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NUMERO 207 - MAGGIO / GIUGNO 2012
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Allarme 'derivati'
FINANZA
RENZO ROSIN
Ordine di Venezia
IL COMMERCIALISTA VENETO
Incompetenza, incomprensione e...altro
D
opo i casi clamorosi
degli scorsi anni delle
obbligazioniArgentina, Cirio e Parmalat,
continua ad essere, ormai da tempo, “
al-
larme derivati
”.
Ne sono protagoniste le banche che negli ultimi
anni hanno venduto prodotti derivati alle impre-
se-clienti, cui è stato proposto di tutelarsi contro
i rischi di oscillazione dei cambi e del tasso di
interesse, allarme che è andato sempre più am-
pliandosi con il sorgere di numerosi e frequenti
casi di contenzioso tra banche e imprese, tra i
quali - paradigmatico - lo scandalo Italease di
qualche anno fa.
Dopo averne parlato a lungo - per la verità - , i
media hanno avuto sul tema un calo di attenzio-
ne proprio nel momento in cui i contenziosi tra
banche ed imprese stanno producendo degli ef-
fetti davvero deleteri, tra cui una impressionante
caduta di credibilità ed affidabilità degli istituti di
credito coinvolti e perdite consistenti da parte
delle imprese clienti. Insomma, i casi di
contenzioso sono diventati così numerosi e fre-
quenti che, oramai, non fanno quasi più notizia.
Ecco, allora, che a conclusione di una perizia ef-
fettuata in materia di derivati, ho pensato di par-
larne in questo articolo, con lo scopo di chiarire -
se possibile - almeno il principale degli equivoci
che hanno avvelenato il rapporto banca / impre-
sa / consulenti coinvolti.
I
l termine “derivati” indica
la caratteristica
fondamentale di questi prodotti, dal momen-
to che il loro valore deriva dall’andamento
del valore di un evento osservabile oggettiva-
mente oppure di una attività, spesso un tasso di
interesse o di cambio, che costituiscono il cosid-
detto “sottostante” del prodotto derivato.
Il derivatopuò essere finalizzato, per esempio, a neu-
tralizzare le conseguenze negative di variazioni av-
verse dei tassi di interesse (
operazioni di hedging
).
Quando, invece, l’operatività di un derivato è
finalizzata all’ottenimento di profitti speculativi,
basati su delle previsioni circa l’andamento dei
tassi di interesse si hanno le cosiddette
operazio-
ni di trading
. Il dato preoccupante è che le ban-
che, facendo leva sulla preoccupazione per l’au-
mento dei tassi di interesse, hanno distribuito a
piene mani anche sul nostro territorio prodotti con
queste ultime caratteristiche a imprese, che, per
definizione, non speculano e che, per di più, han-
no scarse conoscenze in materia finanziaria.
Si tratta in numerosi casi di contratti nei quali il
livello dell’esposizione e dell’onere non sono stati
in alcun modo compresi, né, quindi, voluti dalle
imprese interessate. Ciononostante, alcune ban-
che hanno predisposto e fatto firmare delle clau-
sole, quale quella attestante la qualifica da parte
dell’investitore di “operatore qualificato”, volte
a far assumere alle imprese-clienti ogni respon-
sabilità per l’esito negativo di questi derivati.
Un altro aspetto da porre in rilievo è il fatto che in
diversi casi per venire incontro alle richieste di
“riduzione del danno” causati dall’acquisto di
tali derivati, questi ultimi sono stati sostituiti e
ristrutturati con prodotti ancora più sofisticati,
che hanno spesso aggravato le conseguenze cui
avrebbero dovuto por rimedio.
A fronte di ciò, sono finora intervenute già alcu-
ne sentenze che hanno accolto le istanze delle
imprese coinvolte nell’acquisto dei derivati, di-
chiarando giuridicamente inefficace la dichiara-
zione di “operatore qualificato” apposta dal le-
gale rappresentante dell’impresa sottoscrivente.
I derivati, per essere degli strumenti finanziari
straordinariamente complessi, hanno dato il fian-
co a numerosi fraintendimenti. In un certo nume-
ro di casi ciò è dipeso dalla spiegazione che del
loro meccanismo di funzionamento hanno dato
alle imprese clienti funzionari di banca non
“settoristi”, ossia non specializzati.
Si prenda in considerazione il derivato più sem-
plice l’
IRS - Interest Rate SWAP
, acquistato dal-
l’impresa-cliente, perché temeva un rialzo dei tassi
e voleva immunizzare il suo mutuo a tasso varia-
bile oppure, più semplicemente, riteneva di do-
ver pianificare con certezza i suoi esborsi.
L’IRS può, a ragione, essere considerato un’as-
sicurazione volta a coprire il rischio del tasso di
interesse: l’impresa-cliente, che ha sottoscritto,
per esempio, un mutuo a tasso variabile, assume
che vi possano essere dei rialzi nel tasso di inte-
resse e, pertanto, si copre dalle conseguenze di
tale paventato rialzo con l’IRS. In tal modo,
il
cliente viene a pagare nel complesso un tasso
fisso
. Ne consegue che la strategia di copertura
dal rischio del tasso di interesse - per limitarci a
quest’ultimo tipo di rischio - con derivati non
può generare, in linea tendenziale, né perdite né
profitti, proprio per la loro capacità di bilanciare i
flussi monetari in uscita (pagamenti dell’impre-
sa-cliente) e in entrata (pagamenti della banca).
Si consideri il seguente esempio:
1.
l’impresa ha un mutuo a tasso variabile,
pari all’Euribor a 3 mesi più uno spread dell’1%;
2.
l’IRS prevede che l’impresa paghi il tasso fis-
so nellamisura del 5%e la banca l’Euribor a tremesi;
3.
se l’Euribor tra un trimestre e l’altro scen-
de dell’1% rispetto al 5% iniziale, l’impresa, da
un lato, paga sempre il 5% ed incassa solo il 4%,
ma, dall’altro lato il tasso con il quale vengono
calcolato gli interessi del mutuo subisce una di-
minuzione dell’1%.
S
i può, dunque
, affermare che,
una volta ac-
cettato il maggiore onere del tasso fisso
raggiunto con l’IRS
, la variazione dell’one-
re del mutuo e la variazione dell’onere dell’IRS
tendono a bilanciarsi, anzi, si bilanciano esatta-
mente se il nozionale dell’IRS (l’importo su cui
vengono calcolati gli interessi) si adegua al pia-
no di ammortamento del mutuo (
amortizing
swap
).
Considerare in caso di diminuzione dei tassi (po-
niamo come si è visto sopra dell’1%) soltanto la
differenza tra il 4% fisso e il 2% dell’Euribor pa-
gato dalla banca è sbagliato. E’ sbagliato perché
questo maggiore differenziale pagato dall’impre-
sa-cliente (+1%) si bilancia con la diminuzione
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del tasso variabile che governa il mutuo (-1%).
Questo errore di valutazione, questa rifrazione
ottica, discende soprattutto dalla frettolosa spie-
gazione “se il tasso scende, Lei paga; se il tasso
sale, Lei incassa, differenziale, ecc.”, ed è
scusabile soltanto se lo commette l’impresa-
cliente.
Non è assolutamente scusabile se a commetterlo
questo errore è il funzionario di banca che cura il
rapporto con l’impresa cliente, perché allora, più
che a un fatto di strabismo, si deve pensare ad
una insufficiente conoscenza del prodotto pro-
mosso e venduto, oppure a imperizia professio-
nale o, peggio ancora, come, peraltro. è stato
appurato in uno svariato numero di casi.
Non si tratta, però, poi di incapacità di messa a
fuoco del problema, bensì di azione eticamente
scorretta quando il funzionario della banca ac-
canto, che vuole acquisire il malcapitato cliente,
gli presenta l’effetto della diminuzione
dell’Euribor (l’apparente maggiore costo) come
una perdita secca: in questo caso, egli fa consa-
pevolmente e maliziosamente leva sulla mancata
conoscenza e sulle difficoltà dell’impresa per far-
le cambiare istituto di credito. E’ successo,
eccome!
Concludendo, l’IRS, basato sull’Euribor e in rap-
porto ad un mutuo a tasso variabile basato an-
ch’esso sull’Euribor più uno spread,
tendenzial-
mente non produce perdite
, una volta che si sia
interiorizzato che l’operazione è stata fatta per
pagare un tasso fisso sul mutuo, in sostituzione
del precedente tasso variabile.
Altra cosa è un IRS basato, per esempio, sul Libor
Yen a 12mesi con
clausola snowbear
per il clien-
te e Euribor a 3 mesi, perché questo tipo di opzio-
ne tende naturalmente ad incrementare in misura
esponenziale i pagamenti fatti dall’impresa-cliente,
mentre quelli della banca crescono inmisurameno
che proporzionale. In questo caso, i flussi mone-
tari generati dallo strumento derivato non pre-
sentano
ex ante
alcuna correlazione con i flussi
monetari, in termini di interessi, generati dal mu-
tuo posto in essere dall’impresa sottoscrittrice.
Altra cosa, ancora, è la scelta del momento in cui
assicurarsi con l’IRS.
Infatti, l’utilizzo degli strumenti derivati da parte
delle nostre piccole e medie imprese ha visto un