevante”, dice la legge.
Saranno quindi i giudici a decidere, volta per volta, quali delle informazioni
omesse avrebbero avuto la caratteristica di “rilevanti” e quali no.
Dovrebbe rimanere esclusa da qualsiasi ipotesi di punibilità l’esposizione
di dati incerti o viziati da errori contabili provenienti dal sistema informati-
vo aziendale, che non siano frutto di volontà fraudolenta.
Resta comunque il fatto che questa nuova norma penale, se da una parte
potrà garantire maggiormente la trasparenza e la veridicità dei dati esposti
nelle relazioni di attestazione da tutti auspicato, dall’altra richiederà al pro-
fessionista maggior cautela ed attenzione nell’assunzione di nuovi incari-
chi di attestazione, non solo per il rischio penale che può correre (reclusio-
ne da due a cinque anni), ma anche per quello economico patrimoniale
connesso alle pesanti sanzioni pecuniarie previste dall’art. 236 bis L.F.,
con multe da 50 a 100.000,00 Euro. Non vanno inoltre sottovalutate le
possibili azioni risarcitorie che potranno essere proposte contro gli
attestatori da parte di quei creditori che dimostreranno di aver subito un
danno per il voto che hanno espresso, basato essenzialmente sulla relazio-
ne di attestazione del professionista incaricato viziata, appunto, dalla falsi-
tà dei dati o dall’omissione di informazioni rilevanti.
Si consideri inoltre l’aumento della pena in caso in cui l’attestatore conse-
gui un ingiusto profitto per sé o per altri e l’aumento della pena fino alla
metà se del fatto ne consegue un danno per i creditori.
Va inoltre osservato che l’art. 236 bis L.F. si applica anche al nuovo istituto
del concordato con continuità aziendale (art. 186 bis L.F.), dove l’attestatore
dovrà attestare che
“la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal
piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei
creditori”
.
Anche in questo contesto,
l’aver fornito false informazioni od omesso
informazioni rilevanti, verrà penalmente punito in quanto
il fatto condizio-
nerà non solo il voto de
i
creditori
sul giudizio finale del piano concordatario,
finalizzato alla prosecuzione dell’attività dell’impresa e ad un “migliore
soddisfacimento dei creditori”, ma anche il giudizio del Tribunale che ha
aperto un procedimento di salvataggio di un’impresa priva dei requisiti per
accedere a questa procedura.
Non punibile chi ha fornito informazioni false all’attestatore
Fermo restando il fatto che dovrà comunque essere sempre dimostrato il
dolo
in capo all’attestatore in tutti i casi prospettati dalla normativa, va
rilevato un ulteriore aspetto di incongruità e cioè quello per cui se da una
parte si colpisce penalmente l’attestatore, dall’altra la norma non prevede
alcuna punibilità per chi fornisce all’attestatore notizie o informazioni false
o non fornisce fatti rilevanti per la procedura, considerato anche che non
esiste più, se non a certe condizioni, il
falso in bilancio
. Forse sarebbe
stato il caso di prevedere
precise responsabilità
anche in capo all’impren-
ditore o all’amministratore che abbia fornito dati falsi od abbia omesso di
fornire informazioni rilevanti all’attestatore ed un richiamo di collegamento
alla normativa sul falso in bilancio.
La valenza pubblica della relazione di attestazione
e il ruolo strategico dell’attestatore
Le nuove disposizioni di legge, se da una parte non riconoscono
all’attestatore il ruolo di pubblico ufficiale, tipico invece del curatore o del
commissario giudiziale nell’ambito delle procedure concorsuali, dall’altra
gli attribuisce un ruolo “istituzionale” e fondamentale. Anche se trattasi di
atto privato, predisposto da un professionista indipendente su nomina ed a
costo della società proponente al Tribunale la procedura di risanamento, la
“relazione di attestazione” rappresenta pur sempre un documento che assu-
me le caratteristiche e le peculiarità di un atto a “
valenza pubblica
” in quanto
redatto e presentato nell’interesse ed a garanzia dei creditori, dei terzi e della
legge, i cui contenuti rappresentano il fulcro di tutta la procedura.
Un documento quindi indispensabile per poter accedere ad una procedura
di concordato od alle altre procedure di salvataggio previste dalla L.F.; ne
beneficia l’impresa proponente, i creditori, i terzi e il Tribunale per tutte le
informazioni tecniche, le valutazioni ed i giudizi espressi dall’attestatore ed
è forse per questo che il legislatore ha previsto una norma penale così
pesante a carico dell’attestatore infedele il quale assume, come detto,
un
ruolo strategico
e determinante per l’ammissione delle impresa in crisi agli
strumenti di risanamento alternativi al fallimento.
L’esigenza di uno “standard di attestazione”certificato
Va premesso che oggi le relazioni di attestazione previste dalla L.F., contra-
riamente all’attività di revisione, non sono supportate né da specifici “prin-
cipi” o “comportamenti”, né da procedure di riferimento adottate nella prassi
professionale. In nessun articolo del nuovo testo della L.F., dove si parla di
attestazione vi è un richiamo a principi di comportamento od a procedure di
revisione contabile se non quello generale soggettivo relativo alla qualifi-
ca di revisore dell’attestatore.
Pertanto, anche al fine di ottenere ulteriori garanzie che possano in qualche
modo da una parte
ridurre i rischi penali, civili e contrattuali
in capo
all’attestatore dei piani di risanamento e dall’altra garantire maggiormente
i destinatari naturali degli stessi, come previsto dalla legge fallimentare, si
renderebbe quanto mai utile e necessario poter disporre di uno
“standard”
operativo di relazione di attestazione preferibilmente certificato o comun-
que validato che possa indicare le procedure ed i principi a cui fare riferi-
mento, le linee guida da percorrere, i profili dei controlli e delle verifiche da
effettuare, le modalità da seguire e le varie tipologie di giudizi da esprimere.
Il documento potrebbe trovare una validazione non solo dal nostro Consi-
glio Nazionale, ma anche dalla magistratura ed essere applicato ai vari
contesti gestionali e dimensionali, offrendo così la possibilità di utilizzare i
medesimi standards anche nelle situazioni di forte incertezza e di carenza di
fonti informative.
Un efficiente sistema di garanzie
Al fine di garantire la prestazione professionale espressa dagli attestatori
dei piani di risanamento nell’interesse delle imprese in crisi e dei creditori,
ci si augura che il nostro Consiglio Nazionale possa intervenire con una
certa urgenza al fine di fornire un contributo alle incertezze sorte dalla
nuova norma. L’obiettivo sarebbe quello di dare un concreto
impulso
alle
aspettative di tutti gli operatori nel costituire un
efficace ed efficiente si-
stema di garanzie
per tutte le parti in causa, idoneo soprattutto a supportare
il riposizionamento nel mercato delle imprese in crisi che dimostrino volon-
tà e posseggono concreti valori per la loro ripresa. Poco o direi quasi mai
la nostra categoria viene interpellata per poter dare il proprio contributo
professionale quando si tratta di fissare un nuovo percorso normativo che
regoli la crisi d’impresa o altre materie nelle quali veniamo pesantemente
coinvolti anche con funzioni pubbliche od incarichi “a rischio” come quel-
lo qui trattato.
Reclusione e multa
per i professionisti
SEGUE DA PAGINA 3