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NUMERO 209 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2012
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La nuova IVIE e IVAFE
NORME E TRIBUTI
ANGELO MASULLO
Ordine di Treviso
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE A PAGINA 16
L
’art. 19, D.L. 6.12.2011, n. 201, converti-
to con modifiche dalla L. 22.12.2011, n.
214 (cd. decreto “Salva Italia”) e dalla
L. 26.4.2012, n. 44 (cd. decreto “Sempli-
ficazioni fiscali”), ha introdotto un’imposta
patrimoniale sugli immobili (Ivie) e sulle attività
finanziarie (Ivafe) detenuti all’estero dalle perso-
ne fisiche fiscalmente residenti in Italia.
Secondo il consolidato costume del
legislatore italiano la normativa è
stata introdotta, modificata ed inte-
grata con il risultato di dare origine
al solito labirinto di Dedalo.
Posto che ai fini dell’ordinamento
interno le due nuove imposte sono
già state sufficientemente analizza-
te, appare ora opportuno inserire un
ulteriore elemento di valutazione
verificando se le stesse risultino es-
sere conformi o meno con i principi
fondamentali del diritto comunitario.
In particolare, i principi del Trattato
sul funzionamento dell’UE (Tfue)
che potrebbero risultare trasgrediti
sono quelli della libertà di circola-
zione dei capitali, dei servizi e delle
persone e gli sforzi compiuti al-
l’Agenzia delle Entrate
1
per rendere
maggiormente comprensibili le scel-
te operate dal Governo, non si sono
dimostrati affatto esaustivi.
Ciò dove occorre preliminarmente puntare l’at-
tenzione per meglio comprendere ciò che sta ac-
cadendo, è che le due imposte patrimoniali sui
beni posseduti all’estero sono state introdotte,
per ammissione dello stesso Governo, per motivi
di equità con l’obiettivo di tassare il possesso di
immobili e delle attività finanziarie a prescindere
dall’ubicazione degli stessi.
Esemplificando, se una persona fiscalmente resi-
dente è proprietaria in Italia di un immobile su
cui, molto probabilmente, sarà tenuta al versa-
mento dell’Imu (Imposta municipale unica) è op-
portuno che analogo trattamento fiscale riguardi
gli immobili che risultino di proprietà dello stes-
so soggetto all’estero così come, per analogia, il
suo eventuale possesso di attività finanziarie in-
dipendentemente da ove detenute.
Come si evince, la
ratio
della norma non richiede
Il lupo (lo Stato) perde il pelo ma non il vizio
eccessivi sforzi di ragionamento al lettore ma
questo semplice ragionamento di fondo presta il
fianco a numerose critiche. L’Ivie, in particolare,
introduce diversi elementi di discriminazione tra i
cittadini, con particolare riferimento a:
1)
il periodo di applicazione
L’Ivie e l’Imu sono state introdotte dallo stesso
decreto (il Decreto “Salva Italia” del 6.12.2011),
hanno come oggetto la stessa tipologia di beni
(gli immobili), hanno in comune l’aliquota (dello
0.76%
2
) ma mentre l’Imu è dovuta nel 2012 per
l’annualità in corso, l’Ivie è dovuta nel 2012 per
l’annualità precedente
3
.
2)
la
base imponibile
L’Ivie ha una diversa base imponibile rispetto
all’Imu. Difatti, mentre l’Imu si applica al valore
catastale, nel caso dell’Ivie la definizione della
base imponibile è assai più complessa.
Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del-
le Entrate del 5.6.2012 la definisce come segue
4
:
Il valore è costituito dal costo risultante dal-
l’atto di acquisto o dai contratti e, in mancan-
za, secondo il valore di mercato rilevabile al
termine di ciascun anno solare nel luogo in cui
è situato l’immobile. Qualora l’immobile non
sia
più posseduto alla data del 31 dicembre
dell’anno, si deve fare riferimento al valore del-
l’immobile rilevato al termine del periodo di
detenzione. Per gli immobili acquisiti per suc-
cessione o donazione il valore è
quello dichiarato nella dichiara-
zione di successione o nell’atto re-
gistrato o, in mancanza, il costo di
acquisto sostenuto dal de cuius o
dal donante risultante dalla rela-
tiva documentazione o, in assenza
di documentazione, il valore di mer-
cato rilevabile nel luogo in cui è
situato l’immobile. Per gli immobi-
li situati in Paesi appartenenti al-
l’Unione europea o in Paesi ade-
renti allo Spazio Economico Euro-
peo che garantiscono un adeguato
scambio d’informazioni, il valore è
quello catastale, come determina-
to e rivalutato nel Paese in cui l’im-
mobile è situato, assunto a base per
la determinazione d’imposte
reddituali o patrimoniali. Tale cri-
terio si applica anche qualora gli
immobili siano pervenuti per succes-
sione o donazione. In assenza del
suddetto valore, si assume il costo risultante dal-
l’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza,
il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è
situato l’immobile
”.
Le criticità iniziano già nella prima parte del Prov-
vedimento ove è previsto che si può applicare il
valore corrente o il prezzo di acquisto dell’immo-
bile. Tizio che ha comprato un immobile all’este-
ro sarà in possesso del relativo rogito di acqui-
sto e, pertanto, sarà tenuto ad applicare il valore
di acquisto.
In primis
, non sembrerebbe esserci nulla di stra-
no. Ma non è così.
Infatti, se Tizio ha comprato 30 anni fa un appar-
tamento a Formentera nel Residence “Villa Fiori-
1
Si veda il Provvedimento del Direttore del 5.6.2012 e successivamente la C.M. del 2.7.2012, n. 28/E in materia di Ivie e di Ivafe e la C.M. del 5.7.2012, n. 29/E in materia
d’imposta di bollo sui beni scudati con particolare riguardo alle modalità applicative.
2
La stessa che, nel caso dell’Imu, viene utilizzata per la seconda casa.
3
Gli emendamenti alla legge di stabilità depositati dai relatori in Commissione Bilancio alla Camera dovrebbero prevedere l’istituzione dell’Ivie a decorrere dal 2012, anziché
dal 2011, al fine di superare la differenza temporale rispetto all’Imu. Chiaramente, poiché per il 2011 i contribuenti hanno già provveduto a versare, in unica soluzione, l’imposta
entro il 9 luglio 2012, è stato previsto che la stessa debba intendersi effettuata a titolo di acconto dell’Ivie dovuta per il 2012.Inevitabile che si verificheranno casi secondo i
quali potrebbe essere stato versato un importo maggiore del dovuto, con un conseguente credito d’imposta da richiedere a rimborso secondo modalità e tempistiche ad oggi
sconosciute, e altri casi secondo i quali l’importo già versato potrebbe risultare insufficiente.Pare utile ricordare, infatti, che, in caso di versamenti di importi di acconto
insufficienti, è prevista la sanzione amministrativa del 30% della somma non versata più gli interessi di mora, salva la possibilità per il contribuente di avvalersi del ravvedimento
operoso di cui all’art. 13 del D.Lgs. 472/1997.
4
Si fa riferimento al punto 4.1 delle “Disposizioni di attuazione dei commi da 6 a 22 dell’articolo 19 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come modificato dall’articolo 8, comma 16, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile
2012, n. 44“.