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NUMERO 206 - MARZO / APRILE 2012
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Trust e azione revocatoria
NORME E TRIBUTI
VITA POZZI
Ordine di Treviso
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE A PAGINA 12
S
econdo l’art. 2 della Convenzione dell’Aja “
per
trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da
una persona, il disponente, con atto tra vivi o
mortis causa
, qualora dei beni siano stati posti sotto il
controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario
o per un fine determinato”.
Il trust si sostanzia quindi in un rapporto giuridico
complesso che ha un’unica causa fiduciaria.
La struttura essenziale del trust vede la presenza di tre
soggetti, non necessariamente persone diverse tra loro,
ovvero:
• il disponente (o “settlor”);
• il “trustee”;
• il beneficiario, o i beneficiari.
Il trust è uno strumento particolarmente flessibile che
consente di ottenere svariate finalità tra cui,
in primis
, la
protezione del patrimonio del disponente, un passag-
gio generazionale ordinato dei beni, una gestione pro-
fessionale della liquidità, un’ottimizzazione fiscale in
ipotesi di disposizione, nel trust, di partecipazioni.
Come detto, una delle finalità perseguite attraverso
l’istituzione di un trust è quella di far uscire dal patri-
monio del disponente beni che potrebbero essere ag-
grediti dai suoi creditori.
Il trust, in sostanza, se ben predisposto è uno stru-
mento “forte” di protezione e segregazione del patri-
monio.
Si sottolinea, tuttavia, come il trust non possa essere
utilizzato come una scappatoia per sfuggire ai creditori
poiché gli stessi, se sussistono determinate condizio-
ni, possono esperire l’azione revocatoria.
Come noto, infatti, nel nostro ordinamento vige il prin-
cipio dell’universalità della garanzia patrimoniale se-
condo cui il debitore risponde dei debiti con tutti i suoi
beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.).
Il secondo comma del citato articolo stabilisce che le
limitazioni della responsabilità patrimoniale sono am-
messe solo nei casi previsti dalla legge.
Il trust rientra nelle ipotesi, concesse dal legislatore, di
limitazione della responsabilità patrimoniale.
Ovviamente, ciò è possibile se l’atto non è posto in
essere con l’intento di depauperare il patrimonio e di
fuggire alle pretese dei creditori.
In tale ipotesi, infatti, gli stessi potranno esperire
l’azione revocatoria e rendere inefficace l’atto del di-
sponente.
In realtà, l’effettiva operatività dell’azione revocatoria
presenta una serie di problemi in relazione ad un isti-
tuto molto duttile che si manifesta con una notevole
varietà di strutture e di funzioni.
Prima di esaminare alcune criticità distinguiamo fra
azione revocatoria ordinaria e revocatoria fallimenta-
re. L’azione revocatoria ordinaria ha la funzione di
ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore
dal patrimonio del debitore ex. art. 2740 c.c.
L’art. 2901 del c.c. prevede che il creditore, anche se il
credito è soggetto a condizione o a termine, può do-
mandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi con-
fronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali
il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni quando
Il trust non è uno strumento creato
per "sfuggire" ai creditori
concorrono le seguenti condizioni:
1)
che il debitore conoscesse il pregiudizio che
l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi
di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse
dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il
soddisfacimento;
2)
che, inoltre, trattandosi di atto a titolo onero-
so, il terzo fosse consapevole del pregiudizio, e, nel
caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse par-
tecipe della dolosa preordinazione.
I due presupposti per l’esercizio della revocatoria or-
dinaria sono quindi l’
eventus damni
e il
consilium
fraudis.
L’
eventus damni
è l’idoneità dell’atto ad arrecare pre-
giudizio alle ragioni dei creditori.
Di conseguenza, il disponente che è debitore e che
dispone tutti i propri beni o una parte significativa di
essi in trust, senza che nel suo patrimonio rimangano
altri di sufficiente consistenza, integra il primo e indi-
spensabile requisito dell’azione revocatoria: la consa-
pevolezza del pregiudizio che l’atto dispositivo arre-
ca ai creditori.
Come detto, il secondo requisito è il
consilium fraudis
ossia la
consapevolezza del terzo che l’atto arrecava
pregiudizio ai creditori.
L’azione revocatoria fallimentare è disciplinata dagli
art. 67 e 64 del R.D. 267/1942.
L’art. 67 della legge fallimentare prevede che sono re-
vocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva
lo stato d’insolvenza del debitore:
1)
gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno
anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le
prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal
fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è
stato dato o promesso;
2)
gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed
esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi
normali di pagamento, se compiuti nell’anno anterio-
re alla dichiarazione di fallimento;
3)
i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie
costituite nell’anno anteriore alla dichiarazione di
fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
4)
i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o
volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichia-
razione di fallimento per debiti scaduti.
Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra
parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i
pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo
oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione
per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se
compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di
fallimento.
Se l’atto di disposizione è un atto a titolo gratuito
allora si deve fare riferimento all’art. 64 della legge
fallimentare che prevede che
“sono privi di effetto ri-
spetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni
anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a
titolo gratuito, esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti
in adempimento di un dovere morale o a scopo di
pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzio-
nata al patrimonio del donante”.
Definite tali premesse analizziamo le criticità legate
all’esperire l’azione revocatoria nei confronti di un
patrimonio disposto in Trust.
La prima difficoltà riguarda proprio l’atto
pregiudizievole che viene impugnato. Come affermato
in dottrina
1
oggetto dell’azione revocatoria non può
mai essere un negozio che non incida sul patrimonio di
chi lo pone in essere. Di conseguenza, gli atti che pos-
sono essere oggetto di revocatoria sono gli atti
dispositivi e non l’atto istitutivo del trust.
Infatti, l’atto istitutivo di un trust è un atto neutro che
non incide sul patrimonio del disponente; l’azione
revocatoria si dovrà rivolgere quindi contro gli atti di
disposizione in trust.
Una volta stabilito l’oggetto dell’azione revocatoria
particolari problemi sorgono in relazione alla qualifi-
cazione dell’atto che deve essere revocato in termini di
gratuità o onerosità. Infatti, a seconda che si classifichi
il negozio dispositivo tra gli atti a titolo gratuito o tra
quelli a titolo oneroso, la prova del
consilium fraudis
del disponente potrà essere sufficiente oppure sarà
necessario provare anche quello del terzo.
Nel trust, la varietà di situazioni che si possono creare
fa ritenere che il disponente possa compiere un atto di
disposizione a titolo gratuito ovvero un atto a titolo
oneroso.
L’atto dispositivo di trasferimento può essere a titolo
oneroso, per esempio, quando l’atto istitutivo faccia
riferimento non a generiche obbligazioni verso i fami-
liari, ma a specifiche obbligazioni verso di essi. Si pen-
si all’ipotesi di trust istituiti in sede di separazione o
divorzio.
Diversamente, nei trust donatori – familiari si ritiene
che l’atto dispositivo sia a titolo gratuito.
In relazione all’azione revocatoria, il secondo è più
agevolmente revocabile poiché è sufficiente che sia
riscontrato il requisito della consapevolezza del pre-
giudizio, mentre il secondo richiede la prova che il
terzo contraente fosse consapevole del pregiudizio
arrecato ai creditori.
Un ulteriore problema che emerge è l’identificazione
del terzo.
Nella revocatoria ordinaria il terzo è colui in favore del
quale avviene l’atto dispositivo.
Autorevole dottrina afferma che in presenza di atti a
titolo oneroso, la consapevolezza del pregiudizio ar-
recato dal disponente debitore, o la partecipazione
alla dolosa preordinazione degli atti compiuti dal di-
sponente, può essere ascritta indifferentemente ai
beneficiari o al trustee
2
.
Quindi, l’azione revocatoria per essere utilmente
esperita, richiede la prova che il trustee
1
G. Tucci
Trusts, concorso dei creditori e azione revocatoria
.
2
M. Lupoi
Azione revocatoria e trust familiare
in Trust e attività fiduciarie n. 4/2009.