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NUMERO 209 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2012
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Il nuovo piano anticorruzione
negli enti pubblici e privati
NORME E TRIBUTI
FILIPPO BAGGIO
Avvocato - Foro di Bassano del G.
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE A PAGINA 14
1) Il piano nazionale anticorruzione: impatto
sugli enti pubblici e sulle società.
L’approvazione del piano nazionale
anticorruzione
1
ha inserito all’interno dei reati
contestabili per “colpa dell’organizzazione” an-
che i reati di corruzione, concussione, induzione
indebita a dare o promettere utilità, corruzione
fra privati. L’intervento normativo presenta un
impatto rilevante, in quanto determina la neces-
sità sia per le società che per gli enti pubblici di
valutare le aree a rischio e di adottare le misure
necessarie per evitare la realizzazione di tali reati.
I maggiori fattori di impatto organizzativo per gli
enti pubblici riguardano l’obbligo di:
1) redigere un piano di prevenzione della corru-
zione idoneo a fornire una valutazione del diver-
so livello di esposizione degli uffici al rischio di
corruzione e contenente gli interventi organizza-
tivi volti a prevenire il medesimo rischio;
2) nominare il responsabile della prevenzione della
corruzione, incaricato anche dell’obbligo di prov-
vedere alla redazione ed attuazione di tali proce-
dure, individuato dall’organo di indirizzo politi-
co, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo
di prima fascia in servizio.
3) adottare procedure appropriate per seleziona-
re e formare, in collaborazione con la Scuola supe-
riore della PubblicaAmministrazione, i dipendenti
chiamati ad operare in settori particolarmente espo-
sti alla corruzione, prevedendo, negli stessi setto-
ri, la rotazione di dirigenti e funzionari.
Nei confronti delle società, e degli altri enti di
natura privatistica, le principali novità derivanti
dall’applicazione delle misure anticorruzione ri-
guardano l’inserimento all’interno dei reati
contestabili alla società ex D. Lgs. n. 231/01 della:
1.
corruzione, concussione, induzione in-
debita a dare o promettere utilità
(art. 25 del D.
Lgs. n. 231/01).
2.
corruzione fra privati
(art. 25 ter
-Reati
societari
) del D. Lgs. n. 231/01.
In presenza di reati commessi da dipendenti/fun-
zionari nell’interesse o vantaggio dell’organizza-
zione, la società potrà essere chiamata a rispon-
dere anche di questi reati in sede penale. Appare
utile evidenziare che l’adozione di un modello
organizzativo non rappresenta un obbligo per le
società; si tratta tuttavia di uno dei requisiti ne-
cessari per poter chiedere l’applicazione dell’esi-
mente in presenza di reati contestati alla società
ex D. Lgs. n. 231/01.
Dall’esame delle nuove norme inserite nel piano
anticorruzione appare di interesse il parallelismo
utilizzato dal legislatore per disciplinare gli stru-
menti finalizzati alla prevenzione di tali reati pre-
Responsabilità e modelli organizzativi
GIUSEPPE REBECCA
Ordine di Vicenza
visti nel settore sia pubblico che privato. A pre-
scindere dalla tipologia dei reati contestabili, ogni
organizzazione (intesa sia come amministrazione
pubblica che come società) deve provvedere ad
eseguire autonome valutazioni delle aree a ri-
schio, ed attuare le procedure necessarie a pre-
venire il rischio di commissione dei reati da parte
dei soggetti che operano per loro conto all’inter-
no della loro struttura organizzativa.
Tale impostazione determina l’obbligo per l’or-
gano posto al vertice di ogni singola organizza-
zione (sia pubblica che privata) di nominare sog-
getti responsabili della “prevenzione”, affidan-
do l’incarico di eseguire una corretta valutazione
dei rischi, l’adozione delle procedure e degli ac-
corgimenti necessari per garantire un’adeguata
formazione dei lavoratori, dirigenti e preposti, l’at-
tuazione delle misure necessarie a garantire l’ef-
ficace esecuzione di tali procedure.
Seppur con specifiche differenze, sia negli enti
pubblici che negli enti privati è stata prevista la
necessità di procedere mediante la medesima
impostazione alla definizione delle aree a rischio,
all’adozione delle misure necessarie ad evitare la
realizzazione dei reati ed a attuare verifiche e con-
trolli per garantire la corretta attuazione delle stes-
se. Queste ultime attività peraltro rappresentano
le condizioni necessarie per poter richiedere l’esi-
mente da parte dell’organo responsabile in caso
di contestazioni rivolte all’ente al verificarsi di
reati commessi da parte dei dipendenti/funziona-
ri preposti.
In presenza di simili contestazioni, gli enti di na-
tura privatistica rispondono in sede penale ex D.
Lgs. n. 231/01 con il loro patrimonio; oltre alle
sanzioni patrimoniali, potranno essere applicate
eventuali sanzioni interdittive. In tale ipotesi, l’en-
te potrà chiedere l’applicazione dell’esimente
previa preventiva adozione ed attuazione di un
idoneo modello organizzativo conforme alle pre-
scrizioni contenute nell’art. 6 e seguenti del D.
Lgs. 231/01.
Oltre alle contestazioni promuovibili nei confronti
delle società, una nuova forma di responsabilità
è stata prevista nel caso di commissione dei reati
appartenenti a tale tipologia commessi da parte
di dipendenti e/o funzionari appartenenti alle
amministrazioni pubbliche. In questo caso, oltre
all’autore materiale del reato, potrà essere formu-
lata una contestazione a carico del responsabile
anticorruzione dell’ente pubblico; anche que-
st’ultimo soggetto potrà richiedere l’esimente in
presenza di specifiche circostanze.
2) L’attuazione del piano anticorruzione negli
enti pubblici: responsabilità disciplinari del re-
sponsabile della prevenzione alla corruzione ed
esimenti.
All’interno delle principali innovazioni previste
a carico delle pubbliche amministrazioni nell’art.
1 della legge n. 190 del 6.11.2012 è stato inserito
l’obbligo di:
1)
nominare il responsabile della prevenzio-
ne della corruzione; negli enti locali, il responsa-
bile della prevenzione della corruzione è indivi-
duato, di norma, nel segretario, salva diversa e
motivata determinazione;
2)
adottare il piano triennale di prevenzione
della corruzione, curandone la trasmissione al
Dipartimento della funzione pubblica. L’attività
di elaborazione del piano non può essere affida-
ta a soggetti estranei all’amministrazione. Il re-
sponsabile, entro lo stesso termine, definisce
procedure appropriate per selezionare e formare i
dipendenti destinati ad operare in settori parti-
colarmente esposti alla corruzione.
Il responsabile della prevenzione della corruzio-
ne, incaricato anche dell’obbligo di provvedere
alla redazione ed attuazione di tali procedure, deve
essere individuato dall’organo di indirizzo politi-
co, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo
di prima fascia in servizio. Negli enti locali, il re-
sponsabile della prevenzione della corruzione è
individuato, di norma, nel segretario, salva di-
versa e motivata determinazione.
La mancata predisposizione del piano e la man-
cata adozione delle procedure per la selezione e
la formazione dei dipendenti costituiscono ele-
menti di valutazione della responsabilità dirigen-
ziale.
Il piano di prevenzione deve:
a) individuare le attività nell’ambito delle quali è
più elevato il rischio di corruzione;
b) prevedere, per le attività individuate ai sensi
della lettera precedente, meccanismi di formazio-
ne, attuazione e controllo delle decisioni idonee
a prevenire il rischio di corruzione;
c) prevedere, con particolare riguardo alle attività
individuate ai sensi della lettera a), obblighi di in-
1
Legge 06/11/2012 n. 190, provvedimento emesso in attuazione dell’articolo 6 della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla
Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta
a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n. 110.