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NUMERO 207 - MAGGIO / GIUGNO 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
VERSIONESOSTITUITA
In vigore fino al 1/3/2012
Nella determinazione dei redditi di cui all’articolo
6, comma 1, del Testo Unico delle imposte sui
redditi, di cui al decreto del Presidente della Repub-
blica 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi
in deduzione i costi o le spese
riconducibili a
fatti
,
atti o attività qualificabili come reato
,
fatto salvo l’esercizio di diritti costituzional-
mente riconosciuti
.
ULTIMAVERSIONE
In vigore dal 29/04/2012
Nella determinazione dei redditi di cui all’art. 6, comma 1, del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese
dei beni o delle prestazioni di servizio
direttamente utilizzati
per il compimento di atti o attività qualificabili
come
delitto non colposo
per il quale
il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale
o, comunque,
qualora il giudice abbia emesso il
decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424
del codice di procedura
penale ovvero
sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425
dello stesso codice fondata sulla
sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 157 del codice penale. Qualora intervenga una
sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’art. 530 del codice di procedura penale ovvero una sentenza
definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza di motivi diversi
dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere
ai sensi dell’art. 529 del codice di procedura penale, compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione
alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi.
Comma 4 bis, dell’art. 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537
I costi da reato
SEGUE DA PAGINA 13
VERIFICADEDUCIBILITÀCOSTODAREATO
di accertamento di cui all’art. 43 del D.P.R. 600/73. Per
tale motivo, l’Agenzia ha invitato le Direzioni Regiona-
li a definire idonee forme di collaborazione con le Pro-
cure dei territori di competenza.
Qualora, invece, l’Ufficio venga a conoscenza dell’azio-
ne penale entro i termini per l’esercizio dell’attività di
accertamento, lo stesso, presumibilmente, avendo già
emesso un primo avviso di accertamento privo della con-
testazione di indeducibilità in parola, procederà, in forza
del dettato normativo contenuto nel quarto comma
dell’art. 43 del D.P.R. 600/73, ad una integrazione me-
diante l’emissione di un nuovo avviso di accertamento, in
base alla sopravvenuta conoscenza dei nuovi elementi (si
veda paragrafo 2.4 della Circolare n. 32/2012).
6. Il rimborso delle maggiori imposte pagate
e delle sanzioni.
Una novità rilevante riguarda l’esplicita previsione di
rimborso per le maggiori imposte versate a seguito della
classificazione di taluni costi come “costi da reato”. Per
la norma novellata, qualora dovesse intervenire una sen-
tenza definitiva di assoluzione ovvero una sentenza de-
finitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 del
c.p.p. non fondata sulla prescrizione del reato di cui
all’art. 157 del c.p. (ovvero una sentenza di non doversi
procedere ai sensi dell’art. 529 del c.p.p.), al contribuen-
te competerà il rimborso comprensivo dei relativi interes-
si. Tale principio è altresì contenuto nel già citato docu-
mento di prassi (Circolare n. 42/2005) in funzione del quale
l’Agenzia ribadisce che nel caso in cui, a conclusione delle
indagini preliminari, il giudice disponga l’archiviazione del
reato ovvero nel caso in cui il procedimento penale si
chiuda con una sentenza definitiva di proscioglimento o di
assoluzione dell’imputato, su istanza del contribuente o
nell’esercizio dei poteri di autotutela, gli Uffici finanziari
potranno disporre l’annullamento dell’avviso e il rimborso
delle maggiori imposte eventualmente versate.
L’Agenzia delle Entrate, inoltre, con l’ultima Circolare
n.32/2012, stabilisce (in modo del tutto condivisibile)
che, in caso di sentenza favorevole, dovranno essere
restituite, oltre alle maggiori imposte versate,
anche le
sanzioni
irrogate dall’Ufficio a seguito dell’attività
accertatrice e versate dal contribuente. Nel documento
vengono annoverate tra le sanzioni rimborsabili, oltre a
quelle pagate in misura ridotta attraverso l’istituto del
ravvedimento operoso ovvero quelle connesse all’even-
tuale presentazione della dichiarazione integrativa (pri-
ma, quindi, dell’avvio delle attività di controllo) anche
quelle definite attraverso l’acquiescenza e l’accertamen-
to con adesione di cui al D.Lgs. n. 218/1997 (e alle altre
forme di adesione ivi previste ), ovvero a quelle definite
in fase di conciliazione giudiziale di cui all’art. 48 del
D.Lgs. n. 546/1992, o, ancora, in caso di definizione
agevolata delle sanzioni di cui agli artt. 16 e 17 del
D.Lgs. n. 472/1992.
7. La rinuncia al contenzioso
da parte dell’Agenzia delle Entrate
Alla luce delle considerazioni anzi fatte, numerose cause
dovrebbero essere abbandonate dall’Ufficio e conseguen-
temente altrettanti contenziosi dovrebbero risolversi per
cessata materia del contendere. Queste, perlomeno, do-
vrebbero essere le immediate conseguenze della posizio-
ne dell’Amministrazione Finanziaria assunta, in modo
molto chiaro, con la Circolare n. 32/E del 2012 (e circo-
lare n. 42/2012).
Merita, a tal proposito, riportare il testo del documento
di prassi citato:
“In esito alla verifica dell’applicabilità retroattiva della
nuova disciplina di cui al comma 4 bis, ove l’atto conten-
ga una contestazione non più sostenibile agli effetti della
nuova e più favorevole disposizione, in quanto, ad esem-
pio, il costo la cui deducibilità è oggetto di contestazione si
riferisce ad un reato contravvenzionale ovvero ad un reato
non integrante gli estremi del delitto non colposo, l’atto
sarà oggetto di annullamento in autotutela, parziale o
totale a seconda che le contestazioni siano anche di altra
natura, ferma restando la necessità dell’esistenza dei re-
quisiti generali di deducibilità dei costi.”
Pertanto, per i contenziosi ancora in corso, per i quali
risulti ora pacificamente e palesemente vittorioso il con-
tribuente-ricorrente (si pensi al caso di reato
contravvenzionale riferito a costi inerenti all’attività),
risulta opportuno richiedere all’Ufficio impositore l’an-
nullamento dell’avviso di accertamento in forza sia del
principio di collaborazione tra Amministrazione e contri-
buente di cui all’art. 10 della L. 212/2000 sia di quanto
contenuto nella circolare poc’anzi citata (Circ. n 32/E
del 2012). L’Agenzia delle Entrate, infatti, dovrebbe
annullare l’avviso di accertamento emesso al fine di non
onerare la collettività e il contribuente di ulteriori spese
processuali, giudiziali e dei relativi oneri finanziari.
Qualora il contribuente dovesse riscontrare un’inerzia
da parte dell’Amministrazione Finanziaria sarà sua cura
presentare una memoria al Collegio giudicante al fine di
evidenziare: a) che l’applicazione della norma così come
modificata dall’articolo 8, del D.L. n. 16 del 2 marzo
2012, comporta la piena deducibilità dei costi contesta-
ti dall’Ufficio (fermi restando i principi generali per la
deducibilità dei costi); b) l’applicabilità della disposizio-
ne, per espressa previsione normativa, anche a fatti, atti
o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore
della norma, ove più favorevoli, salvo che i provvedi-
menti emessi in base al citato comma 4 bis previgente
non si siano resi definitivi; c) di aver richiesto all’Uffi-
cio l’abbandono della causa e l’annullamento dell’atto
emesso per evidente contrasto con la norma così come
novellata, con la stessa prassi ministeriale, nonché per
poter concludere in modo più celere e meno oneroso la
lite e, legittimamente, ribadire la vittoria delle spese di
giudizio.
8. Un esempio: ipotesi di somministrazione
illecita di manodopera
Un esempio utile (e frequente) è il caso dei costi collega-
ti ad un contratto di appalto di servizi stipulato dal com-
mittente per lo svolgimento, in
outsourcing,
di alcune
fasi del processo produttivo, riqualificato dalla Guardia
di Finanza come contratto di somministrazione di ma-
nodopera non autorizzata.
Tale fattispecie è punita dall’art. 18 del D.Lgs. n. 276/
2003, il quale così recita
:” l’esercizio delle attività di
somministrazione di manodopera da parte di società
sprovviste delle autorizzazioni previste dall’art, 4, comma
1, lettera a) e b) sono punite
con l’ammenda e con
l’arresto
. In base a quanto sin qui esposto, possiamo
dire che, ad oggi, il costo per il committente
risulta
essere pienamente deducibile
in quanto la fattispecie
contestata dalla Guardia di Finanza rappresenta, tutt’al
più, un
reato contravvenzionale,
non sanzionato dal-
l’attuale norma. Inoltre, nella nostra ipotesi, il com-
mittente
non risulterebbe nemmeno aver utiliz-
zato direttamente il contratto di appalto
per il com-
pimento di un reato bensì per lo svolgimento della pro-
pria attività imprenditoriale. Sarà cura del ricorrente, in
questo caso, procedere alla richiesta di annullamento
dell’avviso direttamente all’Agenzia delle Entrate, come
poc’anzi esposto.
9. Schema di deducibilità
Si riporta qui di seguito uno schema riassuntivo per la
verifica della deducibilità dei costi da reato.