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NUMERO 208 - LUGLIO / AGOSTO 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
La tassazione per trasparenza
degli utili extra-bilancio
NORME E TRIBUTI
FRANCESCO ASTONE
Praticante Ordine di Bassano del Grappa
U
n principio giurisprudenziale
di legittimità ormai consolidato, che non
trova però riscontro nelle norme vigenti, è quello della tassazione per tra-
sparenza in capo ai soci del maggior reddito accertato a società di capitali a
ristretta base societaria. Il ragionamento sotteso a tale prassi fiscale è il seguente: un
maggior utile (e quindi reddito) accertato in capo all’organismo societario, a fronte
di una ridotto numero di soci il più delle volte uniti da un comune intento impren-
ditoriale, nonché di risparmio fiscale, presuppone l’esistenza di dividendi extrabilancio
(redditi sfuggiti al prelievo tributario) prelevati e distribuiti tra i soci.
Lo scopo del presente articolo quindi è quello di ripercorrere l’evoluzione di tale
prassi al fine di comprendere le basi e le possibili imperfezioni dell’ormai consoli-
dato orientamento della Corte di Cassazione. I riferimenti normativi che formano
il substrato sul quale va a insediarsi il citato orientamento giurisprudenziale sono:
L’art. 39, D.P.R. 600/1973, in tema di
Redditi determinati in base alle
scritture contabili;
L’art. 38, co. 3, D.P.R. 600/1973, in tema di
Rettifiche delle dichiarazioni
delle persone fisiche;
L’art. 41 bis, D.P.R. 600/1973, di tema di
Accertamento parziale in base
agli elementi segnalati all’anagrafe tributaria;
L’art. 2729 del codice civile in relazione alla
Presunzioni semplici.
Il precedente substrato normativo permette ai soggetti accertatori di procedere nel
ribaltamento del maggior reddito accertato in capo alle società di capitali sui loro
soci in quanto il citato art. 39 prevede che l’Amministrazione Finanziaria possa
effettuare rettifiche al reddito d’impresa dichiarato dalle persone fisiche laddove
“….. L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è
desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi,
precise e concordanti…”.
In effetti il procedimento ricostruttivo del reddito in
capo ai soci non potrebbe che essere supportato da presunzioni semplici, ma
necessariamente gravi, precise e concordanti, in quanto il fatto noto (ovvero il
maggior reddito della società) è riconducibile al fatto ignoto (maggior reddito dei
soci) solo attraverso un procedimento inferenziale basato su presunzioni. Infatti,
poiché il maggior reddito accertato in capo alla società corrisponde solitamente a
utile/reddito extracontabile derivante da incassi “in nero” pare altamente improba-
bile che possano essere rinvenute le prove dirette dei flussi di reddito incrementa-
tivi della ricchezza tassabile dei soci. Ecco quindi che giunge in soccorso il procedi-
mento inferenziale basato sulle presunzioni semplici, ma, appunto, gravi, precise e
concordanti. Il richiamo all’art. 38, co. 3, D.P.R. 600/1973, d’altro canto, è neces-
sario in quanto consente di rilevare le incompletezze e inesattezze dei dati indicati
nelle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche sulla base, anche in questo caso,
di presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti; mentre l’accertamento
effettuato dagli uffici è riconducibile all’art. 41 bis
,
D.P.R. 600/1973 (accertamento
parziale), il quale permette all’Amministrazione Finanziaria l’accertamento di mag-
giori redditi o minori deduzioni operate dal contribuente in fase dichiarativa, sulla
base di informazioni scaturenti da attività istruttorie o segnalazioni avute da altri
uffici dell’Amministrazione stessa, dalla Guardia di Finanza se non da altri enti
pubblici. Infine nell’art. 2729 del codice civile viene riportata la definizione di
presunzione semplice, la quale rappresenta una presunzione non stabilita per leg-
ge, che viene lasciata al libero apprezzamento del giudice in merito alla sua valenza
presuntiva. Naturalmente possono essere ammesse solo le presunzioni gravi, pre-
cise e concordanti.
Basandosi sulle norme esaminate si è quindi consolidato l’orientamento per cui gli
utili non dichiarati, ma accertati a una società a responsabilità limitata a ristretta
base azionaria, si presumono distribuiti ai soci. Dal punto di vista pratico ciò
comporta che, a un avviso di accertamento emesso nei confronti di una società a
responsabilità limitata, la quale a livello formale non ha optato per la trasparenza
fiscale, faccia seguito un accertamento emesso nei confronti dei soci della medesima
società.
Gli elementi sui quali si basa la presunzione in questione sono i seguenti:
1 - la ristretta base partecipativa (pochi soci, esistenza di rapporti parentali, ecc.);
2 - l’esistenza di un maggior reddito accertato in capo alla società.
Vedremo invece che, ai fini della legittimità dell’accertamento, non è necessaria la
dimostrazione della percezione dei soci degli utili extra bilancio, non configurandosi
una doppia presunzione (vietata dalla legge).
Anzitutto la presunzione della distribuzione di utili extracontabili ai soci opera
solamente nel momento in cui il soggetto che produce gli utili è una società a
ristretta base azionaria. La norma non indica “quanto piccola” deve essere la base
proprietaria della società. Solo la giurisprudenza ha dato un confine concettuale
all’interno del quale si può parlare di ristretta base societaria. In particolare la
sentenza della suprema Corte di Cassazione n. 10951 del 25 luglio 2002 ha affer-
mato che “
nel caso di società di capitali a ristrettissima base familiare, pur non
sussistendo – a differenza delle società di persone - una presunzione legale di
distribuzione di utili ai soci, non può considerarsi illogica – tenuto conto della
complicità che normalmente avvince un gruppo così composto”.
In proposito
risulta molto significativa la successiva sentenza n. 20078 del 17/10/2005 la quale
ha precisato che:
“l’esperienza suggerisce di ritenere probabile che in una società
composta soltanto di pochi soci, (...) addirittura legati da rapporti di parentela, gli
utili non contabilizzati siano ripartiti tra coloro che, proprio perché pochi e
apparentati, sono in grado, esercitando la dovuta diligenza, di controllare bene ed
agevolmente il socio gestore.
Infine la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che
il dato oggettivo costituito dallo scarso numero dei soci si converte in una maggiore
conoscibilità degli affari da parte del socio (n. 1906 del 29 gennaio 2008). E’ interes-
sante notare che i giudici supremi, in altri prunciamenti, hanno ritenuto rilevante ai
fini della presunzione la presenza di una società composta da cinque soci, di cui due
fratelli o una società formata da sei soci appartenenti a tre diversi nuclei familiari.
In definitiva, da queste sentenze si evince come la parentela tra i soci sia un fatto
sufficiente ma non necessario ai fini della presunzione in parola. Una società a
ristretta base familiare è un concetto che rientra nella più ampia categoria di società
a ristretta base azionaria. Già a quest’ultima vengono attribuiti la complicità, il
vincolo di solidarietà e il reciproco controllo che sono alla base della presunzione di
distribuzioni di utili extra contabili tra i soci.
L’Amministrazione Finanziaria ha fatto pienamente leva su questo orientamento
giurisprudenziale e una volta accertata la presenza di una società con la caratteristi-
ca della ristretta base azionaria, ai soci vengono pacificamente attribuiti gli utili
extrabilancio accertati in capo alla società. L’attribuzione è meccanicistica e senza
alcuna ulteriore presunzione supplettiva. Se notiamo il contenuto degli avvisi di
accertamento riscontriamo che vi è un’attribuzione automatica del maggior reddito
dell’impresa. Per alcuna Cassazione, anche recente, (Cass., 16 dicembre 2011, n.
27147; Cass., 15 febbraio 2008, n. 3896; Cass. 29 gennaio 2008) occorre tenere
presente che: “
in presenza di una base sociale familiare o ristretta, sia possibile
parlare di una complicità che normalmente lega i soci di un tale sodalizio”
. Quindi,
nonostante gli automatismi accertativi utilizzati dall’Amministrazione Finanziaria,
l’utilizzo dell’avverbio
normalmente
da parte dei supremi giudici di legittimità
farebbe presumere la necessità per l’ufficio di fornire ulteriori indizi che provino
quella complicità esistente nelle società a ristretta base azionaria.
Ai fini della prova della estraneità o dell’assenza di cooperazione esistente tra i
socio del sodalizio, operante anche ai fini dell’evasione fiscale, occorre che sia
dimostrata l’eventuale conflittualità all’interno del gruppo può venire in aiuto
quanto disposto dagli artt. 2475 e 2476 del Codice Civile. Queste norme attribui-
scono al socio alcuni strumenti di controllo/censura del comportamento degli am-
ministratori. Per esempio, i soci possono:
-
avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e
consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti
relativi all’amministrazione;
-
esercitare l’azione di responsabilità contro gli amministratori;
-
far annotare nei verbali delle delibere assembleari la loro contrarietà a uno o
più punti dell’ordine del giorno.
La sentenza n. 40/6/2011 della C.T.R. Puglia ha ritenuto che un socio debba consi-
derarsi estraneo alla gestione sociale, ai fini della attribuzione del maggior reddito
accertato sulla società, allorquando produca una dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà dell’amministratore unico il quale dichiari di essere la sola persona ogget-
to del procedimento penale instaurato a causa dei maggiori utili sociali accertati e
abbia dato dimostrazione che nell’anno in cui la società ha prodotto gli utili, era
residente in un altro paese.
Una questione di non poco conto riguarda anche la quantificazione del maggiore
reddito che “per trasparenza” deve essere attribuito ai soci. In questo caso occorre
precisare che non è di certo il maggior reddito della società che può essere distribu-
ito ai soci, ma solamente il maggior utile. Solitamente però l’ufficio accerta un
maggior reddito alla società, che viene poi attribuito ai soci come fosse un utile
netto a tutti gli effetti. Ciò avviene perché l’Amministrazione considera questa
maggiore ricchezza accertata come un ricavo extra contabile che, in quanto tale, non
sarebbe soggetto a riprese fiscali e, di conseguenza, verrebbe distribuito nella sua
interezza ai soci.
Si consideri inoltre che nell’effettuare il ribaltamento del maggior reddito in capo ai
soci, non vengono presi in considerazione gli abbattimenti dell’imponibile previsti
dall’art. 47 del T.U.I.R. al fine di impedire che si verifichi una doppia imposizione
in capo al socio percettore. Questa prassi collide nel modo più assoluto con i
precetti di legge e di fatto genera una trasparenza fiscale anomala che, se nel caso
delle società di persone essa può ritenersi perfetta (in quanto il reddito della società
è tassato esclusivamente in capo al socio), amplifica la base imponibile sommando
a quella della società quanto asseritamente percepito dal socio, senza abbattimenti.
Per concludere questa breve rassegna di spunti critici sull’applicazione della disci-
plina in questione, occorre precisare un aspetto di non poco conto colto recente-
mente dalla dottrina più attenta. Si tratta del rapporto tra l’emersione di fattispecie
elusive/abusive in capo alla società accertata e la tassazione del maggior reddito
derivante in capo ai soci. In questo caso è chiaro che l’emersione della ricchezza
tassabile proviene esclusivamente dalla riqualificazione giuridica di atti posti in
essere dall’impresa, i quali hanno trovato esatta contezza nelle scritture contabili
della società e non comportano l’emersione di utili extra bilancio. I flussi finanziari
sono esattamente quantificati e accolti nei conti societari in quanto il vero risparmio
non viene ottenuto a seguito dei ricavi non annotati nelle scritture contabili, ma
dalla “forzatura” e dalla artificiosa articolazione di figure contrattuali perfettamen-
te legali. E’ difficile, in questo caso, ritenere che vi possa essere un extra utile da
attribuire ai soci quando nessun flusso monetario ulteriore è pervenuto all’azienda,
la quale si è limitata a pagare meno imposte. Purtroppo il concetto qui illustrato,
che ai più non può che apparire cristallino e incontrovertibile, non ha trovato
accoglimento negli uffici preposti all’accertamento, i quali continuano a persevera-
re nell’applicazione meccanicistica della procedura.