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NUMERO 206 - MARZO / APRILE 2012
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Anno 2012:
i cento usi del trust
FINANZA
ENNIO VIAL
Ordine di Treviso
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE A PAGINA 6
Introduzione
Anni fa abbiamo evidenziato su queste pagine i
molteplici usi del trust italiano o internazionale.
A distanza di tempo le opportunità offerte da que-
sto istituto si moltiplicano invece di scemare.
Molte sono le ragioni che portano verso il trust,
anche nel 2012.
Si premette come il trust sia un rapporto giuridi-
co complesso nel quale il disponente, con atto
tra vivi o
mortis causa
, dispone alcuni beni sotto
il controllo di un trustee nell’interesse di un
beneficiario o per un fine determinato.
La struttura essenziale del trust vede la presenza
di tre soggetti, non necessariamente persone di-
verse tra loro, ovvero:
il disponente (o “settlor”);
il “trustee”;
il beneficiario, o i beneficiari
1
.
L’effetto principale del trust è quello di
segregare un dato patrimonio affinché lo
stesso non possa più essere aggredito da
terzi creditori, siano essi del disponente,
del trustee o del/i beneficiario/i, salva la
sussistenza di situazioni patologiche (ad
esempio, la sottrazione da parte del dispo-
nente di massa patrimoniale ai propri
creditori).
Generalmente il trust è istituito con finali-
tà donatorie e successorie e il disponen-
te, con l’istituzione del trust, mira a segre-
gare e proteggere il proprio patrimonio e a
gestire il passaggio generazionale in linea
con le aspettative e le attitudini dei discen-
denti.
Il trust holding
Il trust è innanzitutto una possibile alter-
nativa alla holding. Da un lato permette di
risparmiare il collegio sindacale, dall’altro può
essere un utile strumento per evitare la disciplina
delle società di comodo o la nuova previsione
introdotta dal D.L. 138/2011 che prevede la tas-
sazione dei soci sul valore normale dei beni so-
ciali utilizzati per l’appunto dai soci o dai loro
familiari.
Come appena precisato, per le società di capitali
è spesso prevista la nomina obbligatoria del col-
legio sindacale. Per le S.p.A. è sempre obbligato-
ria mentre per le s.r.l. devono sussistere determi-
nate condizioni. Il comma 26 dell’art. 37 del D.Lgs.
n.39/2010 di recepimento della Direttiva n. 2006/
43/CE, introduce nuove ipotesi di obbligatorietà
della nomina del Collegio sindacale per le società
a responsabilità limitata.
La norma, infatti, prevede la sostituzione dell’art.
2477 del codice civile. Il novellato articolo stabi-
lisce che: “
La nomina del collegio sindacale è
obbligatoria se il capitale sociale non è infe-
riore a quello minimo stabilito per le società
per azioni.
La nomina del collegio sindacale è altresì obbli-
gatoria se la società:
a)
è tenuta alla redazione del bilancio con-
solidato;
b)
controlla una società obbligata alla revi-
sione legale dei conti;
c)
per due esercizi consecutivi ha superato
due dei limiti indicati dal primo comma dell’arti-
colo 2435 bis.
L’obbligo di nomina del collegio sindacale di cui
alla lettera c) del terzo comma cessa se, per due
esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengo-
no superati.
Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si
applicano le disposizioni in tema di società per
azioni; se l’atto costitutivo non dispone diversa-
mente, la revisione legale dei conti è esercitata
dal collegio sindacale.
L’assemblea che approva il bilancio in cui ven-
gono superati i limiti indicati al secondo e ter-
zo comma deve provvedere, entro trenta giorni,
alla nomina del collegio sindacale
.”
La nomina del Collegio Sindacale è quindi ora
obbligatoria:
1.
per le società per azioni;
2.
per le società a responsabilità li-
mitata:
a.
tenute alla redazione del bilancio
consolidato;
b.
che controllano una società obbli-
gata alla revisione legale dei conti;
c.
il cui capitale sociale sia pari o su-
periore a 120.000 euro;
d.
che superano i limiti previsti per la
redazione del bilancio in forma abbreviata.
La nuova disciplina del Collegio sindacale ha
quindi previsto l’obbligo di nomina del collegio
per le S.r.l. tenute alla redazione del bilancio con-
solidato, a prescindere dalle dimensioni del capi-
tale sociale e del bilancio della controllante, non-
ché per le S.r.l. che controllano almeno una so-
cietà obbligata alla revisione legale.
La nuova disciplina aumenta quindi le ipotesi di
nomina obbligatoria del Collegio sindacale, ren-
dendo più onerosa e complessa la detenzione di
una holding sotto forma di società di capitali.
Il trust permette di evitare questa spesa. Il trust,
inoltre, essendo di norma un soggetto privo di
partita IVA, è escluso dalla disciplina del-
le società di comodo e soprattutto dal
nuovo regime di tassazione dei soci sui
beni sociali da loro utilizzati introdotto dal
D.L. 138/2011. Sotto questo profilo
l’esclusione opera non solo quando il
bene è direttamente inserito in trust, sen-
za il tramite di una società, ma anche quan-
do siano le stesse quote a configurare il
patrimonio segregato. Il trustee, in quali-
tà di socio, è proprietario ai fini della ge-
stione e non del godimento per cui non
può essere tassato in base alle nuove pre-
visioni.
Poi il trust vince anche sul tema dei divi-
dendi visto che un trust opaco paga so-
lamente una IRES pari al 1,375% ossia il
27,5% sul 5% sui dividendi distribuiti da
una società di capitali, senza alcun prelie-
vo ulteriore in capo ai beneficiari in caso
di distribuzione dei frutti.
Ovviamente il trust deve essere fatto bene,
pena il rischio che l’Amministrazione Finanziaria
lo consideri interposto.
Il rischio dell’interposizione è tutt’altro che re-
moto. In alcuni casi il vero obiettivo del dispo-
nente è sottrarre il patrimonio alle pretese dei
creditori o nascondere l’identità del proprietario
di determinati beni.
Si costituiscono quindi dei trust “fittizi” o “simu-
lati” nei quali non si ha una netta separazione tra
i vari soggetti, e le figure (disponente,
beneficiario, trustee) che compongono il trust
tendono quindi a sovrapporsi.
Infatti, elementi di prova della “fittizietà” del trust
possono essere:
* il disponente è al tempo stesso anche il
beneficiario delle utilità prodotte dal trust;
* il disponente è anche trustee del trustee;
* il negozio è revocabile a totale discrezio-
ne del disponente;
1
Si precisa come i beneficiari del trust possano essere beneficiari del reddito e/o beneficiari del fondo in trust; uno stesso soggetto può appartenere ad entrambe le categorie.
I beneficiari del reddito sono quei soggetti a cui viene attribuito il reddito generato nel corso della vita del trust. I beneficiari finali del trust, invece, sono i soggetti ai quali viene
attribuito il fondo in trust al termine della vita del trust.