Page 12 - CV

Basic HTML Version

12
NUMERO 206 - MARZO / APRILE 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
(ipotizzando il trustee come terzo) sia “consapevole
del pregiudizio” che l’atto dispositivo comporta per i
creditori.
Questo potrebbe rappresentare un notevole ostacolo
di tipo formale alla tutela dei creditori del disponente.
Infatti, se il trustee è una trust company professiona-
le, provare che essa conosceva le circostanze connesse
al trasferimento ed i motivi che hanno spinto a com-
pierlo è alquanto difficile.
Per superare questa prova diabolica Lupoi suggerisce
di considerare “terzo” il beneficiario del trust.
Di conseguenza, l’atto dispositivo in trust (se consi-
derato atto a titolo oneroso) è soggetto a revocatoria
salvo che il beneficiario (l’altra parte) provi che non
fosse consapevole del pregiudizio arrecato ai creditori.
Sul tema particolarmente interessante è la sentenza
del Tribunale di Cassino dell’8 gennaio 2009.
La vicenda oggetto del provvedimento ha origine dalla
citazione in giudizio proposta da un istituto di credito
nei confronti dei garanti di una società cliente,
intestataria di rapporti di conto corrente con rilevante
esposizione debitoria verso l’istituto medesimo, per
l’accertamento dell’intento lesivo delle proprie ragio-
ni creditorie e la consequenziale dichiarazione di inef-
ficacia dell’atto di trasferimento di beni immobili ef-
fettuato dai garanti a favore di un trust.
In sostanza, i soggetti in esame, avevano garantito il
finanziamento della banca nei confronti della società
X, mediante ipoteca sugli immobili di proprietà. Suc-
cessivamente, avevano disposto in trust gli immobili
oggetto di garanzia; si evidenzia inoltre come i dispo-
nenti erano anche beneficiari del trust.
Nel caso in esame, il tribunale accoglie le pretese dei
creditori e dispone la revoca dell’atto di disposizione
patrimoniale dei beni immobili compiuto in favore del
trust poiché sussiste un intento fraudolento ai danni
dei creditori.
L’intento fraudolento si presume “
avuto riguardo alla
consapevolezza, in capo al guardiano del trust, al
trustee ed alle beneficiarie e disponenti del trust e dato
lo stretto rapporto familiare tra di essi intercorrente
(rispettivamente padre, madre e figlie), del pregiudi-
zio arrecato ai creditori.
3
Si ribadisce infatti come il disponente, soggetto debi-
tore che dispone tutti i propri beni o una parte signifi-
cativa di essi in trust, senza che nel suo patrimonio
rimangano altri di sufficiente consistenza ed
apprendibili dai creditori con la stessa facilità, integra
il primo e indispensabile requisito dell’azione
revocatoria: la consapevolezza del pregiudizio che l’atto
dispositivo arreca ai creditori.
Inoltre, grava sui debitori l’onere di provare che il
patrimonio residuo è sufficiente a soddisfare “ampia-
mente” le ragioni dei creditori
4
.
Si evidenzia come l’utilizzo dell’avverbio “ampiamen-
te” consente il realizzarsi del pregiudizio al creditore
anche se gli atti di disposizione determinano maggior
difficoltà o incertezza nell’esecuzione coattiva del cre-
dito.
Nel caso oggetto di analisi l’istituzione del trust ha
determinato, secondo l’organo giudicante, la creazione
di limiti all’esecuzione nei confronti dei debitori, con
conseguente annullamento della garanzia patrimoniale
per l’istituto bancario.
I giudici hanno altresì rinvenuto l’intento fraudolento
dei convenuti in giudizio nei confronti dei creditori
poiché, in un periodo sospetto, considerate le difficol-
tà economiche della società, avveniva la costituzione
del trust.
Nel caso in esame, evidenzia Lupoi, si poteva addirit-
tura ipotizzare l’eventuale nullità dell’atto di trust.
Affinché un trust non sia nullo deve esserci infatti la
volontà del disponente di fare nascere un rapporto
giuridico inquadrabile nell’istituto del trust, e questa
volontà deve essere valutata con riferimento al pro-
gramma che il disponente affida al trustee.
Ovviamente non basta affermare che con il trust si
vuole provvedere ai bisogni della famiglia ma si deve
esaminare se, realmente, ciò sia possibile in relazione
ai beni e al reddito che il trustee deve gestire.
Inoltre, nel trust in esame, i disponenti erano anche
beneficiari.
Tale situazione è particolarmente pericolosa poiché
l’Amministrazione Finanziaria con la C.M. 43/2009 e
la C.M. 61/2010, considera interposti i trust nei quali
le citate figure coincidono.
Nel caso esaminato dal Tribunale di Cassino prima di
proporre l’azione revocatoria si poteva pensare alla
nullità dell’atto di trust.
Come sostiene Lupoi
“è certo più semplice ragionare
in termini di azione revocatoria perché, essendo evi-
dente il pregiudizio che gli atti dispositivi arrecano ai
creditori del disponente e non potendo essere conte-
3
Tribunale di Cassino, Sentenza n. del 1 aprile 2009.
4
Cass. 27.3.2007 n. 7507, Cass. 24.7.2003 n.11471, Cass. 4.7.2006 n.15263.
5
M. Lupoi,
Azione revocatoria e trust familiare
in Trust e attività fiduciarie n. 4/2009.
6
L’art. 11 della Legge n.74/2000 stabilisce che “è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore
aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri
atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi
è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.”
Trust e azione revocatoria
stata la consapevolezza di questo pregiudizio in capo
al disponente stesso, occorre null’altro per accogliere
la domanda.
Tuttavia, la scelta della soluzione che propongo ha un
effetto ben più vasto dell’accoglimento dell’azione
revocatoria perché la nullità del trust porta con sé la
nullità degli atti dispositivi e va quindi a vantaggio di
tutti i creditori del disponente e non soltanto di coloro
che hanno proposto l’azione revocatoria.
5
"
Concludendo, si precisa come l’istituzione del trust
non possa essere posta in essere con l’obiettivo di
sfuggire ai creditori.
Infatti, oltre all’azione revocatoria si potrebbe
configurare il reato di sottrazione fraudolenta al paga-
mento delle imposte (art. 11 L. 74/2000)
6
.
In sostanza, in ipotesi di mancato pagamento delle
imposte, sussiste il rischio che l’Amministrazione Fi-
nanziaria ritenga la costituzione del Trust un atto di-
spositivo fraudolento volto a rendere inefficace la ri-
scossione coattiva delle imposte.
Il Trust deve quindi essere istituito in momenti di
serenità con finalità diverse dalla protezione del patri-
monio in momenti di crisi o di aggressione da parte dei
creditori.
In tali ipotesi, infatti, non solo il trust “non è solido”
e non protegge ma rischia inoltre di essere considerato
uno strumento per sottrarre, con dolo, i beni ai creditori.
L
interesse accesosi per la proposta Gabanelli
sull’uso del contante è sicuramente
importante, stimolante come esercizio per percorrere strade nuove, ma secondo me
è figlio di una impostazione alla soluzione del problema evasione che parte da un
presupposto errato: responsabili della stessa sono solo i cittadini, nelle loro varie vesti
sociali, non lo Stato. Per cui, per risolvere il problema, o quantomeno avviare la risolu-
zione dello stesso, si applichi il solito teorema. Dato che sei tu cittadino l’evasore, se usi
contante ti tasso!
Non entro nel merito tecnico della proposta. Mi interessa lo spirito. Perché, credo incon-
sciamente, una impostazione come quella descritta risente della cultura del sospetto che
si è andata radicando e fortificando in decenni di
mala gestio
della politica fiscale.
Ritengo che si possano cercare strade diverse, basate su un atteggiamento non coercitivo,
impositivo. Modalità diverse, che cerchino di stimolare anche il mercato, oltre a dare
maggiori garanzie sul fatto che....gli scontrini vengano fatti! Vengo al merito.
Perché non consentire di vendere con aliquota IVA al 15% se l’acquisto viene effettuato
con pagamento tracciabile? Carte di credito, bancomat, ed elevarlo al 25 % se effettuato
per contanti?
Abbinando la possibilità di dedurre costi “privati” dal proprio reddito nel limite, per
esempio, del 2 % . Come avviene nel nostro reddito professionale per le spese di viaggio.
Sarebbe un atteggiamento diverso, non punitivo, ma che in positivo darebbe modo di
effettuare una libera scelta. Anche perché l’unico modo per pagare 115, e dedurre, invece
di 125.......diventerebbe il pagamento tracciato con scontrino, magari parlante.
Due parole sulle aliquote: a settembre l’IVA andrà al 23%, garantito. Ora, se la portassi-
mo al 25% direttamente grazie al meccanismo descritto, stabilendo quella “tracciata” al
15% ( che non si può certo dire sia agevolata), il sacrificio in termini di gettito sarebbe a
mio parere compensato ampiamente dalla sicura emersione di ampie basi imponibili.
Ultimo problema da risolvere: il costo delle carte di credito. Se si vuole favorirne lo
sviluppo si deve consentire anche la deducibilità del loro costo annuale a chi le usa, e
calmierare il costo per l’esercente.
Non comincino a gridare Amex, Visa, MasterCard e soci! Pensino invece a quanti clienti
avrebbero in più. Non sarebbe tutto molto più semplice, lineare,e non interpretabile?
Sì, ma ha un difetto, me ne rendo conto, che in materia fiscale in Italia è quasi insuperabile:
è semplice.
Altro che contante...
Franco Barin
Ordine di Vicenza
SEGUE DA PAGINA 11