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NUMERO 206 - MARZO / APRILE 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
* il contenuto dell’atto istitutivo è tale da
relegare il trustee in un ruolo passivo, senza al-
cuna facoltà decisionale;
* il disponente continua a esercitare con
pienezza e in totale autonomia i poteri per la ge-
stione dei beni in trust.
Sul tema in esame è intervenuta di recente l’A.F.
(C.M. 61/2010) indicando, inmodo preciso, le ipo-
tesi in cui un trust è considerato interposto.
Si ricorda, inoltre, che sul tema era già intervenu-
ta la C.M. 43/2009.
In sostanza, in tutte le ipotesi in cui il disponente
coincide con il beneficiario (o con il trustee) e
mantiene un pregnante potere di indirizzo e di
gestione sull’attività del trustee, la stessa essen-
za del negozio viene meno, con la conseguenza
che non si integra neanche l’ipotesi di
interposizione reale attuata attraverso il manda-
to senza rappresentanza, rimanendo la proprietà
del bene in capo al disponente con diretta impu-
tazione dei redditi allo stesso.
In sostanza, alla luce delle considerazioni propo-
ste, il disponente continua a esercitare con pie-
nezza e in totale autonomia i poteri per la gestio-
ne dei beni in trust; non si realizza quindi un reale
spossessamento ed il trust così istituito risulta
facilmente aggredibile sia dal punto di vista
civilistico che dal punto di vista fiscale.
Nell’ipotesi in cui il trust sia interposto, è incerta
la produzione dell’effetto segregativo dei beni e
l’Agenzia delle Entrate pretenderà la tassazione
in capo all’effettivo titolare dei beni stessi.
L’imposta patrimoniale sui beni esteri
Il nuovo asso nella manica del trust è conseguente
alla introduzione della nuova imposta patrimoniale
sui beni immobili e sulle attività finanziarie detenute
all’estero da parte di persone fisiche.
Infatti, l’art. 19 del D.L. 6.12.2011, n. 201, ha intro-
dotto una patrimoniale sugli immobili e sulle atti-
vità finanziarie detenuti all’estero. Gli immobili
subiranno un prelievo annuo pari al 7,6 per mille
del costo storico o, nel caso di immobili Ue, di
una base imponibile determinata in modo vario.
Un po’ più mite appare invece la patrimoniale
sulle attività finanziarie. Il co. 18, infatti, istitui-
sce a decorrere dal 2011 anche un’imposta
patrimoniale sul valore delle attività finanziarie
detenute all’estero dalle persone fisiche residen-
ti nel territorio dello Stato nella misura dell’1 per
mille annuo per il 2011 e il 2012 e dell’1,5 permille
a decorrere dal 2013 del valore delle predette atti-
vità finanziarie.
Come si evince in modo inequivocabile dal dato
normativo, la nuova patrimoniale si applica sola-
mente se il titolare dei beni è una persona fisica.
La soluzione per evitarla appare quindi quella
della detenzione dei beni attraverso una società
o un trust.
L’intestazione degli immobili o la partecipazione
estera ad esempio a una srl scongiura l’applica-
zione della patrimoniale. Si deve tuttavia ricorda-
re come quei beni concorrono alla disciplina del-
le società di comodo: la società italiana potrebbe
diventare non operativa proprio per la detenzio-
ne di tali beni.
Il trust per ripartire
Quando un soggetto è fallito o comunque espo-
sto di fronte a terzi si trova di fronte alla soluzio-
ne di intestare i propri beni a terzi. Finché questi
conservano la proprietà diranno sempre: non pre-
occuparti, quando vuoi te li ritrasferisco. Quan-
do giunge il momento fatidico, tuttavia, si riscon-
tra una certa vischiosità.
E’ bene che il patrimonio sia quindi detenuto sin
dall’origine da un trust o che i nostri genitori
dispongano in trust una somma che possa per-
mettere di costituire una srl che il figlio
malcapitato userà per svolgere la sua attività. Se
la società aumenterà di valore riuscirà a creare
una piccola ricchezza per la propria discendenza.
La struttura del trust è pertanto la seguente:
- disponente: il nonno;
- trustee: una persona di fiducia;
- beneficiario il nipote;
- beni in trust: una srl gestita dal figlio.
Il trust per proteggersi
Da ultimo si ricorda che una delle finalità perse-
guite attraverso l’istituzione di un
trust
è quella
di far uscire dal patrimonio del disponente beni
che potrebbero essere aggrediti dai suoi creditori.
Si sottolinea, tuttavia, come il
trust
non possa
essere utilizzato come una scappatoia per sfug-
gire ai creditori poiché gli stessi, se sussistono
determinate condizioni, possono esperire l’azio-
ne revocatoria. Per comprendere a pieno l’azione
revocatoria è necessario distinguere fra atto
istitutivo del
trust
e negozio dispositivo.
Infatti, l’atto istitutivo di un
trust
è un atto neu-
tro ai fini dell’azione revocatoria rivolgendosi
quest’ultima contro gli atti di disposizione
2
.
L’azione revocatoria ordinaria ha la funzione di ri-
costituire la garanzia generica assicurata al creditore
dal patrimonio del debitore ex art. 2740 c.c. L’art.
2901 c.c. prevede che il creditore, anche se il credito
è soggetto a condizione o a termine, può domanda-
re che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti
gli atti di disposizione del patrimonio coi quali il
debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni quando
concorrono le seguenti condizioni:
1)
che il debitore conoscesse il pregiudizio
che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o,
trattandosi di atto anteriore al sorgere del credi-
to, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine
di pregiudicarne il soddisfacimento;
2)
che, inoltre, trattandosi di atto a titolo
oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudi-
zio, e, nel caso di atto anteriore al sorgere del
credito, fosse partecipe della dolosa
preordinazione.
I due presupposti per l’esercizio della revocatoria
ordinaria sono quindi l’
eventus damni
e il
consilium fraudis.
Si premette come il disponen-
te possa compiere un atto di disposizione a titolo
gratuito ovvero un atto a titolo oneroso. L’atto
dispositivo di trasferimento può essere a titolo
oneroso, per esempio, quando l’atto istitutivo
faccia riferimento non a generiche obbligazioni
verso i familiari, ma a specifiche obbligazioni ver-
so di essi.
Il primo è più agevolmente revocabile poiché è
sufficiente che sia riscontrato il requisito della
consapevolezza del pregiudizio, mentre il secon-
do richiede la prova che il terzo contraente sia
consapevole del pregiudizio arrecato ai creditori.
A seconda che si classifichi il negozio dispositi-
vo tra gli atti a titolo gratuito o tra quelli a titolo
oneroso, la prova del
consilium fraudis
del di-
sponente potrà essere sufficiente.
Autorevole dottrina afferma che in presenza di
atti a titolo oneroso, la consapevolezza del pre-
giudizio arrecato dal disponente debitore, o la
2
Canessa N.
I Trust interni
ed. Il Sole - 24 Ore, Milano, 2001.
3
Lupoi M.
Azione revocatoria e trust familiare
in Trust e attività fiduciarie, 4, 2009.
4
Lupoi M.A.
Profili processuali del trust
in Trust e attività fiduciarie, 2, 2009.
partecipazione alla dolosa preordinazione degli
atti compiuti dal disponente non (ancora) debi-
tore, può essere ascritta indifferentemente ai
beneficiari o al
trustee
3
.
L’azione revocatoria, per essere utilmente
esperita, richiede allora la prova che il
trustee
(ipotizzando il
trustee
come terzo) sia “consape-
vole del pregiudizio” che l’atto dispositivo com-
porta per i creditori. Questo potrebbe rappresen-
tare un notevole ostacolo di tipo formale alla tu-
tela dei creditori del disponente.
Infatti, se il
trustee
è una
trust
company
profes-
sionale, provare che essa conosceva le circo-
stanze connesse al trasferimento ed i motivi che
hanno spinto a compierlo è alquanto difficile.
Per superare questa prova diabolica Lupoi sug-
gerisce di considerare “terzo” il beneficiario del
trust
. Si precisa infine che nelle azioni che riguar-
dano la validità, gli effetti e l’interpretazione del-
l’atto istitutivo di
trust
ovvero dei singoli
conferimenti di beni, inoltre, il
trustee
assume il
ruolo di litisconsorte necessario, nella sua quali-
fica di proprietario “legale” del fondo in
trust
. Di
conseguenza, rispetto ad un’istanza di seque-
stro conservativo strumentale ad un’azione
revocatoria nei confronti di un atto istitutivo di
trust
, i
trustee
sono legittimati processuali, in
qualità di soggetti controinteressati al provvedi-
mento, in quanto investiti di poteri di ammini-
strazione dei beni da sequestrare
4
.
Anno 2012: i cento usi del trust
I trasporti creano
problemi. Tassiamoli
Non è una provocazione.
Si propone proprio di tassare i trasporti,
delle cose ma anche delle persone.
Il trasporto inquina, e molto, necessita di
opere pubbliche rilevanti (stazioni, auto-
strade, aeroporti, porti, ponti, mezzi di tra-
sporto), occupa tempo che potrebbe essere
dedicato ad altro.
Perché si deve trasportare l’uva dal Cile
in Italia, o gli asparagi, oppure i Kiwi, ma
anche i PC, i vestiti, i mobili?
Tutto ciò ha un costo anche indiretto, e a
fronte dei vantaggi che ritiene di poter ave-
re chi acquista il prodotto, ed anche chi lo
vende e chi lo trasporta, ciò comporta costi
per la collettività, per l’inquinamento, per
le spese, per la necessità di investimenti
che quel trasporto ha necessariamente ri-
chiesto, per il tempo sprecato, tempo che
ben potrebbe essere dedicato ad attività an-
che ludiche, non necessariamente produt-
tive.
E nel trasporto delle persone, stessa cosa.
Perché andare in paesi lontani, inquinan-
do, perdendo tempo per il viaggio, quando
vicino a casa nostra non conosciamo molto
e c’è indiscutibilmente molto da vedere?
Chi lo vuole, paghi un po’ alla collettività.
Una tassa sui trasporti potrebbe equilibra-
re, in parte, la questione. E se uno a Nata-
le vuole proprio mangiare le ciliegie, op-
pure vuole andare al caldo, pare giusto che
paghi qualcosa in più, a vantaggio di tutti.
Giuseppe Rebecca
Ordine di Vicenza
W il km zero, per le cose e per le persone
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